Pagine

sabato 31 marzo 2012

Un brindisi al potere peloso


Dopo cena la conversazione scivola sulle ferie, poi la mia mano scivola tra le sue cosce, poi le racconto di quella volta con la Vale in Grecia, di notte, a fine serata, a bordo piscina, con i due giovani amanti inglesi che decisero di fare il bagno nudi e noi e una coppia teutonica sul lettino vicino facemmo da vestitissimi spettatori alla loro scopata nell’acqua e poi, quando se ne andarono, noi armeggiammo, i teutonici armeggiarono, noi ci scopammo e i teutonici si scoparono accanto a noi, sui lettini bui che di giorno sorreggevano carcasse abbandonate all’unto abbronzaggio.

Mi chiede perché non ci siamo uniti ai teutonici. Le dico che non lo so, ma che a me non sarebbe piaciuta l’idea. Lei ride dicendo che non può credere a ciò che sente. Le dico che c’era una gran confusione, una gran contraddizione ed una scarsissima consapevolezza in me, a quell’epoca. Lei fa scivolare secca la verità che per una vita mi sono taciuto. “Magari la Vale aveva voglia di farlo in quattro”. Le dico che, ad oggi che considero le cose con una serenità mai avuta, sostituirei quel “magari” con un “sicuramente”.
E lei mi guarda con gli occhi da furetto e un sorrisetto maligno.

“Tu cos’avresti fatto in quella circostanza, al posto della Vale?” le chiedo curioso e voglioso di esplorarla, ora che la sento così donna. “Beh” dice aspirando “se avessi notato che lo spettacolino dei due inglesi ti eccitava, mi sarei spogliata nuda e sarei entrata in piscina, aspettando che tu facessi lo stesso”. E questa, sinceramente, è l’unica eventualità che, in tutti questi anni, non avevo mai considerato. Ed è un’eventualità che mi piace molto, nella sua formulazione concettuale. Perché mai restare spettatori pronti ad un ripiego post spettacolo, quando si può salire sul palco e partecipare a quella rappresentazione che tanto ci attrae, aumentando l’eccitazione di chi resta seduto e che, forse, può decidere a sua volta di salire sul palco? Chiedo conferma di aver capito bene il senso e lei mi dice di sì, sensuale, divertita.
Ma poi aggiunge “Certo è che in queste cose è tutta questione di umore adatto e la mia risposta è puramente teorica. Diciamo che se mi fossi eccitata a vedere gli inglesi e a vederti eccitato, avrei deciso di agire così”. E’ giusto. Sensato. Adulto.

A quel punto mi viene in mente con un sorriso il giorno di Ferragosto 2011 e le rammento l’ammucchatina a sei col Costa, il Loca, la Lercia e la Frank che per lei ha rappresentato il battesimo del sesso di gruppo.
“Ti supplico di non farmici pensare” dice con gli occhi sbarrati e il tono categorico. E chiedo ovviamente il perché. E lei sintetizza un quadro deprimente. “Un’ammucchiata dozzinale, tristemente progettata a tavolino, con partecipanti maschi (ad eccezione tua che sei stato un signore) rincoglioniti e schizzoni in tempo zero e partecipanti femmina che appartengono più al mondo animale che a quello umano, zero erotismo, zero coinvolgimento, zero seduzione e solo fiumi di erba e istinti inguinali da bestie feroci. Una cagata”.
Minchia, dico. Però c’ha ragione un bel po’. Siamo stati di uno splatter trash ai limiti di train spotting. E a quel punto immagino che opinione avrebbe del Club Ficcaficca che ho contribuito a fondare, ma dal quale mi dissocio da un gran pezzo. Un’opinione di merda, di sicuro.

“Quindi mai più” dico, come conseguenza logica delle sue opinioni. “A quel modo manco morta, così come manco morta mi tornerò ad infilare in insani e distorti rituali lesbici fatti solo per poter appendere la medaglia del ‘Mi piace sia il pisello che la patata’ ad un medagliere trendy idiota. Sono tutte cazzate che si fanno, ma che poi non si fanno più. Sono diventata serratamente selettiva. Io voglio farlo con qualcuno che mi piace veramente e voglio infilarmi solo in situazioni che mi stimolano veramente, perché non ho più l’esigenza di chiedermi ‘Chissà come sarà?’, mi spiego? ”.
Alla grande, ti spieghi alla grande.

Restiamo a tavola, nella cucina interplanetaria, sino a tarda notte, bevendo vino e fumando, discinti, informali, chiacchierando, confrontandoci, ascoltandoci, raccontandoci.
E’ un medicamento straordinario, è come quando poti un albero vecchio e vedi rifiorire i germogli. E’ la primavera del cervello. Sì, decisamente.

Appoggia i talloni scalzi sui pioli della sedia, schiudendo le gambe. Facendo così fare capolino, da sotto il bordo del mio maglione di cotone che è l’unico indumento che indossa, alla figa pelosa. Gliela guardo, così oscenamente sensuale e mi viene in mente l’Umbe.

“Sei un’esibizionista, lo sai?” le dico con malcelato orgoglio.
“Dici?” mi risponde con gli occhi maliziosi, portando alla bocca il bicchiere di vino rosso, schiudendo maggiormente le gambe ed io lo so che, là dietro, dietro quel bicchiere e quei riccetti fusilli, lei sta sorridendo divertita del potere che ha scoperto di poter esercitare e che, fortunatamente, esercita.
Brindiamo.

Nessun commento:

Posta un commento