Cattività, cattiveria, cattivo, accattivante.
Medesima radice etimologica derivante dal verbo latino capere, che significa prendere. E poi
ancora captivus, che significa essere
fatto prigioniero. Da qui la locuzione medievale del captivus diaboli, ossia essere prigionieri del diavolo. Anche in
greco antico la parola kaptus ha il
medesimo significato: essere presi, catturati.
La cattivitò, quindi, è la condizione di prigionia di animali e persone
e l’essere cattivo è il malanimo che ne deriva, specie negli umani, in quanto
gli animali in cattività perdono le caratteristiche selvatiche che hanno. Ecco
il nesso. La cattiveria è il malanimo di cui sopra, che è l’atteggiamento del
cattivo, cioè di colui che è prigioniero e, quindi, si trova in cattività.
E accattivante? Accattivante riferisce ad una situazione oggettiva o
soggettiva in cui un soggetto, od un oggetto, finiscono con il rendere
prigioniero, a qualche titolo, un soggetto terzo.
Semplice.
Come la scena a cui ho assistito, l’ennesima, ma sempre piacevole,
sempre accattivante. Accattivante al
punto di essere prigioniero di ciò che guardavo e che mi impediva d’andarmene.
Si trattava di due soggetti, un uomo ed una donna, in cattività matrimoniale.
Lei giaceva su una dormeuse barocca ricoperta
di velluto color cipria, a gambe aperte, favorendo il duro ficcare di uno
Stallone Collare Rosso che la stantuffava con trasporto e sudato vigore. Lui,
invece, sedeva su una sedia barocca, accompagnata alla dormeuse, ed osservava da
vicino lei che si faceva fottere a ripetizione.
E’ la cattiveria della cattività.
E’ questa che è accattivante.
Quando la cattività si approssima al raggiungimento di un numero
importante di anni, in taluni soggetti cattivi scatta una molla oscura che fa
trasudare la cattiveria accumulata. Quella scena è sempre un enigma complesso.
Ci si chiede sempre: ma chi è dei due il carnefice e chi è la vittima? Lei si
fa fottere a quel modo bestiale per il suo piacere o per il piacere dell’altro?
Perché è da escludersi, in maniera categorica, che entrambi traggano il
medesimo piacere. Sarebbe noiosissimo, altrimenti. Ed inutile.
Enigmatico. Come enigmatici erano i loro volti. Lui calvo, pelle scura,
duro, magrissimo, sinistro. Lei nera, nasuta, con gli occhi gonfi di occhiaie e
la bocca grande e carnosa, asciutta, sinistra.
Non belli, nessuno dei due. Ma attraenti.
La loro età? Circa cinquanta.
Mi ha strappato un sorriso un dettaglio: lei giaceva non completamente
nuda, ma indossando una corta guepiere che, visibilmente, era poco riempita di
seno. Come a dire: non mi vergogno a fottere pubblicamente di fronte a
chiunque, ma provo vergogna a mostrare i miei seni appassiti e, forse, una
pancia non più tesa come la pelle di un tamburo. Curioso no?
Cattiveria accattivante, quando si è in cattività.
Mi alzo e mi avvicino, per ispezionare i suoi piedi, mentre lo Stallone
Collare Rosso la fotte facendole appoggiare le gambe sulle spalle. Tocco e
osservo, senza alcun riguardo, perché la donna è pubblica, perché la donna è
bestia ed è lì per quello. Le tengo tra le mani il piede e lei, sbavando,
godendo, grugnendo sudata, afferra il tessuto dei miei pantaloni, guardandomi
stravolta. Quasi fosse un invito ad approfittare di qualsiasi cosa, lì, in quel
momento. Piedi ordinari, unghie grosse, segnate, coperte di smalto rosso privo
di qualsiasi appeal. Dozzinali. Ma il piacere è quel gesto così intimo
incrociando gli occhi di lui.
Perché come Tarantino fa dire in Pulp Fiction, toccare i piedi a una donna
non è come ficcare la lingua nel suo sacro buco, ma ha lo stesso significato.
Accattivante cattiveria. A tutti viene un brivido di piacere a guardare
la moglie di un cornuto consenziente e presente che si fa fottere da uno
stallone in pubblico, grugnendo, sbavando, sudando, pisciando sulla sacra istituzione
che ha giurato di onorare e rispettare, perché a tutti, sì proprio a tutti, la
cattività incattivisce e la profanazione della sacra istituzione induce una
convulsione anarchica che fa respirare l’aria della libertà e fa sentire tutti
ancora potenzialmente padroni degli eventi ed allora eccoci tutti lì, intorno,
a guardare quell’oscena scopata della donna bestia e del marito bestia, che
suda eccitato, perfettamente abbigliato nel completo grigio scuro a
doppiopetto. Tutti intorno con i cazzi più o meno duri, perché tutti vorremmo stare
assieme ad una donna bestia, seppure non vorremmo mai che diventasse bestia la nostra
donna perché ne moriremmo, vigliacchi pezzi di merda segaioli del cazzo che
siamo. Noi vorremmo che quella donna bestia fosse la nostra donna, perché
quella è già cattiva e la donna cattiva ci piace, ci piace come spacca qualcun
altro, fottendogli davanti, godendo come lui, magari, non l’ha fatta godere mai
e questo è accattivante, come la cattiveria, ma non come la cattività da cui,
quotidianamente, sogniamo di fuggire con una donna bestia.
Basta che non sia la nostra.
interessante riflessione. ci penZo su.
RispondiEliminaDescriptiveness come sempre oltremodo efficace!
RispondiEliminaPensieri liberi mi portano oltre, ognuno ha le sue perversioni.
Tu non sai come e quanto io li vorrei incontrare in un contesto "normale".
Commercianti? Nel loro negozio!
Medici? In Ospedale!
Vacanzieri? Su un 380 direzione Dubai!
Insomma, ho la sindrome del lettighiere, che in ambulanza porta il ferito in ospedale e impazzisce nel non sapere se si salverà!
k
Considerazioni sparse:
RispondiElimina1- se dovessi attenermi all'etimologia quindi il cattivo è una vittima, dato che è prigioniero di qualcosa di cui egli non può avere il controllo. Credo invece che cattivo è chi sceglie di esserlo.
2- di conseguenza la cattività è una condizione che si può sempre sciogliere, soprattutto se si parla di semplici contratti matrimoniali, ma visto che la coppia era borghese forse è di quelle che non si possono sciogliere in quanto danneggerebbe il buon nome in società? O almeno, prima che la cattiveria accumulata in cattività possa esplodere perchè non rompere la prigionia?
Ho fatto queste domande perchè tu escludi che possano provare lo stesso medesimo piacere, quindi c'è una "vittima" e un "carnefice".
3- Volevo dire un'altra cosa, ma mi sfugge, ritorno su quella di prima, ma se la sacra istituzione fosse considerata meno sacra non sarebbe forse più facile rifuggirne quando non ci va più e non arrivare a situazioni simili?
Io dico situazioni simili perchè tu presumi che non tutti e due ne godano allo stesso modo, se ne godessero allo stesso modo si potrebbe ascrivere la vicenda a questioni normali di coppia, ma forse nemmeno poi tanto.
Boh. Non so se ho centrato il punto.
No, non credo tu l’abbia centrato. :-)
RispondiEliminaSta proprio da tutta un’altra parte.
Appena ho un secondo chiarisco.
RispondiEliminaNessun sorry e de che?
:-)
Non ti preoccupare, era più un rimprovero che faccio a me stessa del tipo, non parlare di cose che non sai. :)
RispondiEliminaDue direttrici per comprendere.
RispondiEliminaLa prima riguarda l’energia che spinge alcuni a fare ed altri a desiderare (invidiare ) chi fa. L’energia si sprigiona dalla cattività, per tutti. E su questo nulla fa il banale divorzio, perché o uno decide di stare da solo a vita oppure arriverà sempre la donna ennesima che, mentre stende le mutande sullo stendino, gli farà balzare alla mente dei pensieri, diciamo, “strani”. Chi fa (e non chi desidera di fare) DEVE rilevare un ruolo di vittima ed uno di carnefice, perché altrimenti non gode. Qui poi si farebbe complicato parlare di un effettivo swap di ruoli, perché chi decide di essere vittima in realtà è il carnefice, ma metteremmo troppa carne al fuoco.
La seconda direttrice riguarda solo chi invidia chi sta facendo. La donna pubblica, cattiva e bestia piace a tutti. A tutti. Ma nessuno vorrebbe che diventasse a quel modo la propria donna, ma tutti idealizzano una donna “ideale” con quelle caratteristiche. Ed anche qui, il desiderio osceno nasce dalla cattività.
Il single puttaniere e libero, non appartiene alla categoria degli invidianti. Perché è libero. Il single puttaniere e libero, semmai, ricerca donne bestia per entrarci dentro.
Ma il godimento non è entrarci dentro.
Il godimento è vedere che ci entrano dentro gli altri.
:-)
Aiuta?
Sì più o meno, dici che quel godimento totale nasca solo da una condizione limitante e che quando si è liberi quella condizione di cattività, come tu la chiami, la si cerca negli altri.
RispondiEliminaInsomma il godimento non nasce dalla serenità, per dirla semplicemente.
Ho afferrato?
Eh sì.
RispondiEliminamah, che il godimento non nasca dalla serenità mi pare cosa tutta da dimostrare. a mio parere anzi, la cattiveria della cattività è la perfetta dimostrazione del contrario, perché se non ti sentissi captivus non saresti nemmeno cattivo; al contrario, il senso di libertà favorisce il godimento e diminuisce anche le seghe mentali. il problema è che molti - la quasi totalità, diciamolo - dei rapporti di coppia sono relazioni di convenienza, o accettate a naso turato, pur di non rimaner soli. ma il problema non è il matrimonio o la coppia in genere, sono le persone ipocrite che accettano una condizione che sanno a priori che le renderà tutt'altro che felici e/o soddisfatte.
RispondiEliminasono invece d'accordo sulla seconda parte del ragionamento: "nessuno vorrebbe che diventasse a quel modo la propria donna, ma tutti idealizzano una donna “ideale” con quelle caratteristiche"; qui entriamo nel merito di questioni davvero spinose: come si fa a conciliare due desideri apparentemente del tutto opposti? l'unica soluzione possibile, a prima vista, è abbandonare ogni pretesa, ogni idea di possesso e di esclusività, dal momento che la donna "bestia" è per definizione pubblica - quindi non soggetta ad esclusività. ma esiste secondo me un terza via. e, sempre secondo me, la squinzy te l'ha mostrata mostrando la topa all'umbe.
Non IL godimento, ma QUEL godimento. QUEL godimento, fatto a quel modo, con quella intensità funesta, può nascere solo dall’inquietudine.
RispondiEliminaI desideri, che come suggerisci sono solo apparentemente opposti, sono assolutamente conciliabili ed infatti chi fa (e non chi guarda chi fa) alla fine fa. Però ti chiedo di approfondire sulla terza via, perché temo di non aver colto cosa mi avrebbe mostrato la Squinzy.
inquietudine, ma forse anche estrema complicità. sia che sia stata lei ad assecondare le voglie di lui, sia che fosse viceversa, ci vuole comunque un grande affiatamento per condividere un piacere che all'altro, per inclinazione, non apparterrebbe. poi, ovviamente non sono nella mente dei due e non ho visto la scena, quindi al massimo cerco di immedesimarmi in una situazione simile.
RispondiEliminaquanto alla terza via, vediamo se riesco a spiegare in poche parole: la squinzy - parole sue - non ha mostrato la topa all'umbe, ma ti ha mostrato se stessa che mostra la topa a uno sconosciuto; forse, se tu non fossi stato presente, non l'avrebbe fatto, non lo farebbe. la tua presenza le forniva una garanzia di sicurezza, di protezione: si è affidata completamente alla tua figura preminente per compiacere un suo desiderio (o ha interpretato il tuo o, miracolo, le due cose coincidevano). questo tipo di confidenza è riservato a te, perché esiste tra voi una relazione meno epidermica che non un po' di sesso, per quanto ben fatto. è un ottimo compromesso tra l'eccitazione cerebrale che contraddistingue l'eros femminile e quella tutta cazzo figa culo tette di noi maschietti.
Ora ho la conferma di aver capito bene. Concordo sulla Squinzy e vorrei inerpicarmi lungo impervi sentieri, al riguardo. Vorrei dirti che non vi è altra via interpretativa che quella del miracolo: il gioco del “guarda come mostro” era ispirato alla soddisfazione di entrambi, intesi come unica voce intonata, poiché noi si è in terreno di conquista, non vi è possesso, non vi sono egoismi, non c’è la “libera professione” che rende (come hai già giustamente rilevato) pregevole in termini di affiatamento la performance della rodata coppia nella Casa, coppia in cui ciascuno agisce a titolo personale e rimanda la derivata di tale agire ad un concetto di insieme forzato e appassito.
RispondiEliminaIl nostro momento non classificato (e ci tengo a sottolineare questo dettaglio, la non classificazione esplicita) è il migliore, nella storia dei rapporti a due. E’ l’evoluzione di questo momento che diviene opera incerta. E’ la comparsa della cattività che distorce e plasma, lungo nuovi antichi paradigmi, il modo di stare assieme.
Se può apparire, ad una lettura veloce, che l’osare della coppia antica assomigli all’osare della coppia novella si è in inganno. La freschezza del gioco senza paura e crismi è diversa (profondamente, concettualmente, storicamente) dalla terapia antalgica del trauma derivante dalla consapevolezza dell’effetto deteriorante del tempo.
Anche se, a tratti oggettivi, si assomigliano, partono da punti opposti.
E, per la coppia antica, è anche quello il motivo della pressante esigenza.
Spero di essere stato sufficientemente confuso ed arcano. :-)
no te preocupe, è tutto chiarissimo. come era chiarissima la diametrale oppostezza di premessa tra i comportamenti della coppia novella e di quella antica. chiaro che certi fulgidi esempi di deterioramento, uniti a probabili esperienze passate, insoddisfacenti già nelle premesse, costituiscono un fardello non lieve nell'intraprendere una qualsiasi forma di rapporto a due. credo che l'unico antidoto alla cattività sia una sincerità estrema da parte di entrambi, unita alla capacità di accettare che, sia pure per brevi tratti, la felicità dell'altro che tanto ci appaga possa non passare attraverso di noi. come cantava il poeta, "se ami qualcuno, dagli la sua libertà".
RispondiEliminaè un piacere discettare con te di tali questioni.
(ganfione col nick collettivo)
"terapia antalgica del trauma derivante dalla consapevolezza dell’effetto deteriorante del tempo". questa frase mi turba molto. scrivi in un modo che mi piace molto, pensi in un modo che mi ha fatto affezionare. oltre al mio amore, sei una delle poche persone "vive" (oltre ai miei scrittori preferiti) che scova, mette in luce e sintetizza delle sensazioni e abbozzi di considerazioni che ho latenti nella testa ma che spesso rimangono vaganti, frustrandomi.
RispondiEliminaSno lusingato, grazie, grazie di cuore.
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