“Ex corde Fortitudo” sussurrato al citofono dell’antico palazzo
del centro storico della grande città ed il portone si apre con uno
scatto che schiocca nel silenzio come una fucilata.
Entriamo nell’androne buio e umido, imboccando la scala di destra.
La Franca non dice una parola, osserva.
Scala bianca, di marmo, largo, ticchettio di tacchi bianchi e neri.
Ci avvitiamo attorno alla gabbia dell’ascensore per tre piani e, finalmente, arriviamo alla porta del Circolo.
Ci accoglie una ragazza vestita da geisha.
Dietro alla ragazza, un po’ distante, inguainata in un elegante abito da sera nero, c’è Miss Milly.
“Tazio…”
“Milly…” chinandomi ad abbozzare un baciamano.
Gli occhi di Milly corrono subito alla Franca.
“Milly, ti presento Franca, una mia carissima amica”
Lo sguardo di Milly va a me, con un sorriso tagliente.
“Accomodatevi” e con passo deciso, in uno svolazzare di capelli neri acconciati alla moda degli anni cinquanta, ci precede nella Sala del Tè.
La Franca osserva quel mausoleo liberty dalle tinte scure e cuoio e marmi e ori con un’aria deliziata.
Ma seria.
Nella Sala del The c’è profumo di hashish.
“Lei c’è?” chiedo a Milly che annuisce sorridendo.
“Vado ad avvisarla che sei arrivato” e scompare dentro ad una porta buia.
“Che posto è questo?” mi chiede la Franca sottovoce, sorridendo divertita.
“Un luogo di depravazione” le rispondo con teatrale aria misteriosa, accarezzandole il culo.
Mi guarda e sorride. Ho la sensazione che abbia colto l’atmosfera sin dall’inizio.
Ci sediamo su un divano spagnolesco di cuoio impunturato ed aspettiamo.
Dopo un po’ fa ingresso nella stanza una ragazza con i capelli biondi platinati, cortissimi.
Indossa stivaletti a punta, corti, neri, coi lacci, all’inglese, e calze autoreggenti a rete.
Nient’altro. Bianchissima.
“Posso servirvi qualcosa nell’attesa? Miss Milly si scusa e mi manda ad avvisarvi che ci vorrà un po’ di tempo”
Sorseggiamo l’assenzio ed io osservo la Franca. E’ incredibile come si
adatti perfettamente a quell’ambiente. Lo pensai subito la sera della
cena del pentimento, la vidi perfetta. Si adatta alla perfezione qui ed è
perfetta in quel locale demenziale ed è perfetta sul sudicio divano del
Costa e sulla terrazza proletaria del Loca. E’, in una parola sola,
giovane. E’, in un’altra parola, plasmabile.
Le allungo una mano
sotto il vestito, estasiato di trovare carne nuda oltre al confine delle
autoreggenti coprenti e penso che questa parentesi sia utile, sia
istruttiva. Penso che, siccome è intelligente e pronta, questa parentesi
le aprirà la visuale, darà respiro alle sue aspettative, nutrirà la sua
mente.
Versatile, poliedrica, mutevole.
La rivedo vestita da pulizie, perfetta anche lì.
La masturbo lentamente, osservando come sia perfetta la sua espressione
di godimento contro il rosso scuro della carta da parati. La bacio e le
chiedo, sussurrando, se se la sente di osare, di osare molto.
Mi risponde in bocca che sì, che vuole fare quello che dico io, che di me si fida ciecamente.
Calda, bagnata, morbida.
Appoggiata al muro, accanto alla finestra, le gambe larghe, il vestito sollevato.
La mia mano in mezzo, i suoi occhi nei miei, brillanti, vivi.
Sì, questa parentesi le sarà utile.
Nessun commento:
Posta un commento