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martedì 8 novembre 2011

La Casa - Il Magrino

Siamo sbracati lì, sul divanetto del salotto blu, dopo aver performato sul letto per il godimento manuale di due sconosciuti. Ci stiamo prendendo il nostro relax, nudi, accarezzandoci. La Casa è bella anche per quello.
Ad un tratto fa capolino con la testa il Magrino.
Sui trentacinque, un’aria intellettuale, capelli arruffati, distinto, sfigato. Entra, saluta e poi, senza molti convenevoli, si inginocchia ai piedi del divano e accarezza i piedi di F. Con aria turbata e trasognata.
Alzando gli occhi mi chiede “Posso Monsieur?” ed io accordo il permesso con un cenno del capo.
E il Magrino inizia a leccare con minuzia, dovizia e scrupolo, sotto gli occhi divertiti di F che dopo un po’ interagisce col leccapiedi, premendogli, infilandogli e strusciandogli entrambi i piedi in faccia.


Sottomesso, fuori controllo, debole, prostrato. F ne gode e a me la cosa piace e decido di alzarmi per andare a saggiare il grado di eccitazione del Magrino, per cui, mentre lui stava appecorinato per leccarle le estremità, io da dietro a lui, gli infilo la mano tra le gambe per sentire quanto duro ce l’avesse. Ben duro.
Questo palpare è ovviamente accettato dal Magrino che sa che non si può leccare piedi negandosi. Questo palpare accende una scintilla in F che si scoscia e si masturba in faccia al Magrino che le ingoia le dita dei piedi osservandole la figa.

Sento che la cosa sta prendendo un corpo interessante e, sempre rimanendogli dietro, chiedo al Magrino con voce ferma di togliersi la camicia. Cosa che lui esegue senza smettere di leccare. Petto villoso, nerissimo, magrezza quasi esagerata. Lo accarezzo guardando F che si masturba davanti a lui, offrendogli uno spettacolo in prima fila davvero pregevole. F risulta affascinata dal vedermi con la Minchia svettante e, secondo me, intuisce.

Ed allora agisco con determinazione, cercando la fibbia ed il bottone dei pantaloni del leccapiedi, facendogli scendere alle ginocchia pantaloni e mutande, scoprendogli le terga e facendogli penzolare il durissimo cazzo di dimensioni ridotte. Che palpo e sego mentre F diviene palesemente eccitata, intravedendo le mie mosse là sotto. Così decido di agire senza indugiare oltre e mi sputo sulla mano per lubrificare la cappella e glielo infilo nel culo d’un fiato, ottenendo un grido ed un tentativo di sottrarsi che, però, non riesce grazie a F, che d’improvviso gli serra il viso tra le ginocchia aiutandomi nella sodomia.

Premiandolo, nel contempo, offrendogli la figa da leccare con un esplicito “Leccamela” che lenisce il dolore e riposiziona la pratica su un livello diverso. Abbiamo gli occhi bloccati l’uno dentro a quelli dell’altra e questo è impagabile. Gli occhi di F brillano, la sua lingua rotea oscena a leccare le labbra appena piegate in un sorriso laido. “E’ stretto di culo?” mi chiede tenendogli in pugno i capelli e premendogli la faccia sulla figa, seduta in punta al divanetto. Sì, è stretto e tu stai switchando. E io lo sapevo.
“Lecca bene frocio dimmerda” squilla F con tono deciso.
“Sì padrona” esordisce il Magrino, guadagnandosi un ceffone.
“Non sono la tua padrona stronzo, zitto e lecca” con aria cattiva, seccata. A dir poco sublime.
“Sfondagli il culo Monsieur”

La saletta si popola di rispettosi osservatori che stazionano in piedi, distanti. Il nostro è un numero speciale, non roba da casalinghe ricche che vengono a prendere i cazzi degli Stalloni o a leccare la figa alle Sorelle.

Il culo del Magrino è poco usato, molto piacevole. F si inginocchia sul divano, spingendo in fuori il culo, ordinandogli di leccarglielo, secca, brutale. Masturbandosi ed osservando da sotto il braccio sinistro quello che avviene dietro a lei. Il Magrino comincia a venire, sovraeccitato dalla situazione che si è generata, dai piedi, al culo al leccare F. Contrae, piacevolmente, mi massaggia, mi strozza, mi blocca e lecca con parossistica passione. Appena lo sento concludere l’orgasmo, sguscio fuori senza molta cura, a segno che il meeting è terminato.

E rimango in piedi col cazzo di marmo, svettante, enorme. Il Magrino è in ginocchio che tenta di ricomporsi. F scivola giù dal divano come un rettile e mentre il Magrino bofonchia “Grazie Monsieur”, la F lo afferra per i capelli lo spinge verso il mio cazzo e sibila “Non hai finito frocio di merda lecca e pulisci perché questo cazzo meraviglioso adesso è mio. Lecca.”
Ed il Magrino lecca e succhia, tenuto saldamente per i capelli dall’indemoniata F. Che rivela un talento  sospettabilissimo da sempre. Quando F ritiene che la suzione sia sufficiente lo scosta, afferrando la camicia che era per terra, asciugandomi e completando la pulizia, per poi gettargliela e sibilare “via”.

“Grazie Monsieur, grazie Madame” scivolando a lato, tentando di alzarsi e andandosene.
E’ quello il momento in cui F si inginocchia e me lo prende in bocca.
“Senza labbra” le dico deciso e F apre la bocca staccando le labbra dall’asta, facendo scorrere il cazzo tra lingua e palato. La accarezzo, occhi bloccati.
“Resta ferma”

E inizio a scoparle la bocca, dapprima per poca lunghezza, ma approfondendo con progressione. Le accarezzo i capelli scopandola lento, osservando la saliva che copiosa le gocciola dal labbro inferiore sui seni colorati. Spingo sempre un po’ più in dentro, sentendo i muscoli della gola che stringono, sentendo il suono roco e violento del rigetto, arretrando, uscendo per farle prendere aria.
Guardandola per raccogliere i suoi desideri.
“Ancora, più in fondo” ansimando.
Una, due, tre, quattro volte, ma alla sensazione che il vomito sarebbe arrivato, smetto.
E la faccio inginocchiare sul divano, scopandola con furia, facendole urlare l’orgasmo che covava, seguendola lungo quel liquefarsi stupendo, venendole dentro.
Finendo.

Sulla porta Milly accenna ad un applauso pacato, complimentandosi per la performance. La stanza si svuota in un brusio compiaciuto, quella è la parte più bella.
“Sei mancato a questa Casa, Tazio. Complimenti ad entrambi”.
“Grazie Milly”
Le accarezza il viso e torna a dirmelo.
“Mandamela, Tazio, le sue qualità non possono essere sprecate.”
E F sorride a Milly e io le sussurro “scordatelo”.

E io che volevo rimanere a casa, che fuori piove che dio la manda.
Lo sapevo che finiva così.

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