Siamo sbracati lì, sul divanetto del salotto blu, dopo aver performato
sul letto per il godimento manuale di due sconosciuti. Ci stiamo
prendendo il nostro relax, nudi, accarezzandoci. La Casa è bella anche
per quello.
Ad un tratto fa capolino con la testa il Magrino.
Sui trentacinque, un’aria intellettuale, capelli arruffati, distinto,
sfigato. Entra, saluta e poi, senza molti convenevoli, si inginocchia ai
piedi del divano e accarezza i piedi di F. Con aria turbata e
trasognata.
Alzando gli occhi mi chiede “Posso Monsieur?” ed io accordo il permesso con un cenno del capo.
E il Magrino inizia a leccare con minuzia, dovizia e scrupolo, sotto
gli occhi divertiti di F che dopo un po’ interagisce col leccapiedi,
premendogli, infilandogli e strusciandogli entrambi i piedi in faccia.
Sottomesso, fuori controllo, debole, prostrato. F ne gode e a me la
cosa piace e decido di alzarmi per andare a saggiare il grado di
eccitazione del Magrino, per cui, mentre lui stava appecorinato per
leccarle le estremità, io da dietro a lui, gli infilo la mano tra le
gambe per sentire quanto duro ce l’avesse. Ben duro.
Questo palpare è
ovviamente accettato dal Magrino che sa che non si può leccare piedi
negandosi. Questo palpare accende una scintilla in F che si scoscia e si
masturba in faccia al Magrino che le ingoia le dita dei piedi
osservandole la figa.
Sento che la cosa sta prendendo un corpo
interessante e, sempre rimanendogli dietro, chiedo al Magrino con voce
ferma di togliersi la camicia. Cosa che lui esegue senza smettere di
leccare. Petto villoso, nerissimo, magrezza quasi esagerata. Lo
accarezzo guardando F che si masturba davanti a lui, offrendogli uno
spettacolo in prima fila davvero pregevole. F risulta affascinata dal
vedermi con la Minchia svettante e, secondo me, intuisce.
Ed
allora agisco con determinazione, cercando la fibbia ed il bottone dei
pantaloni del leccapiedi, facendogli scendere alle ginocchia pantaloni e
mutande, scoprendogli le terga e facendogli penzolare il durissimo
cazzo di dimensioni ridotte. Che palpo e sego mentre F diviene
palesemente eccitata, intravedendo le mie mosse là sotto. Così decido di
agire senza indugiare oltre e mi sputo sulla mano per lubrificare la
cappella e glielo infilo nel culo d’un fiato, ottenendo un grido ed un
tentativo di sottrarsi che, però, non riesce grazie a F, che
d’improvviso gli serra il viso tra le ginocchia aiutandomi nella
sodomia.
Premiandolo, nel contempo, offrendogli la figa da
leccare con un esplicito “Leccamela” che lenisce il dolore e riposiziona
la pratica su un livello diverso. Abbiamo gli occhi bloccati l’uno
dentro a quelli dell’altra e questo è impagabile. Gli occhi di F
brillano, la sua lingua rotea oscena a leccare le labbra appena piegate
in un sorriso laido. “E’ stretto di culo?” mi chiede tenendogli in pugno
i capelli e premendogli la faccia sulla figa, seduta in punta al
divanetto. Sì, è stretto e tu stai switchando. E io lo sapevo.
“Lecca bene frocio dimmerda” squilla F con tono deciso.
“Sì padrona” esordisce il Magrino, guadagnandosi un ceffone.
“Non sono la tua padrona stronzo, zitto e lecca” con aria cattiva, seccata. A dir poco sublime.
“Sfondagli il culo Monsieur”
La saletta si popola di rispettosi osservatori che stazionano in piedi,
distanti. Il nostro è un numero speciale, non roba da casalinghe ricche
che vengono a prendere i cazzi degli Stalloni o a leccare la figa alle
Sorelle.
Il culo del Magrino è poco usato, molto piacevole. F
si inginocchia sul divano, spingendo in fuori il culo, ordinandogli di
leccarglielo, secca, brutale. Masturbandosi ed osservando da sotto il
braccio sinistro quello che avviene dietro a lei. Il Magrino comincia a
venire, sovraeccitato dalla situazione che si è generata, dai piedi, al
culo al leccare F. Contrae, piacevolmente, mi massaggia, mi strozza, mi
blocca e lecca con parossistica passione. Appena lo sento concludere
l’orgasmo, sguscio fuori senza molta cura, a segno che il meeting è
terminato.
E rimango in piedi col cazzo di marmo, svettante,
enorme. Il Magrino è in ginocchio che tenta di ricomporsi. F scivola giù
dal divano come un rettile e mentre il Magrino bofonchia “Grazie
Monsieur”, la F lo afferra per i capelli lo spinge verso il mio cazzo e
sibila “Non hai finito frocio di merda lecca e pulisci perché questo
cazzo meraviglioso adesso è mio. Lecca.”
Ed il Magrino lecca e
succhia, tenuto saldamente per i capelli dall’indemoniata F. Che rivela
un talento sospettabilissimo da sempre. Quando F ritiene che la suzione
sia sufficiente lo scosta, afferrando la camicia che era per terra,
asciugandomi e completando la pulizia, per poi gettargliela e sibilare
“via”.
“Grazie Monsieur, grazie Madame” scivolando a lato, tentando di alzarsi e andandosene.
E’ quello il momento in cui F si inginocchia e me lo prende in bocca.
“Senza labbra” le dico deciso e F apre la bocca staccando le labbra
dall’asta, facendo scorrere il cazzo tra lingua e palato. La accarezzo,
occhi bloccati.
“Resta ferma”
E inizio a scoparle la
bocca, dapprima per poca lunghezza, ma approfondendo con progressione.
Le accarezzo i capelli scopandola lento, osservando la saliva che
copiosa le gocciola dal labbro inferiore sui seni colorati. Spingo
sempre un po’ più in dentro, sentendo i muscoli della gola che
stringono, sentendo il suono roco e violento del rigetto, arretrando,
uscendo per farle prendere aria.
Guardandola per raccogliere i suoi desideri.
“Ancora, più in fondo” ansimando.
Una, due, tre, quattro volte, ma alla sensazione che il vomito sarebbe arrivato, smetto.
E la faccio inginocchiare sul divano, scopandola con furia, facendole
urlare l’orgasmo che covava, seguendola lungo quel liquefarsi stupendo,
venendole dentro.
Finendo.
Sulla porta Milly accenna ad un
applauso pacato, complimentandosi per la performance. La stanza si
svuota in un brusio compiaciuto, quella è la parte più bella.
“Sei mancato a questa Casa, Tazio. Complimenti ad entrambi”.
“Grazie Milly”
Le accarezza il viso e torna a dirmelo.
“Mandamela, Tazio, le sue qualità non possono essere sprecate.”
E F sorride a Milly e io le sussurro “scordatelo”.
E io che volevo rimanere a casa, che fuori piove che dio la manda.
Lo sapevo che finiva così.
Nessun commento:
Posta un commento