Il sole riflette triste sulla superficie del fiume.
Intabarrati passeggiamo, ossigenando come la salute vuole che sia dopo cinque
giorni di clausura.
Raggiungiamo quell’ansa dove si allarga la golena. Nessuno intorno,
solo noi, il freddo e il nulla.
“Domi” dico a voce bassa,
fermandomi.
“Sì?”
“Ho voglia di farmi una sega
davanti a te”
“Ma adesso? Qui?” chiede in
un sussurro imbarazzato e un sorriso pallido, guardando le mie mani che
armeggiano con la cerniera.
“Sì” dico in un filo di voce
mentre la mano destra scappella e comincia, lentamente. Lei si avvicina
mettendo la mano avvolta nel guanto di lana sul mio avambraccio sinistro,
quello che tiene aperta la patta, mentre la mano destra mena l’uccello che
cresce rapido, a vista d’occhio. Silenzio.
Respiro più forte e lei guarda me e poi il cazzo con un sorriso appena
accennato, divertito, poi gli occhi di tanto in tanto controllano intorno,
siamo soli Domi, non c’è nessuno.
“Mi piace menarmelo mentre mi
guardi” le dico tirandomi una sega andante con brio, molto piacevole.
“Lo vedo” risponde
visibilmente eccitata, stringendo la mano sul mio avambraccio.
“Me lo menerei dappertutto
davanti a te Domi” che corrisponde al vero, ma nonostante ciò rimango in
sospeso perché questa mia compagna di giochi è ancora ignota, da scoprire.
“Che porco…” mormora sorridendo,
compiaciuta dello stesso compiacimento che ciascuno di noi prova annusando le
proprie scorregge.
Poi aggiunge “… e sentiamo, dove
altro vorresti menartelo davanti a me?” ed io non mi faccio pregare e le
imbastisco una lista di luoghi eterogenei che vanno dal confessionale della
Basilica dei Santi Coso e Cosetta, al banco dei surgelati, alla piazza, al
tavolo del ristorante. E sortisco sorrisi illuminati di lurido e la meritata riconferma
delle cariche: “… sei proprio un porco …”
ed io sospiro sollevato, perché a quel titolo, a quella carica, io ci tengo
moltissimo.
“Ti dispiace che io sia un porco?”
chiedo ansimando senza smettere.
“Per niente” mi risponde senza
staccare gli occhi morbosi dalla mia sega.
“… e che sono completamente
vestita … se eravamo d’estate cosa sarebbe successo? … “ mi chiede provocatrice, sorridendo sozza, cercando
esplicita conferma della sua avvenenza, conferma che fornisco senza farmi
pregare, dicendo lurido “… è la tua bocca
che, prima d’ogni altra cosa, mi fa tirare il cazzo … “ e mentre sto
gioiosamente segandomi mi trovo la lingua che scava sulla mia, ma così non va
bene, così ci stiamo facendo e io invece voglio che lei guardi gli effetti che
genera senza fare nulla e mi stacco, spiegandoglielo.
E a quel punto, leggermente distante da me, con gli occhi puntati sul
mio maneggiare, fa scivolare la mano coperta di lana tra le gambe, strizzando
due volte l’incrocio sublime, a segno che là dentro qualcosa gocciola calore e
questo è molto gratificante, per un porco esibizionista par mio.
Poi smetto e ripongo. Nascondo. Dolorosamente comprimo, strizzo e
posiziono in modo da poter camminare nonostante l’arrazzo imponente.
Lei mi guarda.
Io le avvicino la mano destra al naso sussurrando “Vuoi annusare l’odore di cazzo di porco?”
Socchiude gli occhi, avvicina il naso al palmo ed inspira, per poi
espirare dalla bocca, riaprendo lentamente gli occhi verde smeraldo puntati nei
miei, ripetendo sottovoce “… cazzo di
porco …” quasi a misurarne e a ripassarne l’intensità espressiva.
Non esistono brave o cattive ragazze.
Esistono porci più o meno coinvolgenti.
E’ sempre la passione che muove le evoluzioni, non la tecnica.
Davvero ossigenante la passeggiata fatta dopo cinque giorni di clausura.
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