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giovedì 1 marzo 2012

Giovedì


Bonjour.
Ore 05:57, situazione meteo.
Nebbia in graduale sollevamento. Vento da E con intensità di 7 km/h. Raffiche fino a 13 km/h. Temperature: 5°C la minima e 19°C la massima. Zero termico a 2950 metri.
SOLE - Sorge: 6:54, Tramonta: 18:05 LUNA - Leva: 11:00, Cala: 1:50 - Gibbosa crescente.

Ieri sera ho compiuto il giro di telefonate (“giro”, ne ho fatte tre) con il seguente risultato: Nica sta bene, stanca, raffreddata, ci sentiamo presto, ok. Ale seccata, non più facilmente intortabile con qualche balla Polaroid, ci sentiamo presto, sì sì credici, ciao Tazio. Ines  perplessa, ride per l’invito, guarda Tazio lascia stare non c’è problema, facciamo quando sarai meno “impegnato” e lo dice col tono con cui si evidenziano le virgolette.

Per cui, nell’ambito della promessa fatta a quella Persona, conscio di aver scazzonato, telefono alla Giulia. Un giovane androide autistico risponde al telefono e me la passa. Parole di rito, sentore di irritazione, lancio la mia fiche sul rosso: “Se passo di là, me lo offri un caffè?” che sortisce stupore ed una battuta corrosiva “Ti ha dato il permesso per un’opera caritatevole?” che glisso con signorilità british, mandandola amorevolmente a fare nel culo, consiglio che si è rivelato generatore di un sorriso e di un consenso.

Per cui, alle 21:30, sedevo su un divano di accettabile fattura, sorseggiando un caffè discreto, accanto ad una donna dall’aspetto trascurato e molto teso, ascoltando il fiume di veleno acido che usciva dalle sue labbra, mentre un androide autistico sedeva all’indiana davanti al televisore acceso, del quale alzava il volume a livelli paradossali, al fine di segnalarmi, qualora ve ne fosse bisogno, il livello di sgradevolezza della mia presenza ed il livello di fastidio generato dalle nostre parole sul divano. Lo so, siete invidiosi e vi capisco.

La Giulia era a lutto. Maglioncino di lana nero a scollo tondo, gonna gessata su fondo antracite, collant neri e ciabatte, struccata, visibilmente non frequentatrice della parrucchiera da tempo.
Casa in vendita che non si vende, ricerca di appartamento che non sacrifichi le abitudini di ciascuno, che non si trova, lavoro assente ed introvabile, qualche collaborazione, ma roba da fame, assegni singhiozzanti, Peppemmerda latitante, ora in Romania, ora in Ungheria, ora qui, ma per tre ore, mistero sulla sua attività, mai una telefonata. Vorrei sottolineare che il fatto che fosse un uomodimmerda non è una novità, ma non amo infierire e sorvolo.

Alle 23:15 l’automa autistico rompi maroni abbandona il campo, trasferendosi nella sua tana infernale. Sono esausto, frullato, depresso, scoglionato al limite della sopportazione. La Giulia, a voce bassa, mi dice che appena sentiamo che di là non c’è vita andiamo di sotto che c’ha una caccola. E così avviene, alle 00:25.

La caccola rende distesa la situazione e, finalmente, anche io riesco a dar pace alle mie orecchie ipersollecitate dal Gange di sfiga nera che mi è stata sin lì enunciata.
Allentare, allentare, allentare, chiacchiere morbide e poi si fa quell’ora, grazie del caffè Giù, grazie della visita Tà, baci, abbracci e notte fredda.

Almeno una cosa su quattro l'ho fatta.
Bonjour, bonjour, bonjour.

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