Pagine

mercoledì 7 dicembre 2011

Punti di arrivo


Ho una fame orba. A furia di stare qua dentro non faccio altro che pensare al cibo (che non posso ancora, inspiegabilmente, mangiare) e da oggi al cibo e alla figa, che pare non potrò nemmeno annusare. Che, comunque sia, è un nobile pensare, cibo e figa, lasciamo stare.
Anche perché cibo e figa sposano in maniera eccellente.
E così mi sono perso nei ricordi estivi della gioventù spensierata, quando uscivo con una ragazzetta di nome Michela. Avremo avuto diciotto o diciannove anni e lei era proprio una gran maialetta. La prelevavo in piazza alle dieci di sera, la caricavo sulla mia mitica Dyane e via, verso la campagna ospitale. Stendevamo la coperta e lì daje, diboccadifigadiculodiboccadiculodicazzodiculodibocca sinché non scoccava la mezzanotte santa, momento in cui doveva essere ricoverata nella stalla per il riposo notturno, ossia riportata a casa. Che sublime troietta, che momenti mi ha regalato, che cosette che mi ha insegnato.

Prescindendo, una volta riportata a casa la Piranha, rimanevo solo col mio appetito giovanile,accresciuto dallo spargimento di liquido seminale in abbondanza. Raggiungevo, così, un bettolino di un paese vicino, che teneva aperto sino a tardi tardi. Beh, facevano il pane in casa e non potete capire cosa fosse arrivare là, fare mille ore di coda, ma poi spararsi una pagnotta appena fatta con dentro due etti di Bologna (mortadella per tutto il resto del mondo) e bersi mezzo di rosso sotto la pergola di vite americana con ancora i nonnetti che picchiavano il fante.

Ad averla avuta la capacità di capire che un uomo che si chiava in tutti i buchi una Peperina giovane e poi conclude con un panino con la Bologna del genere è più arrivato dell’amministratore delegato della Apple.
Ad averlo potuto capire.

1 commento: