E sediamo al Centrale e pranziamo a casaccio, c’è un sole in demo e fa
caldino, anche se il venticello soffia fresco a ricordare che non dura, no, non
può.
Mi parla di dettagli tecnici. Porta bebè di cuoio ingrassato testa di
moro scuro, senza calze, jeans strizzatutto e una maglina blu a maniche lunghe
e scollo tondo che le scopre le clavicole.
Le guardo le mammellette appuntite dal vento e penso che, se fossi una
ragazza ed avessi le sue tette, non metterei mai e poi mai il reggiseno. E
sicuramente nemmeno le mutande.
La situazione appare gestibile, dai. Si tratta di un mese, massimo due.
E poi ha ampia libertà, mica deve timbrare il cartellino. E poi c’è Internet,
skype e tutto il resto, che a seconda della fase potrebbe gestire il lavoro
anche da qui. Sicuramente per i primi tempi sarà intensa, quello sì. Dovrà
esserci dal lunedì al giovedì garantiti. Vorrà dire vederla partire alla domenica
sera e rientrare il venerdì a pomeriggio. Primo pomeriggio da quel che mi dice.
Non è drammatico, no.
Dormirà dall’amica, che si è resa disponibilissima ad ospitarla. E così
dividono le spese, perché lassù gli affitti non son certo come qui.
Poi mi lancia lo stuzzico sozzo, che mi pare sia abilissima in questo.
“Sai che dormiremo nello stesso
letto matrimoniale?” mi dice con un sorriso che forza a non diventare
risata.
La guardo e non commento. Ma lei insiste.
“Lei dorme nuda…” e sorride
sozza.
Non raccolgo la provocazione, anche perché se devo raccoglierla la
stampo sul lampione e la chiavo.
E glielo dico.
“Se non fosse che ci arrestano ci
starei… ho voglia…” e punta la lingua sul labbro superiore, studiandomi ridens
da dietro gli occhialoni da sole.
“Ma quanto troia sei?” le
chiedo con garbo signorile.
“Quanto te” mi fredda con un
solo colpo, ridendo.
E mi bacia.
Torniamo a casa, Chiarè che ti devo far vedere una cosa.
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