Bonjour.
Ho fatto colazione al Vomit Paradise Lounge perché volevo vederla in faccia. E vi garantisco che è stato bellissimo, vederla in faccia. Borse scure sotto gli occhi, faccia gonfia di sonno, un vistoso succhiotto sul collo che, con questa stagione, mica lo si può avvolgere in una sospetta sciarpina della pietà. E poi la camminata. La camminata da vacca gravida corrisponde al piatto del buon ricordo della piacevole serata. Io so gran bene perché cammina così, anche se magari i ratti fognari al banco non la notano, la camminata, avendo fisso il teleobiettivo sulle mammelle. Peccato, peggio per loro, perché la camminata è veramente un pezzo di rara bellezza per chi, come me, ha il culto del trash.
Ci siamo scambiati brevi grugniti corrispondenti al rapporto avventore barista, senza accenni, senza riferimenti. Che ce lo diciamo a fare?
Diciamo che la piacevole serata la si poteva già intuire dalle premesse. Una volta sceso e girato a sinistra all'ora pattuita, che era già quasi buio, mi sono trovato davanti una mammifera vestita in maniera diversa, china a fissare i blocchi della saracinesca. Sabot infradito neri che un bel dodici lo facevano di sicuro e poi un corto vestitino nero, blusante, come forse direbbe mia nonna, allacciato dietro al collo, schiena vertiginosamente nuda, capelli raccolti in uno chignon disordinato, occhiali da sole in testa, collanona di bigiotteria, mazzi di braccialetti, grande borsa a sacco di pelle nera a spalla. E io che credevo di ritrovarmi davanti quei fetidi hot pants. Stupidino, questa è naffiga.
Non c'è rosa senza spine però, perché la mammifera chiavaio quando ha la bocca libera da cazzi parla, parla, parla, narrandomi del suo insignificante mondo, annullato e da annullare, come se si trattasse della più straordinaria delle esperienze sulla crosta terrestre, parla e si atteggia daffiga, ride per cose che mi fanno cadere il buco del culo per terra, diventa scaltra e intelligente rivelandomi verità ritenute non scoperte da nessuno se non da lei, genio a cui non la si fa e poi io, a un certo momento, cogliendo un suo buco di silenzio dovuto all'ingestione di una forchettata di frittone, con voce calma e tono quasi montiano, le descrivo con dovizia di particolari che trattamento le riserverei, lì nella trattoria, se non vi fosse incombente il pericolo dell'arresto.
E la riporto, così, nel suo habitat naturale, la Selva Scura del Cazzo Duro, dove non vi sono spazi per altri discorsi che non siano strettamente attinenti alla monta in tutte le sue sfaccettature, sfumature e varianti. E così iniziamo un giochino in cui si scopa a parole usando il condizionale, descrivendo per filo e per segno a quell'altro che attenzioni si riserverebbero se solo si potesse e poi arriva il momento in cui mi fa piedino, rossa e torbida in faccia, con la scritta lampeggiante "sono in calore" in piena fronte, mi fa il piedino e mi dice che mi farebbe una sega coi piedi e questo la riqualifica, la ricolloca, proprio lei che mi ha frassinato i coglioni a suo tempo deprecando delirante il feticismo a me tanto caro. Per cui, godendo delle sue dita che tormentano la mia caviglia, sottolineo che, a quel punto della conversazione, due e solo due erano le possibili strade: o andare nel cesso a chiavare o chiedere il conto e andare.
Missione missionaria, nel tetro Miramonti che è perfetto teatro operazioni, specie considerando che alla fine della monta se ne andrà agevolmente a piedi senza arrecarmi cagature di cazzo. Missionaria fantasy, dicevo, reggendole alte le gambe con salda presa alla caviglia, ficcando come un porco là dove il triangolo bianco dell'abbronzatura mancante indica il drill point, la zona perforazioni, il pozzo senza fondo, la Fossa delle Marianne, la Fessa della Susanna tutta panna, che sembra panna, ma panna non è.
Fa brrrrr con le labbra della bocca mentre la Trivellamannara scava impietosa la carne famosa che risponde a tono, emettendo un allegro squelch squelch che fa il controcanto al bang bang del letto sul muro e questo Manifesto Fottorista ha un suo equilibrio, un suo perché e, a tratti, anche un suo percome.
Peccato, peccato Zozza Zuzzy che tu ti sia toelettata nel lurido pisciatoio del tuo vomitevole bar, usando qualcosa che ha reso i tuoi piedi, il culo, la fica e le ascelle anonimi e non riconoscibili, dissimulandone il profumo naturale, spersonalizzando le location al punto che, mentre suggo, allappo ed esploro i tuoi buconi come un famelico lepidottero, mi corre alla mente l'aroma del WC Net Tavoletta Ocean Fresh, che è sì la mia preferita tra tutte da sempre, ma nella tazza del cesso, seppure qualche analogia tra i tuoi buconi e la tazza del cesso la si possa agevolmente trovare.
Bang bang, brrr brrr e squelch squelch, ti giro di pancia e ti sputo nel culo, ci premo la Minchia Rampazza Tarella Randazza e spingo, così, disinvolto, disincantato, epicureo e ti inculo a tirone unico premendoti i coglioni contro la fica mentre urli, ma è solo l'entrata perché poi ti imbruchisci sollevando il bel culo da manza e mi vieni incontro mentre affondo, perché il tuo culo è affettuoso e non resta fermo lì ad aspettare il mio Cazzoturbo, ma gli corre incontro a fargli le feste. Bang bang, grooowwlllll e a volte anche prot che, quando sguscio fuori per errore, il tuo intestino sfondato protesta in uno degli unici due modi in cui sa protestare, scoreggiando adombrato per l'assenza dell'amico finemente venato.
Mi ricopro di un velo di lucido sudore mentre ti strapazzo il retto come merita, in tutte le posizioni, a tutte le velocità e in tutte le lingue del mondo, mentre mi guardi con gli occhietti drogati e la faccia lucida con i capelli tagliatella incollati sulla fronte ed io considero che ora sì che ci siamo, ora che nell'aria accanto al profumo del WC Net Tavoletta Ocean Fresh si aggiungono i miasmi fecali provenienti da quell'ano dilatato a dismisura che tutto vuol fare fuorché richiudersi se, per errore, sguscio fuori d'emblée.
Ti inculo per ore, senza venire, ti inculo compulsivo, autistico, ripetitivo, schizofrenico, platonico, armonico ed onirico, provando piacere nella tua trasmutazione da donna bestia a femmina bestia primate parzialmente evoluta, mentre mi esorti bavosa a sborrare, mi indichi persino che vuoi che ti sborri sui piedi, brutta puttana bastarda, falsa e manichea che mi lisci il pelo compiacendomi senza trarne piacere ed allora ti sorprenderò, perché se sborro non sarà finita e struscio l'uccello lordo di te su quelle incantevoli dita che Madre Natura, errando crudele, ha deciso di darti e le ricopro di glassa mentre leggo nei tuoi occhi il sollievo per la fine della maratona del cazzo, ma invece NO, perché sono così infoiato che ti apro le gambe e ti entro di dentro fottendoti abbracciato a te, fottendoti con rabbia, godendo al midollo, sentendoti venire con un urlo che ai nonni gli saranno saltati i tappi del contatore e torno a venire ficcando, sguazzando, mentre le tue unghie si conficcano nella mia schiena sudata e tremi epilettica gorgogliando ritmata una lettera "a" di nessun comprensibile significato per me.
"Cristo" bofonchi spostandoti i capelli dalla faccia, tentando di alzarti visibilmente sgangherata ed abusata, ma io son clemente, oltre che Tazio, e ti passo la citazione religiosa.
Rimani inginocchiata facendoti aria con la mano soffiandoti sul petto bagnato di sudore, trattenendo i capelli gialli con l'altra mano.
Non dico niente, ti guardo e sei bella, cazzomerda, ridotta così alle quattro del mattino sei proprio bella e penso che il bar lo apri alle sei e godo a dirtelo, seppur assumendo una falsa espressione empatica.
"Non mi importa" mi dici soffiandoti e facendoti aria. "Nessuno come te" aggiungi poi trasognata e ti alzi e vai verso il cesso dichiarando, contessa, che stai per pisciarti addosso e fai passetti da capretta in punta di piedi e scompari di là. Poi torni spingendo in fuori la pancia, tenendo chiuse le chiappe con entrambe le mani, sorridendo prognata e sussurrando "Me l'hai sfondato….".
Mai più senza, amici, mai più senza.
Nessuno è come me, nessuno.
Lo dicono gli esperti.
Devo valorizzarmi di più.
Devo lavorare sulle mie qualità, altro che intristirmi per la lontananza che, si sa, è come il vento e fa dimenticare chi non s'ama.
Nessuno come me.
Parola della Siusy.
Rendiamo grazie alla Siusy.
Nessun commento:
Posta un commento