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domenica 4 marzo 2012

La corrotta amante sumera


Stivali di camoscio, jeans, montone grigio con collo, polsi e bordo orlati di piume di Apteryx, capelli raccolti. Sotto il montone la maglia blu che cade decadente e scopre la spalla, i laghi azzurri e le occhiaie, le rughe, i bagliori e il profumo che inonda. Poi le pizze, la mancia, le parole a fiumi, i concetti, le analisi, i timori e poi le birre e poi il vino, poi il fumo, che tironi, vai piano, risatine, che buono, mi sale, anche a me, vieni qui che c’ho voglia, Giulia, sì, toccami Tazio, c’ho voglia anche io, ti ricordi Giulia, sul fiume, quest’estate, chi se lo dimentica Tazio, lo rifacciamo, sì lo rifacciamo, vuoi vedere che figa sei stata? oddio no ti prego, risatine, gambe aperte scomposte, massì dai, siamo noi, sei strafiga, guarda qui. Tecnologia led a quarantadue pollici che serve la pelle abbronzata di donna nuda illegale che ha assunto sostanze non contemplate dal regolamento e, a causa della perdita del controllo data dalle sostanze medesime, dona piacere a due sconosciuti maschi adulti maturi, nudi ed eretti e guarda in macchina soddisfatta del suo osare laido, maneggiando cazzi senza nome, lasciando che l’amante istigatore alla depravazione catturi quattrocento fotogrammi in alta definizione dei dettagli di quella scomposta zuffa sessuale consumatasi tra gli alberi e i cespugli del fiume porcone. Ed è subito lotta osservando di sottecchi lo slide show dentro al monitor.

Troia. Ti sei messa la catenina alla caviglia per paura di non arraparmi abbastanza e io lo apprezzo. Stesa sulla schiena, ti tieni le caviglie offrendomi i buchi affamati e ti premo la cappella sull’alone scuro che corona il buco del culo e entro, senza riguardi, che hai una voglia maiala e, mentre mi ciucci l’uccello col culo, faccio scivolare il mio ultimo acquisto, un cazzo gelly rosa fucsia a due teste nella tua passera slabbrata e questo mi dà l’agio di incularti e fotterti la sorca contemporaneamente e comodamente, muovendo dentro e fuori il cazzo finto che impugno con destrezza all’estremità opposta, agevolato dai suoi sessanta centimetri di dimensione artistica. Scivolo fuori e scorreggi dal culo, odorosa, sonora e oscena e non te ne curi e mi piace, sei bestia. Mi affretto a riempire di nuovo e ti pompo la figa col cazzo ausiliario, stantuffandola come fosse un putipù porno e godiamo sozzi come siamo usi godere.

Ti chiavo il culo e ti svango la fregna, sei in posizione acrobatica, il culo sul bordo del letto e la testa sul pavimento, fai fatica ma godi e non molli, mi lanci occhiate di fiamma quando il piacere è più intenso, ti lecchi le labbra, ansimi e sudi, sorridi molle e maiala, ammorbata, ti lecco le caviglie senza smettere di allargarti il  culo e di svangarti la sorca. Poi proviamo a vedere, giochiamo, ti lubrifico, ti inginocchi sul letto e con una testa di riempio il sedere, bello in fondo, mentre con l’altra ti riempio la figa e mi basta toccare il dorso della “U” che si forma all’esterno per farti mugolare e piantare le unghie nel cuscino protendendo il culo all’indietro come invito a strapazzarti per bene che ti piace, scandalosa vacca in calore e io t’accontento, perché sono il tuo mentore lurido, sono l’uomo che ti ha spinta ad assaporare il dolce sapore dell’essere Troia sino all’ultimo neurone che hai e mi voglio anche togliere uno sfizietto porno che ho visto a suo tempo e che m’ha donato entusiastico spirito di ricerca e così premo, accanto all’estremità rosa che ti ingozza la figa, la cappella del cazzo, spingendo, scivolando, riprovando, godendo di bruciore, violando la tua svangatissima sorca, dilatandola, godendo di immenso piacere nel sentire a contatto col cazzo la morbida plastica da un lato e la tua tesissima carne dall’altro e tu canti, canti di gola, un canto gospel, un grugnito heavy metal, batti i pugni, graffi le lenzuola, zeppa di cazzo e di dildo nella passera carnivora, zeppa di dildo nel buco del culo che si slabbra, si ovalizza, si schiude lasciando sfuggire intimi miasmi e godiamo dell’orrido estremo che riusciamo a creare.

Ti rammento appena che se tuo figlio sapesse quant’è troia la mamma bisognerebbe ricoverarlo in una clinica in svizzera e sorridi a occhi chiusi, sudata, piena, dilatata, gaudente, oscena e io godo della presa stretta tra il cazzo finto e la tua carne e ti chiedo se fai ancora giochetti troieschi agli altri ragazzi che ti arrivano in casa e dici no sorridendo a bocca aperta e mi prende lo spirito dello sperimentatore, perché senza ricerca e sperimentazione non v’è progresso e così ti stendo di schiena, lasciando il cazzo rosa a penzolarti dal culo come fosse un budello prolassato e mi spalmo la mano di gel e incomincio con uno, poi due, poi tre, poi quattro e ruoto, spingo, tocco la tenerezza di dentro entro il raggio d’azione che mi consente il pollice ancora all’esterno e tu ti tieni le mani sugli occhi, la bocca alla Munch, ondeggi il bacino e io ripiego il pollice nel palmo, ruoto, raggruppo le dita, spingo, ondeggi ed emetti piccoli urletti con gli occhi ora sbarrati ora chiusi, ruoto ancora, lubrifico e scivolano dentro le nocche e la mano scompare, magia!, è bellissimo qui dentro e entro ancora, lento sino al polso ed inizio a pompare placido, osservando come minimi movimenti generino amplificatissimi effetti e mi guardi invocando domineddio, spaccata come una noce di cocco, sfondata, drogata d’estremo e di porno anche tu e questo mi rassicura, mi gratifica, mi rilassa, mi spinge ad aumentare la velocità e la pressione, assumendo miglior posizione al fine di poter azionare il cazzo gelly che stringi ancora nel culo sfibrato e stantuffarti il budello merdoso mentre la mia intera mano dilata la figa materna donando la pienezza che cercavi e che io, con amore, ti dono.

E poi esplodi. Senza nessuna possibilità di intervenire a spalmare dignità umana all’orgasmo animale. Preda dei tuoi sensi senza nessuna emotività, ma solo con isterico piacere bestiale che ti induce uno schizzo di piscia sul mio braccio, compressa e sotto pressione come sei. Sbrocchi, sbavi, grugnisci catarrose frasi oscene e vieni urlando che tutto il Miramonti avrà pensato che fosse in atto un sacrificio umano. E quando esco dal tuo corpo, tra i tuoi urletti di dolore, ti affretti a ingoiarmi per darmi piacere e mi succhi vorace, idrovora, istigandomi lercia a schizzarti in faccia il mio seme, cosa che non m’entusiasma mai al punto di proporla, ma non mi induce a sottrarmi quando richiesta con belluino bisogno.

E ci spegniamo. Molli. Abbracciati. Guardando il soffitto. Nudi. Stesi.
Ciascuno a meditare sui propri liquami, ciascuno a pensare se questi sfoghi bestiali siano proprio sfoghi e non l’inizio tossico di nuovi sfoghi, maggiori, più cruenti, estremi e dannati.

“Cosa fai domani?” mi chiedi con uno sbadiglio che strozzi sul mio petto.
“Non lo so, Giulia”
No.
Non lo so cosa farò domani.
E non lo voglio nemmeno sapere.

giovedì 1 marzo 2012

Pro e contro: consigli cercasi


Che poi io sembro un animale extraterrestre, ma alla fine alle cose ci penso e dico che no, che non deve essere per niente facile reggere la situazione della Giulia. Rimane sempre la Giulia coraggiosa di qualche tempo fa, solo che oggi la routine delle difficoltà la fa apparire sfigata. E questo è ingiusto.

Tornando in macchina mi sono fatto cogliere da un pensiero devastante, la cui pericolosità è pari a quella che deriverebbe dal decidere di andare a fare un bel falò in una polveriera.
Però, al di là della sua pericolosità, sarebbe una cosa giustissima e sacrosanta in termini umani.
Voglio dire, la Giulia è una donna in gamba ed intelligente e potrebbe benissimo fare da sostegno alla Betta in questo periodo. Il lavoro è dignitoso e potrei strapagarglielo per aiutarla, risolvendo nel contempo un mio problema e un problema alla Betta.

Ma questi sono i pro.
Ora vediamo i contro. Verrebbe a lavorare nell’ambiente in cui lavora anche il Costa, che va a letto con lei e la Betta che viene (veniva) a letto con me. Andrebbe a prendere un caffè di sotto dalla Susy, che viene a letto con me e col Costa. E poi, d’improvviso, non annunciata, potrebbe arrivare la Ade, che viene a letto con me, col Costa e con la Susy, senza contare tutto il pregresso tossico-corrosivo tra loro.
Direi di sì, una bella bomba atomica.

Ho bisogno di consigli seri.
E rapidi.

Giovedì


Bonjour.
Ore 05:57, situazione meteo.
Nebbia in graduale sollevamento. Vento da E con intensità di 7 km/h. Raffiche fino a 13 km/h. Temperature: 5°C la minima e 19°C la massima. Zero termico a 2950 metri.
SOLE - Sorge: 6:54, Tramonta: 18:05 LUNA - Leva: 11:00, Cala: 1:50 - Gibbosa crescente.

Ieri sera ho compiuto il giro di telefonate (“giro”, ne ho fatte tre) con il seguente risultato: Nica sta bene, stanca, raffreddata, ci sentiamo presto, ok. Ale seccata, non più facilmente intortabile con qualche balla Polaroid, ci sentiamo presto, sì sì credici, ciao Tazio. Ines  perplessa, ride per l’invito, guarda Tazio lascia stare non c’è problema, facciamo quando sarai meno “impegnato” e lo dice col tono con cui si evidenziano le virgolette.

Per cui, nell’ambito della promessa fatta a quella Persona, conscio di aver scazzonato, telefono alla Giulia. Un giovane androide autistico risponde al telefono e me la passa. Parole di rito, sentore di irritazione, lancio la mia fiche sul rosso: “Se passo di là, me lo offri un caffè?” che sortisce stupore ed una battuta corrosiva “Ti ha dato il permesso per un’opera caritatevole?” che glisso con signorilità british, mandandola amorevolmente a fare nel culo, consiglio che si è rivelato generatore di un sorriso e di un consenso.

Per cui, alle 21:30, sedevo su un divano di accettabile fattura, sorseggiando un caffè discreto, accanto ad una donna dall’aspetto trascurato e molto teso, ascoltando il fiume di veleno acido che usciva dalle sue labbra, mentre un androide autistico sedeva all’indiana davanti al televisore acceso, del quale alzava il volume a livelli paradossali, al fine di segnalarmi, qualora ve ne fosse bisogno, il livello di sgradevolezza della mia presenza ed il livello di fastidio generato dalle nostre parole sul divano. Lo so, siete invidiosi e vi capisco.

La Giulia era a lutto. Maglioncino di lana nero a scollo tondo, gonna gessata su fondo antracite, collant neri e ciabatte, struccata, visibilmente non frequentatrice della parrucchiera da tempo.
Casa in vendita che non si vende, ricerca di appartamento che non sacrifichi le abitudini di ciascuno, che non si trova, lavoro assente ed introvabile, qualche collaborazione, ma roba da fame, assegni singhiozzanti, Peppemmerda latitante, ora in Romania, ora in Ungheria, ora qui, ma per tre ore, mistero sulla sua attività, mai una telefonata. Vorrei sottolineare che il fatto che fosse un uomodimmerda non è una novità, ma non amo infierire e sorvolo.

Alle 23:15 l’automa autistico rompi maroni abbandona il campo, trasferendosi nella sua tana infernale. Sono esausto, frullato, depresso, scoglionato al limite della sopportazione. La Giulia, a voce bassa, mi dice che appena sentiamo che di là non c’è vita andiamo di sotto che c’ha una caccola. E così avviene, alle 00:25.

La caccola rende distesa la situazione e, finalmente, anche io riesco a dar pace alle mie orecchie ipersollecitate dal Gange di sfiga nera che mi è stata sin lì enunciata.
Allentare, allentare, allentare, chiacchiere morbide e poi si fa quell’ora, grazie del caffè Giù, grazie della visita Tà, baci, abbracci e notte fredda.

Almeno una cosa su quattro l'ho fatta.
Bonjour, bonjour, bonjour.

venerdì 24 febbraio 2012

Furbo a palo


Giornata d’inferno. Questa mattina mi chiama la Ale, ma com’è, ma come non è, sei sparito, cosa c’è, ma cosa non c’è, ma su, ma giù, Tazio qui, Tazio là. Sforno a Polaroid una serie di discretamente ben confezionate cazzate siderali e rimando ad un generico “Ti chiamo lunedì mattina, porta pazienza, che se tutto va come deve andare mangiamo un boccone assieme lunedì sera” e la Ale si beve tutto il beverone e a posto.

Mi rimetto sulle mie rogne che di lì a mezz’ora mi chiama la Ines. Ma com’è, ma come non è, ma t’ho fatto qualcosa, Tazio dimmelo sai, sei sparito, nemmeno una telefonata, và che io non sono da una botta e via eh (sì lo so che UNA botta e via non basta, bensì SETTEMILA botte e via)  ma scherzi Ines, ma perlamordiddiosantissimo che dici!! Numi del cielo Ines!!! chi ha mai pensato ad una cosa simile e *zac* caldo delle Polaroid vendute alla Ale, le sgnacco anche alla Ines e via andare che ci sentiamo in settimana te lo prometto, ti chiamo, ti chiamo, ti chiamo.

E mi rimetto lì sulle mie rogne, tempo dieci minuti mi chiama un anonimo.
Porca merda,  mi dico signorile, io di mio non risponderei, ma siccome anonima è anche la stronza della banca che esce anonima come l’anonima sequestri e la Spectre, che banditi pari sono e, considerato che aspetto una risposta da quel mentecatto di direttore, devo rischiare, devo e premo verde.

La Giulia.
No, cazzomerda della figamerda e delle tettemerda, mi si sgretola la cappella, la Giulia no.
Cripta sumera, dialetto arcaico ittita, umore di merda, voce adatta alla frase “esprimo il più sentito cordoglio”. Mi svacco sulla sedia come se fossi un pupazzo di pezza senza articolazioni e accendo l’innesco con l’accelerante: “Ciao Giù, come stai?”. Quale domanda può sortire un effetto più devastante, quale piede di porco può essere più efficace a scoperchiare la pentola dei liquami lamentosi in un clima di tregenda che c’è da toccarsi i maroni ogni due per tre? Crisi madre e figlio, crisi secca irricomponibile con quel coglione di merda che traffica in Romania a far solo dio sa cosa, ma forse nemmeno dio prende informazioni su cosa fa perché lo conosce bene e non vuole sapere, crisi del lavoro, crisi della finanza, crisi dell’economia, crisi dei valori e crisi nervosa, la mia.

Ascolto e mentre ascolto mi immagino di invecchiare al telefono, coi capelli che diventano bianchi e radi, la barba che mi cresce lunghissima e fina e bianca, le rughe che solcano, il pisello che scompare per far posto al catetere e poi compare una flebo, poi una copertina, tossisco, la sedia è diventata una comoda e arriva una badante che mi urla nelle orecchie “DEVI PRENDERE LA MEDICINA PER IL CUORE” e poi mi annusa e dice fortissimo, sempre nel mio orecchio “HAI FATTO QUELLA GROSSA? DEVO CAMBIARTI?” e poi compaiono tutti i miei amici, vecchi, sono attorno al letto io respiro a fatica e mi guardano con gli occhi pieni di lacrime e la Giulia pare essere solo in prossimità del primo dei sette tempi dell’opera che si intitola “Quella troia della tua amica”, ma per fortuna un pip-pip sotto, che lo sente anche lei, mi consente di scattare in piedi dal letto del dolore e dire “SCUSA GIULIA HO UNA CHIAMATA SOTTO CHE LA STAVO ASPETTANDO TI RICHIAMO IO DOPO” e Tardelli scatta in avanti, Tardelli, Tardelli, gooooooooooooooooooool, gooooooooooooooooool, Campioni del Mondo! Campioni del Mondo! Campioni del Mondo!

Chiudo secco e rispondo.
“Ciaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaooooo Cicciammore, ciacciao ciacciao ciacciao, c’è il soleeeeeeeeeeeeeeee”
Scatto a piè pari sul tavolo come un ardito ginnasta del bieco ventennio e con la luce accecante della speranza negli occhi ed un sorriso da drogato chimico urlo “ADEEEEEEEEEEEAMMMOOOOOOREEEEEEEEEEEEEEEEEE TI DEVO LA VITAAAAAAAA” e dall’altra parte sento un urlo di gioia a cazzo, talmente acuto e forte che manda in palla il microfono e sì, è vero, la maturità a un certo momento si vede.

“Senti. Cicci. Pensavo. Mangiamo al Tennisclebb.”
“Va bene. Adele. Mangiamo al Tennisclebb.”
“Senti. Cicci. Pensavo. Stasera. Io nun c’ù vuglia di undure ul clubb. Te ti spiace?”
“No. Adele. Anzi. Io devo svaccare. Oggi non mi passa. Più”
“Andiamo in un posticino con la musichina e stiamo scialli senza pare e ci facciamo le robine?”
Non so di che robine si parla, ma qualsiasi robina mi fa la Ade a me piace.
“Fatta. Ade. Wine bar, scazz and dance.”
“Sììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììììì”

“Sai, Adelizia, pensavo a questa primavera, quando potremo andare nella casa del Ruggi, io e te, ci facciamo un week end sempre nudi senza lavarci mai e ti porto fuori a fare la pipì in giardino e…”
“…e anche la cacca?”
“Sì amortossico, anche la cacca e scopiamo come gli alci bretoni incrociati coi cervi birmani tutto il tempo dappertutto”
Gorgoglia e mugola e grugnisce e fa anche snort.
“Cicciporconesozzone mi fai tremare la figona te sei un demonio di furbezza”

Ah beh beh, furbo son furbo eh.
Uuuuuuuh che furbo che sono.
Già.
Furbissimo.
Basta che guardi con che disinvoltura mi son gestito la mattinata.

giovedì 23 febbraio 2012

La Giulia mommora


Il paese è, negli effetti, piccolo.
Un esseemmeesse giuliano piomba nel mio telefonino dopo aver passato lo stargate.
“Vedo che sei tornato agli antichi amori. :-)”
Più che altro avrà visto quel condominio col motore di un traghetto della Tirrenia parcheggiato di traverso sul marciapiede davanti allo studio. O forse l’avrà vista con quelle infradito da dar giù di testa.
Si è comunque disturbata per dirmelo.
E si è dilettata a dileggiarmi.
Forse le ragnatele nella passera, ammesso che il Costa non continui a cavargliele, la disturbano.
Sicché sono ancora nei suoi pensieri, nonostante il silenzio radio rotto solo da qualche mia telefonata che è stata sbolognata con una certa rapidità.
A capire, delle volte.
Rispondo.
“Ciao Giulia, che piacere avere tue notizie. Stai bene?”
Dopo un po’ rivibra il baracchino.
“Se quella stronza della tua amica non mi avesse licenziato, starei meglio”
Bene.
Adesso sì che è il momento di non rispondere.
Un “e tu?” non ci sarebbe stato male.
Il paese è piccolo, la Giulia mommora, la Ade ha le infradito il 23 febbraio.
Spengo le luci e me ne vò.
Orvuarr.