Dopo cena la conversazione scivola sulle ferie, poi la mia mano scivola
tra le sue cosce, poi le racconto di quella volta con la Vale in Grecia, di
notte, a fine serata, a bordo piscina, con i due giovani amanti inglesi che
decisero di fare il bagno nudi e noi e una coppia teutonica sul lettino vicino
facemmo da vestitissimi spettatori alla loro scopata nell’acqua e poi, quando
se ne andarono, noi armeggiammo, i teutonici armeggiarono, noi ci scopammo e i
teutonici si scoparono accanto a noi, sui lettini bui che di giorno sorreggevano
carcasse abbandonate all’unto abbronzaggio.
Mi chiede perché non ci siamo uniti ai teutonici. Le dico che non lo
so, ma che a me non sarebbe piaciuta l’idea. Lei ride dicendo che non può
credere a ciò che sente. Le dico che c’era una gran confusione, una gran
contraddizione ed una scarsissima consapevolezza in me, a quell’epoca. Lei fa
scivolare secca la verità che per una vita mi sono taciuto. “Magari la Vale aveva voglia di farlo in
quattro”. Le dico che, ad oggi che considero le cose con una serenità mai
avuta, sostituirei quel “magari” con
un “sicuramente”.
E lei mi guarda con gli occhi da furetto e un sorrisetto maligno.
“Tu cos’avresti fatto in quella
circostanza, al posto della Vale?” le chiedo curioso e voglioso di
esplorarla, ora che la sento così donna. “Beh”
dice aspirando “se avessi notato che lo
spettacolino dei due inglesi ti eccitava, mi sarei spogliata nuda e sarei
entrata in piscina, aspettando che tu facessi lo stesso”. E questa,
sinceramente, è l’unica eventualità che, in tutti questi anni, non avevo mai
considerato. Ed è un’eventualità che mi piace molto, nella sua formulazione
concettuale. Perché mai restare spettatori pronti ad un ripiego post
spettacolo, quando si può salire sul palco e partecipare a quella
rappresentazione che tanto ci attrae, aumentando l’eccitazione di chi resta seduto
e che, forse, può decidere a sua volta di salire sul palco? Chiedo conferma di
aver capito bene il senso e lei mi dice di sì, sensuale, divertita.
Ma poi aggiunge “Certo è che in
queste cose è tutta questione di umore adatto e la mia risposta è puramente
teorica. Diciamo che se mi fossi eccitata a vedere gli inglesi e a vederti
eccitato, avrei deciso di agire così”. E’ giusto. Sensato. Adulto.
A quel punto mi viene in mente con un sorriso il giorno
di Ferragosto 2011 e le rammento l’ammucchatina a sei col Costa, il Loca,
la Lercia e la Frank che per lei ha rappresentato il battesimo del sesso di
gruppo.
“Ti supplico di non farmici
pensare” dice con gli occhi sbarrati e il tono categorico. E chiedo
ovviamente il perché. E lei sintetizza un quadro deprimente. “Un’ammucchiata dozzinale, tristemente
progettata a tavolino, con partecipanti maschi (ad eccezione tua che sei stato
un signore) rincoglioniti e schizzoni in tempo zero e partecipanti femmina che
appartengono più al mondo animale che a quello umano, zero erotismo, zero
coinvolgimento, zero seduzione e solo fiumi di erba e istinti inguinali da
bestie feroci. Una cagata”.
Minchia, dico. Però c’ha ragione un bel po’. Siamo stati di uno
splatter trash ai limiti di train spotting. E a quel punto immagino che
opinione avrebbe del Club Ficcaficca che ho contribuito a fondare, ma dal quale
mi dissocio da un gran pezzo. Un’opinione di merda, di sicuro.
“Quindi mai più” dico, come
conseguenza logica delle sue opinioni. “A
quel modo manco morta, così come manco morta mi tornerò ad infilare in insani e
distorti rituali lesbici fatti solo per poter appendere la medaglia del ‘Mi
piace sia il pisello che la patata’ ad un medagliere trendy idiota. Sono tutte
cazzate che si fanno, ma che poi non si fanno più. Sono diventata serratamente
selettiva. Io voglio farlo con qualcuno che mi piace veramente e voglio
infilarmi solo in situazioni che mi stimolano veramente, perché non ho più
l’esigenza di chiedermi ‘Chissà come sarà?’, mi spiego? ”.
Alla grande, ti spieghi alla grande.
Restiamo a tavola, nella cucina interplanetaria, sino a tarda notte,
bevendo vino e fumando, discinti, informali, chiacchierando, confrontandoci,
ascoltandoci, raccontandoci.
E’ un medicamento straordinario, è come quando poti un albero vecchio e
vedi rifiorire i germogli. E’ la primavera del cervello. Sì, decisamente.
Appoggia i talloni scalzi sui pioli della sedia, schiudendo le gambe. Facendo
così fare capolino, da sotto il bordo del mio maglione di cotone che è l’unico
indumento che indossa, alla figa pelosa. Gliela guardo, così oscenamente
sensuale e mi viene in mente l’Umbe.
“Sei un’esibizionista, lo sai?”
le dico con malcelato orgoglio.
“Dici?” mi risponde con gli
occhi maliziosi, portando alla bocca il bicchiere di vino rosso, schiudendo
maggiormente le gambe ed io lo so che, là dietro, dietro quel bicchiere e quei
riccetti fusilli, lei sta sorridendo divertita del potere che ha scoperto di
poter esercitare e che, fortunatamente, esercita.
Brindiamo.
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