E mentre lei versa libbre di inutili parole scomposte e scoordinate, iniziando decine di discorsi che, immancabilmente, germogliano incisi di mezz'ora che farebbero perdere il filo anche all'attento Poirot, le guardo le dita dei piedi, ben visibili dal sandalo alla schiava che quest'anno va tantissimo e considero che mi sono chiavato traghetti di figa, ma che dei piedi come i suoi forse c'era vicina la Domi, ma a una lunghezza dietro, perchè quei piedi a me mi fan perdere il controllo, anche se lo smalto rosso corallo non mi fa impazzire, ma poi salgo e mi godo la caviglia sulla quale giace mollemente adagiata una ridente catenina d'oro sottile, poi salgo ancora a godermi il polpaccio e la coscia scosciata sotto il vestitino color buccia di patata al selenio e mi chiedo se c'avrà le mutande, sapendo che la probabilità che ce le abbia è inferiore al tre per cento e penso, penso, penso, penso a tante cose, cullato dalla nenia sciocchina dei suoi raccontini pseudo divertenti, al culmine dei quali, per fortuna, vi è il rito della sua mano che mi tocca il ginocchio che è il segnale che è il momento di ridere e io rido.
Rido coglione, non sapendo manco il perchè sto ridendo, ma l'insieme è perfetto, poichè io me ne sbatto il coglione dei suoi racconti e lei se ne sbatte la fica che io li stia ascoltando o meno, dato che li racconta a se stessa in un esibizionistico onanismo verbale consumato davanti a terzi.
Il Ruggi è in Francia, felice e contento, appassionato di vendemmia, vino, accoglienza e fica pelosa della sua socia, tanto lui da là guida tutto, controlla tutto e decide tutto, mentre qui son rimasti solo i rottami, io, lei, il bar Centrale e solo il ricordo della tensione che si respirava come se spetsnaz in incognito fossero pronti ad agire, uccidendomi.
La guardo mentre squittisce le sue inutili parole e trovo che sia divina con i capelli corti di quel taglio che quest'anno va tantissimo, con quella bocca che mi ricorda pompini teatrali che mi mancano molto, la guardo e mi sembra sempre perfettamente identica, senza una ruga, giovane, vuota, blasfema e volgare come solo lei sa elegantissimamente essere.
Non oso interromperla perchè è una manna poterla guardare senza lo sforzo di dover modulare un concetto che lei sia in grado di comprendere, perchè è così rilassante star seduto al Centrale semi vuoto a guardarla e a rimembrare le dimensioni impressionanti del suo magnifico ano dilatato e poi alla mente mi corre quel pensiero delizioso di falre entrare una mela nel culo, come ho piacevolmente ed entusiasticamente visto in moltissimi pornetti, compagni di sempre di interminabili seghe.
"E tu Cicci? Conta dai! Che fine hai fatto?"
Che peccato, questa domanda conduce la situazione ottimale verso una cosa che rappresenta l'avvio di una dispendiosa contraddizione nei termini, nota con il nome di conversazione.
"Ma niente, Ade, ho lavorato, un po' qui, un po' là" e mi piace muovere la mano come Moretti quando indicava che si muoveva, all'amico che gli chiedeva se passasse tutto il giorno sulla panchina davanti alla scuola.
La Ade, fortunatamente, non è assolutamente mai interessata alle questioni altrui, per cui ogni genere di risposta va bene e smorza un pochetto la 'conversazione', sortendo un "Ahhh" che chiude l'argomento in via definitiva.
Vi chiederete, ragionevolmente, come mai io fossi seduto al Centrale con la Ade e io vi risponderò con precisione: ieri sera, in preda ad un gesto inconsulti, ho deciso di avviare un esercizio forzato di uscita dalla solitudine patologica in cui sono sciolto, sia per congiuntura, sia per volontà, decidendo di tornare al paesello per vedere qualcuno e parlare, visto che (come Rambo in Rambo I) non parlo per giorni con nessuno. Ed allora, a bordo della Smart che, seppur odiandola, è il mio unico mezzo di locomozione, ho coperto quei pochi chilometri che separano il capoluogo di provincia taziale in cui risiedo temporaneamente e ho raggiunto la piazza di Taziopoli.
E lì c'era lei che, per un'incomprensibile ragione, mi ha fatto tante di quelle feste che neanche un Setter irlandese me le avrebbe fatte. Ha abbandonato il gruppuscolo e si è seduta a un tavolino con me ed ha attaccato la macina da mulino ed è quanto.
Chiuso l'argomento in via definitiva, dicevo, rimaneva la concreta possibilità che ripartisse il macchinario, ma invece no. Con un'aria intrisa di troiaggine eccelsa, troiaggine che ho sempre adorato, che adoro e sempre adorerò, ha avvicinato il sandalo alla schiava, che quest'anno va tantissimo, alla mia caviglia facendomi piedino, ha attivato lo sguardo in [mod ficaaffamata on] e mi ha sussurato "Mi sei mancato pisellone" che in un'altra circostanza e con un deterioramento cerebrale più ridotto, mi avrebbe indotto ad una sganasciata sonora, data la pateticità della scena.
Rimanendo nella sceneggiatura porno, ho risposto a quel gancio con un bavoso e cupo "Ti sfonderei su uno di questi tavolini", spingendomi in avanti ad accarezzarle il polpaccio, sortendo un gemito sozzo come da copione.
Ed allora via. "Ce l'hai il mio nuovo numero di cellu?" gorgogliato sempre in modalità ficaaffamata on.
"No Ade" - "Scrivi Cicci".
E Cicci scrive, ridando vita a quella opportunità di veder vibrare di goduria il parlàfono con la scritta ADE, come ai vecchi tempi di merda.
Conforto dell'anima, porto sicuro, azioni e reazioni note, collaudate. Basterà telefonarle proponendole di farle dei clisteri e la bella troiona sarà nel mio letto con uno schiocco di dita, pronta a farsi infilare il cazzo in tutti gli orifizi, pronta ad assecondare qualsiasi perversione mi ammorbi, pronta a fottersene della mia esistenza e dei miei sentimenti e delle mie crisi personali, pronta a scomparire senza segnali, come ai vecchi tempi di merda.
Non so se è carico di qualcuno, non so cosa rischio, non so un cazzo di niente e un cazzo di niente voglio sapere, perchè un ferro da stiro è un ferro da stiro e non potrà mai essere uno scooter. E questa la voglio mandare via email a Bersani, che son certo la apprezzerà.
Io, intanto, nella nota della spesa ho scritto: "Mele, cazzo!".
E adesso vado a bermi un paio di Americani al bar, perchè ho bisogno di schiarirmi le idee e capire se dovrei essere più depresso o no.
Perchè a me mi sa di sì, mi sa che dovrei.
Pagine
mercoledì 4 settembre 2013
venerdì 30 agosto 2013
Dignità
There's a man I meet
Walks up our street
He's a worker for the council
Has been twenty years
And he takes no lip off nobody
And litter off the gutter
Puts it in a bag
And never thinks to mutter
And he packs his lunch in a Sunblest bag
The children call him Bogie
He never lets on
But I know 'cause he once told me
He let me know a secret
About the money in his kitty
He's gonna buy a dinghy
Gonna call her Dignity
And I'll sail her up the west coast
Through villages and towns
I'll be on my holidays
They'll be doing their rounds
They'll ask me how I got her I'll say
I saved my money
They'll say isn't she pretty
That ship called Dignity
And I'm telling this story
In a faraway scene
Sipping down Raki
And reading Maynard Keynes
And I'm thinking about home
And all that means
And a place in the winter
For Dignity
And I'll sail her up the west coast
Through villages and towns
I'll be on my holidays
They'll be doing their rounds
They'll ask me how I got her I'll say
I saved my money
They'll say isn't she pretty
That ship called Dignity
Set it up set it up set it up set it up set it up set it up
Yeah set it up again set it up again set it up again set it up again
Set it up set it up set it up set it up set it up set it up
Yeah set it up again set it up again set it up again set it up again
And I'm thinking about home
And I'm thinking about faith
And I'm thinking about work
And I'm thinking
How good it would be
To be here some day
On a ship called Dignity
A ship called Dignity
That ship
Walks up our street
He's a worker for the council
Has been twenty years
And he takes no lip off nobody
And litter off the gutter
Puts it in a bag
And never thinks to mutter
And he packs his lunch in a Sunblest bag
The children call him Bogie
He never lets on
But I know 'cause he once told me
He let me know a secret
About the money in his kitty
He's gonna buy a dinghy
Gonna call her Dignity
And I'll sail her up the west coast
Through villages and towns
I'll be on my holidays
They'll be doing their rounds
They'll ask me how I got her I'll say
I saved my money
They'll say isn't she pretty
That ship called Dignity
And I'm telling this story
In a faraway scene
Sipping down Raki
And reading Maynard Keynes
And I'm thinking about home
And all that means
And a place in the winter
For Dignity
And I'll sail her up the west coast
Through villages and towns
I'll be on my holidays
They'll be doing their rounds
They'll ask me how I got her I'll say
I saved my money
They'll say isn't she pretty
That ship called Dignity
Set it up set it up set it up set it up set it up set it up
Yeah set it up again set it up again set it up again set it up again
Set it up set it up set it up set it up set it up set it up
Yeah set it up again set it up again set it up again set it up again
And I'm thinking about home
And I'm thinking about faith
And I'm thinking about work
And I'm thinking
How good it would be
To be here some day
On a ship called Dignity
A ship called Dignity
That ship
Il chiosco
E allora cosa succede, succede che il Tazio, nella sua più buia e travagliata parabola discendente (ammesso che ve ne sia mai stata una ascendente), quella sera si mescola all'estiva plebe di città e va a bersi, rigorosamente in solitaria, un birrino fresco al chiosco del parco che c'ha anche i tavolini di ferro con le sedie di ferro che fanno quello sferragliamento insopportabile sulla ghiaina bianca, avvolto dalla sua aura di sfiga cronica che lo caratterizza in maniera univoca.
Il Tazio sta lì, appoggiato al banco a pensare a fava, sorseggiando una Moretti Baffo D'Oro che, a un tratto, da non sa nemmeno lui dove, sbuca una Cougar, una di quelle d'assalto, una d'arrembaggio, una di quelle made in china per quanta roba finta c'ha addosso, a partire da un improbabile bracciale di Bulgari, per continuare con la lunga biondaggine platinata infingarda, tradita da nera ricrescita dozzinale, per finire con due meloni di silicone purissimo che non le sarebbero stati addosso da veri manco vent'anni prima perchè costei è alta, magra, slanciata e si vede che è (giustamente) da tettina piccola, ma tant'è.
La Cougar abborda il Tazio con la più melensa delle ragioni e il Tazio la guarda nel suo vacuo blaterare e considera alcune cose essenziali, come è nella natura del Tazio riflessivo e di buonsenso: ha veramente dei bei piedi scopabilissimi e delle belle mani, delle belle gambe, dei bei lineamenti del viso, un naso sottile e ben (ri?)fatto, una bella bocca luminosa di denti candidi di fabbrica e un'abbronzatura non esagerata, un buon profumo e, complessivamente, quell'aria da troia che su una Cougar, probabilmente alla soglia dei cinquanta, non guasta affatto.
La Cougar parla e il Tazio le offre da bere, costei ordina un mojito d'ordinanza e si accoccola al banco facendo moine e mossette compulsive, come quella di scodazzare la chioma da una parte per assumere lo sguardo felino a cui manca solo un grrrr d'accompagnamento, sbattendo fatale le ciglione sugli occhi azzurri, il cui colore si auspica non derivi da lenti a contatto colorate.
Il tema si snoda su un noioso "ma io sono convinta che ci siamo già visti" e il Tazio asseconda, un po' per assenza di energia utile al contrasto verso l'agguerita fiera selvaggia, un po' nella pragmatica considerazione keynesiana che non chiava da un pezzo e che 'sto tronco di troia potrebbe porre rimedio ai bisogni innalzando l'utilità marginale e abbattendo il costo della zoccola stradale di prassi notturna in crisi di astinenza.
E così il Tazio, che è farabutto in entrambe le eliche del DNA, comincia a chiedere se conosce la Daniela, il Fausto, la Sonia, Roberto, Marcello, Silvano, Deodato e Raniero, inventando nomi e situazioni inesistenti per allungare il tempo di approccio e sistemare con sapienza, qui e lì, consunte battute in ottimo stato di conservazione, alle quali la Cougar ride con anche troppo entusiasmo, a siglare ce c'è simpatia tra di noe, invitando il Tazio a progredire sul terreno della conquista.
La Cougar gli ricorda blandamente la Ade, seppur ogni paragone con la Ade è pura eresia, perchè la Dea Ade è unica, mitologica, suprema ed inafferrabile, ma tale vago ricordo lo culla sull'onda dei quesiti, quesiti eistenziali e saggiamente adulti, quesiti del tipo "Se la raserà la topa?", "Si farà inculare?" ed altre domande che un uomo che vive col suo tempo e la performàns deve porsi.
Dopo tre mojiti e quattro Baffo D'Oro il Tazio bastardo, perfettamente conscio del ruolo di avvocato difensore dell'alcol, seppure il quantitativo ingerito non fosse utile manco per sogno a troncare i tubi dell'olio dei freni inibitori, pone la sua mano sul sensuale ginocchio della Cougar e, avvicinandosi al suo orecchio, snocciola in maniera asciutta, seppur fascinosa, alcune porcherie riguardanti la sua lingua e le natiche di lei, sortendo un riso molle apparentemente (ed insostenibilmente) imbarazzato e da lì ridi ridi che ti riridi e nell'arco di una mezz'orata il Tazio e la Cougar giacevano ridanciani ed ignudi nella topaia temporanea del Tazio situata nel capoluogo di provincia taziale.
Topa pelata, tatuaggio tribale sopra lo spacco del culo, piercing all'ombelico, tette marmoree causa inserimento protesi, la Cougar era proprio un bel pezzo di scrofa da monta, magari un tantino troppo marcata nella teatralità scesciuale, ma a tale nota fessa il Tazio poneva sapiente rimedio ingozzandola di solido e robusto cazzo rampazzo che le impediva mugugni esagerati, indirizzando la sua bocca verso usi che ne valorizzavano maggiormente le qualità. La linguagione sulle morbide carni trovava ampio spazio, preludendo a crescenti scenari di ficcagione proficua, con sempre più probabili ipotesi di inculagione, dato il piacere che le dita da pianista del Tazio producevano infrattandosi birbone nel polposo ano, leggermente estroflesso da una probabile sofferenza emorroidale. La tensione virava verso l'unica convergenza possibile, ovvero l'occlusione del bucone ficale a mezzo pennone di carne di porco, se non che la Cougarona in calore, con ansimante voce scesciuale pone un quesito alieno, spiazzante, stordente.
"Ce l'hai?", chiede la Cougarona al Tazione, ed egli capisce d'impatto che il quesito non è certo riferito al tronco di puro porco crudo che gli svetta tra le gambe, ma al famigerato preservativo. Il Tazio si vede costretto a dire che no, che lui non ce l'ha, ribaltando il quesito alla Cougar che, sollevando la chioma con aria improvvisamente non più ridanciana e nettamente meno scesciuale, sancisce un secco e financo seccato "No".
Inutili i tentativi del Tazio di proporre ugualmente la ficcagione, poichè la Cougarona, in preda ad un improvviso cambio di umore, non certo vaginale, prende a vestirsi stizzita, borbottando insulti tollerabili al Tazio, sprovveduto e sfigato, imponendogli lezioncine su ciò che si deve avere in casa se si accetta una serata "trasgressiva" e, dopo essersi arrampicata sui sabottoni da cui si era calata nemmeno mezz'ora prima, lo saluta seccata avviandosi alla porta ed il Tazio, meschino e vigliacco, tenta vanamente di strapparle un numero di telefono, puntualmente negato in corrispondenza dello sbattimento deciso dell'uscio della topaia.
Il Tazio siede sul letto osservando la maestosa erezione che svetta incurante dello stato d'animo dell'uomo inutile che scivola lentamente lungo il pendio dell'inettitudine persino nel settore che lo ha visto incontrastato imperatore per secoli e, come gli eventi della sua vita di questi tempi, il Tazio si piega alle necessità del suo trivellone e incomincia una sega lenta, riavvolgendo la bobina delle immagini recenti dei buchi slabbrati di quella vecchia troia di merda che Satana se la porti affanculo e viene, rigorosamente in solitaria, ammantato (seppur ignudo) da una finissima stola di sfiga pregiata.
Il Tazio sta lì, appoggiato al banco a pensare a fava, sorseggiando una Moretti Baffo D'Oro che, a un tratto, da non sa nemmeno lui dove, sbuca una Cougar, una di quelle d'assalto, una d'arrembaggio, una di quelle made in china per quanta roba finta c'ha addosso, a partire da un improbabile bracciale di Bulgari, per continuare con la lunga biondaggine platinata infingarda, tradita da nera ricrescita dozzinale, per finire con due meloni di silicone purissimo che non le sarebbero stati addosso da veri manco vent'anni prima perchè costei è alta, magra, slanciata e si vede che è (giustamente) da tettina piccola, ma tant'è.
La Cougar abborda il Tazio con la più melensa delle ragioni e il Tazio la guarda nel suo vacuo blaterare e considera alcune cose essenziali, come è nella natura del Tazio riflessivo e di buonsenso: ha veramente dei bei piedi scopabilissimi e delle belle mani, delle belle gambe, dei bei lineamenti del viso, un naso sottile e ben (ri?)fatto, una bella bocca luminosa di denti candidi di fabbrica e un'abbronzatura non esagerata, un buon profumo e, complessivamente, quell'aria da troia che su una Cougar, probabilmente alla soglia dei cinquanta, non guasta affatto.
La Cougar parla e il Tazio le offre da bere, costei ordina un mojito d'ordinanza e si accoccola al banco facendo moine e mossette compulsive, come quella di scodazzare la chioma da una parte per assumere lo sguardo felino a cui manca solo un grrrr d'accompagnamento, sbattendo fatale le ciglione sugli occhi azzurri, il cui colore si auspica non derivi da lenti a contatto colorate.
Il tema si snoda su un noioso "ma io sono convinta che ci siamo già visti" e il Tazio asseconda, un po' per assenza di energia utile al contrasto verso l'agguerita fiera selvaggia, un po' nella pragmatica considerazione keynesiana che non chiava da un pezzo e che 'sto tronco di troia potrebbe porre rimedio ai bisogni innalzando l'utilità marginale e abbattendo il costo della zoccola stradale di prassi notturna in crisi di astinenza.
E così il Tazio, che è farabutto in entrambe le eliche del DNA, comincia a chiedere se conosce la Daniela, il Fausto, la Sonia, Roberto, Marcello, Silvano, Deodato e Raniero, inventando nomi e situazioni inesistenti per allungare il tempo di approccio e sistemare con sapienza, qui e lì, consunte battute in ottimo stato di conservazione, alle quali la Cougar ride con anche troppo entusiasmo, a siglare ce c'è simpatia tra di noe, invitando il Tazio a progredire sul terreno della conquista.
La Cougar gli ricorda blandamente la Ade, seppur ogni paragone con la Ade è pura eresia, perchè la Dea Ade è unica, mitologica, suprema ed inafferrabile, ma tale vago ricordo lo culla sull'onda dei quesiti, quesiti eistenziali e saggiamente adulti, quesiti del tipo "Se la raserà la topa?", "Si farà inculare?" ed altre domande che un uomo che vive col suo tempo e la performàns deve porsi.
Dopo tre mojiti e quattro Baffo D'Oro il Tazio bastardo, perfettamente conscio del ruolo di avvocato difensore dell'alcol, seppure il quantitativo ingerito non fosse utile manco per sogno a troncare i tubi dell'olio dei freni inibitori, pone la sua mano sul sensuale ginocchio della Cougar e, avvicinandosi al suo orecchio, snocciola in maniera asciutta, seppur fascinosa, alcune porcherie riguardanti la sua lingua e le natiche di lei, sortendo un riso molle apparentemente (ed insostenibilmente) imbarazzato e da lì ridi ridi che ti riridi e nell'arco di una mezz'orata il Tazio e la Cougar giacevano ridanciani ed ignudi nella topaia temporanea del Tazio situata nel capoluogo di provincia taziale.
Topa pelata, tatuaggio tribale sopra lo spacco del culo, piercing all'ombelico, tette marmoree causa inserimento protesi, la Cougar era proprio un bel pezzo di scrofa da monta, magari un tantino troppo marcata nella teatralità scesciuale, ma a tale nota fessa il Tazio poneva sapiente rimedio ingozzandola di solido e robusto cazzo rampazzo che le impediva mugugni esagerati, indirizzando la sua bocca verso usi che ne valorizzavano maggiormente le qualità. La linguagione sulle morbide carni trovava ampio spazio, preludendo a crescenti scenari di ficcagione proficua, con sempre più probabili ipotesi di inculagione, dato il piacere che le dita da pianista del Tazio producevano infrattandosi birbone nel polposo ano, leggermente estroflesso da una probabile sofferenza emorroidale. La tensione virava verso l'unica convergenza possibile, ovvero l'occlusione del bucone ficale a mezzo pennone di carne di porco, se non che la Cougarona in calore, con ansimante voce scesciuale pone un quesito alieno, spiazzante, stordente.
"Ce l'hai?", chiede la Cougarona al Tazione, ed egli capisce d'impatto che il quesito non è certo riferito al tronco di puro porco crudo che gli svetta tra le gambe, ma al famigerato preservativo. Il Tazio si vede costretto a dire che no, che lui non ce l'ha, ribaltando il quesito alla Cougar che, sollevando la chioma con aria improvvisamente non più ridanciana e nettamente meno scesciuale, sancisce un secco e financo seccato "No".
Inutili i tentativi del Tazio di proporre ugualmente la ficcagione, poichè la Cougarona, in preda ad un improvviso cambio di umore, non certo vaginale, prende a vestirsi stizzita, borbottando insulti tollerabili al Tazio, sprovveduto e sfigato, imponendogli lezioncine su ciò che si deve avere in casa se si accetta una serata "trasgressiva" e, dopo essersi arrampicata sui sabottoni da cui si era calata nemmeno mezz'ora prima, lo saluta seccata avviandosi alla porta ed il Tazio, meschino e vigliacco, tenta vanamente di strapparle un numero di telefono, puntualmente negato in corrispondenza dello sbattimento deciso dell'uscio della topaia.
Il Tazio siede sul letto osservando la maestosa erezione che svetta incurante dello stato d'animo dell'uomo inutile che scivola lentamente lungo il pendio dell'inettitudine persino nel settore che lo ha visto incontrastato imperatore per secoli e, come gli eventi della sua vita di questi tempi, il Tazio si piega alle necessità del suo trivellone e incomincia una sega lenta, riavvolgendo la bobina delle immagini recenti dei buchi slabbrati di quella vecchia troia di merda che Satana se la porti affanculo e viene, rigorosamente in solitaria, ammantato (seppur ignudo) da una finissima stola di sfiga pregiata.
venerdì 9 agosto 2013
Lunghissima sintesi dell'ennessima cazzata (noioso - non leggere)
A ficcarsi nei cazzi ingarbugliati ci vuole un fisico allenato, mica un fisico da boccette tornito al bar da Adelmo.
Giovedì primo agosto
Col favore delle tenebre e delle ferie dell'agenzia di produzione, di cui io sono ancora socio minoritario ed il Costa è operatore, ci introduciamo nei locali della medesima grazie alla disattivazione dell'allarme ad opera del Costaganzo.
Arraffiamo due cam Canon XL H1S, microfoni, unità audio, banchi luce, spotlight, uno stabilizzatore addominale e una Mark III, più una borsa di obiettivi serie bianca, un generatore, 30 metri di cavo, batterie, due MacBook Pro e li carichiamo nell' Ulysse rossobordò del Costa che ha sostiuito il defunto e mai dimenticato Vito Mercedes verniciato di nero opaco con le bombolette spray.
Riattiviamo l'allarme e mettiamo in moto il catorcio da mille euro con a bordo sessantamila euro di attrezzatura non nostra e sottratta con l'inganno, facendo indomita prua verso il casello dell'autostrada, che abbiamo imboccato alle ore 23:17, destinazione Brennero. Turni di guida fissati: io guido fino a Rosenheim, Germania, dove prende il volante il Costa e guida fino a Praga. Chilometri totali circa mille, tempo di arrivo previsto circa mezzogiorno del due agosto. Un piano che si prefigura perfetto sin dal suo embrione.
Dopo meno di un'ora di viaggio il telefono del Costa squilla, presentando sul display un agghiacciante nome, identico a quello dell'attuale direttore dell'agenzia che, avvisato telefonicamente da un combinatore automatico collegato al sistema d'allarme, ma anche alla locale stazione dell'Arma, era al corrente dell'inusuale disattivazione e riattivazione dell'allarme e stava compiendo una ricognizione su chi era entrato ed aveva attivato e disattivato. Ricognizione condotta in compagnia di due Carabinieri per nulla di buon umore.
Il Costagenio farfuglia due cazzate, avevo lasciato il cellulare e l'ho ripreso, la belva se la beve, i Carabinieri pure e in un mazzetto di vaffanculo del signor direttore la conversazione si chiude ed il Costa mi guarda sdrumandosi la fronte con un sorriso, dicendomi "Ge la ziamo vishta bruttha atTà?" al che io mi premuro di puntualizzare due cose: 1 - TE LA SEI vista brutta perchè 'sta roba è anche mia, 2 - prega san Randazzo da Pistone che i Carabinieri non abbiano chiuso dicendo "Vuole dare una controllata che non manchi nulla?", perchè abbiamo (no, scusa, HAI) saccheggiato pressochè tutto.
E nel silenzio meditabondo la simpatica vetturetta di marca nazionale ha continuato la sua marcia verso il confine austriaco.
All'altezza di una graziosa zona nel meraviglioso nulla notturno, le mie fosche pupille osservano il termometro dell'acqua, vedendo che la sbarazzina lancetta si collocava nella zona rossa che, essendo la lancetta bianca, costituiva un gradevole accostamento cromatico, gradito assai anche dal radiatore che, dopo poche centinaia di metri, entusiasticamente emetteva un giocoso e poderoso geyser di vapore pulcherrimo.
Accosto bestemmiando e domando al Costacazzo se, in visione di un viaggio di mille chilometri, avesse fatto ripassare i fondamentali a quella merda di macchina.
"MinghiaTà sì cazzommmerd, ci ho messo l'olio, lattìsel (il gasuoliuo) e l'acqua del tercigrisdallo".
Giusto.
Quando si fonde è basilare osservare chiramente il panorama. Specialmente di notte.
Però nulla di grave, suvvia: in nemmeno tre ore e mezzo di traversie di cui vi risparmio i dettagli, eravamo nuovamente on the road, che il sole cominciava a farci ciao ciao ed eravamo ancora in Italia.
Per cui direi, per onore del cronoracconto, di aprire un nuovo paragrafo.
Venerdì 2 agosto
Passiamo il Brennero a giorno fatto e tiriamo verso Innsbruck. Non ci si ferma manco per pisciare, l'ho deciso io. Mi pianto a centosessanta, che di più quel papilloma maligno non andava e infrango circa settecentodue articoli del codice della strada austriaco, ma me ne fotto. Io non esisto. L'Ulysse è suo, l'attrezzatura è mia e io non so niente.
Attraverso l'Austria di nervi, non alzo mai il piede dall'acceleratore, me ne fotto del Costa che piagnucola "Ci fai prendere affuoco Tà" e mi fermo a fare carburante col motore acceso, che guai se l'aria condizionata perde un piconano grado che fuori è l'inferno.
Guido come un automa, me ne fotto dei cambi guida e a velocità massima taglio il confine tedesco, con direzione irrevocabile Munchen, che passo, virando a nord est verso la Repubblica Ceca, a manetta, quando a Vohenstrauss, ad un passo dal confine, mi sento male.
Ore quattordici, molto caldo, quattordici ore di guida a digiuno, traversie, mi sento girare la testa, inchiodo e accosto a destra. Costainfermiera mi bagna, mi idrata, mi salinizza, mi stende, mi massaggia, mi cambia, mi nutre e mi piscia e in un'oretta sono nuovo come uscito dalla fabbrica. E cedo il volante. E finalmente entriamo nella Repubblica Ceca.
Ed alle ore sedici e ventidue, finalmente, vedo un cartello che dice "PRAHA".
Sabato 3 agosto
Abbiamo alloggiato per una notte all'Hotel Tourist in zona Praga 5, una topaia che una cella di Poggioreale sembra l'Hilton. Trasportiamo tutta la roba nel nostro nido d'amore, con l'aria condizionata non funzionante, il linoleum mezzo staccato nel cesso e un water di color verdechirurgico. Mangiamo, nudi sul letto, della roba incomprensibile che il Costa procura all'angolo e poi cediamo al sonno, pur essendo che il culo peloso del Costa qualche pensierino me lo mette.
Ma finalmente viene mattina ed il Costa s'attacca al telefono col suo uomo di fiducia. Più che al telefono si attacca al cazzo, perchè questo sacco di merda non risponde fino alle tre del pomeriggio. Dicendoci che il luogo di incontro sarebbe stato in un quartiere periferico di Praga, Praga 20, in una strada impossibile da capire, ma possibile da leggere via sms, per cui ok, ci dirigiamo lì, dove una certa Veronika ci avrebbe spiegato tutto.
E andiamo, non con poche difficoltà.
Veronika parla inglese alla perfezione, grazie a dio. E' accompagnata da Yashi di Rambo II, un ceco di dimensioni anomale che non parla nessuna lingua, come il Costa.
Ci fanno strada verso un'anonima casetta di un quartiere ancora più in là, che presumo possa essere numerato Praga 99.999. Villettina trasandata anni cinquanta, due piani, giardino secco, strada polverosa e rotta.
In termine tecnico, la location.
"Non si gira sino a lunedì" mi spiega l'anoressica ragazzetta poco più che maggiorenne che scopro rappresentare l'agenzia di casting. "Ok" dico io "ma fino a lunedì possiamo dormire qui che c'abbiamo millantamila miliardi di triliardi di attrezzatura?" - "Certo" mi dice lei, che tanto che cazzo gliene frega?
E ci abbandonano al nostro buffo destino.
"Senti Coso" dico al Costa "vedi se tante volte quel coglione dell'amico tuo viene qui e ci dà la metà dei quattrini come stabilito" e il Costaobbediente si attacca al telefono per delle ore, mentre io mi sollazzo nudo sotto il portico con una birra gelata che il frigo ne era pieno ed io stavo andando a fuoco per il caldo infernale.
Ma l'amico non risponde, non risponde, non risponde sino alle venti, ora in cui dice che lunedì mattina sarebbe stato lì con l'anticipo.
E da lì, l'oblio.
Praga 99.999 non è esattamente il Sunset Boulevard e io avevo fame. Il Costasolerte si veste e va in missione cibi e io rimango lì, nudo, sudato, pervaso da una sensazione di aver toccato il fondo che mi amareggia.
La casa puzza, tutte le stanze sono chiuse a chiave tranne la matrimoniale, il soggiorno, il cesso e la cucina.
Ho una sensazione di depressione sovietica che mi schiaccia in ginocchio.
Dopo un'ora e mezza torna il Costamamma con la pappa: scuri salumi sospetti, un pane sospetto, dei dolci sospetti, venti bottiglie di birra e sei bottiglie di vodka.
Mangiamo come i maiali, ruttando e scorreggiando, ci ingozziamo di birra, ci ingozziamo di vodka e alla fine, duri come delle bestie, sudati e puzzolenti, ci ingozziamo dei reciproci cazzi e culi.
Ci inculiamo avidi per tutta la notte, dolorosamente, appassionatamente, maschilmente.
Veniamo decine di volte e decine di volte ricominciamo, spalmandoci il sudore sulla pelle, leccandoci, grugnendo, puzzando, osceni, stupendi prodotti di questo mondo meraviglioso.
E poi crolliamo addormentati come una coppia innamorata.
Domenica 4 agosto
Sveglia all'alba: ore sedici. Nessuna traccia di caffè in casa, ma cazzomerda Costatroia, non riesci a pensare oltre i venti minuti? Doccia veloce, braghine di maglina, canotta e Hawaianas: caccia al bar. E troviamo una specie di coso che fa caffè turco. Una merda devastante. Ci sediamo, abbondantemente danneggiati e osserviamo.
Osserviamo quella che pare una leggenda metropolitana, ma che invece è una realtà, a Praga 99.997: le donne sono tutte fighe. Tutte. E lavorano con gli occhi che è una roba che ti pare di essere in una clamorosa Candid Camera. Pauroso.
Al Costa spunta un pirillo difficilmente occultabile, ma lo capisco: anche il mio si scappella davanti a culi menati a quel modo e (s)coperti a quel modo.
A un certo punto Costacolto mi sussurra "Oh Tà, minghia, ci andiamo a buttane stasera?" tormentandosi compulsivamente la minchia.
"No Costamore, non stasera. Dobbiamo essere lucidi per domani"
E con aria triste, il mio amico fraterno proveniente dal Pianeta delle Scimmie, accetta con disciplina.
Lunedì 5 agosto
Ore nove dlindlon. Veronika e Yashi sono alla porta. Entrano risoluti, aprono le porte chiuse, Yashi parla duro al telefono, l'anoressica mi chiede se siamo pronti. Il Costa fa "sì" con la testa sorridente e io lo blocco spiegando alla Pelleossa che non siam pronti fava se non arrivano i nostri soldi.
P&O mi dice che non è un problema suo, che lei si occupa del casting, che i nostri accordi con la "produzione" non la riguardano, ma che anzi, ci ritiene responsabili del costo dei "modelli" se non si gira. Al che i coglioni mi vanno al calor bianco e dico al Costa di rintracciare quel sacco di merda, viceversa io carico la macchina e torno nella bassa.
Il Costa si applica, Yashi si innervosisce, l'anoressica gli bestemmia in ceco mentre io bestemmio in italiano al Costa che, ovviamente, non riceve risposta dal sacco di merda.
Passano le ore, arrivano le undici e con le undici arrivano i "modelli" in ordine sparso: una, due, tre, poi quattro, cinque, sei, sette, poi otto, nove, dieci coppie che diventano quindici sul fare dell'una.
Caldo devastante, sudiamo come i maiali, ma del sacco di merda manco l'ombra.
Poi, finalmente, con comodo, alle quindici arriva.
"Ho avuto un contrattempo, scusate" esordisce porgendo al Costa la busta.
"Conta" gli dico io con ira incontenibile.
"Ci sono tutti Tà, la metà secc, te l'avevo dett è namic"
Il sacco di merda mi squadra, le mani in tasca, espressione di disprezzo e dice "Adesso facci vedere tu se li vali, invece di rompere i coglioni".
C'era un film con Al Pacino, non mi ricordo il nome, in cui lui, boss della mala italo americano diceva sempre "Stai pisciando sull'albero sbagliato amico", ve lo ricordate?
Beh, mi è montato il sangue alla testa.
D'istinto l'ho sollevato per la camicia e inchiodato al muro, appoggiando la punta del mio naso al suo, sibilandogli "Stronzo, prova a fottermi e ti giuro sulla testa di quella gran troia di tua madre che ti stano in qualsiasi cagatoio di Praga tu vada a nasconderti."
Il putiferio.
Yashi mi stacca (sti cazzi, meglio averlo per amico) quello urla, Costa urla, tutti urlano. Poi smettono. E nel silenzio solo uno continuava a urlare minchiate sui professionisti, su che pezzo di merda sfigato io fossi, che lui ci si pulisce il culo con quei quattro soldi che ancora mi deve e che a fine girato sarebbe stato qui, coi soldi da sbattermi in faccia.
E se ne va.
Beviamo tutti diverse vodke, ci rilassiamo, ci raffreddiamo, per quanto possibile a 40 gradi.
Dopo un'oretta eravamo in mezzo a trenta esseri umani che davano vita ad un'orgia maleodorante, chiusi in una stanza bollente con le finestre chiuse, a riprendere scadenti prodezze sessuali operate da scadenti corpi di scadente erotismo. Per circa quattro ore, al termine delle quali, negli effluvi di ascella, sborra, piscio e piedi, i "modelli" hanno abbandonato la "location".
Martedì 6 agosto
Nella notte riverso su DVD il materiale e lo preparo, mentre il Costa telefona incessantemente all'amico merda.
Alle tre del mattino gli ordino, non senza ricevere recalcitranti lamentele, di scrivere il seguente sms: "Lavoro finito e riversato. Se entro un'ora non sei qui col danaro partiamo e ce ne andiamo tornando a casa con TUTTO."
Dopo un quarto d'ora l'amico merda si fa vivo e vuole incontrare SOLO il Costa in un locale di Praga 16.550, con i DVD e i master. Mi incazzo e dico che non esiste, ma poi ragiono e dico vai, vai e risolvi e torna coi soldi.
Gli chiamo un taxi, lui parte, io resto.
Mercoledì 7 agosto
Lo rivedo tornare alle sei e dodici.
Senza soldi, senza DVD e master.
"Tà tettidevi calmare frate e rilazzare, quello non ci vuole ingulare."
"No?"
"Mannò Tà è che ccià problemi di liquidità ma quello paga frate, fitati"
"Tu ti fidi di lui Costa?"
"Eccett Tà"
"Ottimo, son contento. Allora adesso ti dico come faremo. Io parto con la MIA metà, ok? Tu aspetti qui la tua. Tanto è ovvio che te li darà, giusto frate? Poi appena hai i soldi, prendi quel budello merdoso con le ruote, parti a razzo e porti la roba in agenzia, che sia mai che qualcuno venga a sapere, mi spiego? Nel frattempo rifletti su cosa dire quando vedranno che l'allarme è stato disattivato e riattivato per la seconda volta. Potresti dire, ad esempio, che ti eri dimenticato il cervello. No, no, il cervello no. Non se la bevrebbero."
Venerdì 9 agosto, ore 00:45
Siedo in infradito, bermuda e camicia nel retro della Solita, bevendo una Nastro Azurro nella mia confortevole solitudine, un po' più ricco e un po' più sfiancato.
La Marghe si accende una Merit e si siede al mio tavolo.
Si è separata dal marito, vive coi figli in un paese qui vicino dove ha trovato un mini.
"Te la bevi una birretta con me Marghe?"
"Massì" e dice a Yussuf di portargliene una.
"Come gira?" chiedo, sapendo la risposta.
"Una merda" mi risponde guardando il bicchiere.
Pausa.
"Erano buoni i gnocchi?" mi chiede.
"Superbi" rispondo e lei sorride triste.
Sono ubriachello, ne ho bevute ventisei e allora mi butto.
"Sai una cosa Marghe?"
"No"
"Ti chiaverei per una settimana intera"
Pausa.
"Sai una cosa Tazio?"
"No"
"Non me ne frega più un cazzo del sesso da anni."
E abbiam bevuto una birra.
Ed eccomi qua.
Giovedì primo agosto
Col favore delle tenebre e delle ferie dell'agenzia di produzione, di cui io sono ancora socio minoritario ed il Costa è operatore, ci introduciamo nei locali della medesima grazie alla disattivazione dell'allarme ad opera del Costaganzo.
Arraffiamo due cam Canon XL H1S, microfoni, unità audio, banchi luce, spotlight, uno stabilizzatore addominale e una Mark III, più una borsa di obiettivi serie bianca, un generatore, 30 metri di cavo, batterie, due MacBook Pro e li carichiamo nell' Ulysse rossobordò del Costa che ha sostiuito il defunto e mai dimenticato Vito Mercedes verniciato di nero opaco con le bombolette spray.
Riattiviamo l'allarme e mettiamo in moto il catorcio da mille euro con a bordo sessantamila euro di attrezzatura non nostra e sottratta con l'inganno, facendo indomita prua verso il casello dell'autostrada, che abbiamo imboccato alle ore 23:17, destinazione Brennero. Turni di guida fissati: io guido fino a Rosenheim, Germania, dove prende il volante il Costa e guida fino a Praga. Chilometri totali circa mille, tempo di arrivo previsto circa mezzogiorno del due agosto. Un piano che si prefigura perfetto sin dal suo embrione.
Dopo meno di un'ora di viaggio il telefono del Costa squilla, presentando sul display un agghiacciante nome, identico a quello dell'attuale direttore dell'agenzia che, avvisato telefonicamente da un combinatore automatico collegato al sistema d'allarme, ma anche alla locale stazione dell'Arma, era al corrente dell'inusuale disattivazione e riattivazione dell'allarme e stava compiendo una ricognizione su chi era entrato ed aveva attivato e disattivato. Ricognizione condotta in compagnia di due Carabinieri per nulla di buon umore.
Il Costagenio farfuglia due cazzate, avevo lasciato il cellulare e l'ho ripreso, la belva se la beve, i Carabinieri pure e in un mazzetto di vaffanculo del signor direttore la conversazione si chiude ed il Costa mi guarda sdrumandosi la fronte con un sorriso, dicendomi "Ge la ziamo vishta bruttha atTà?" al che io mi premuro di puntualizzare due cose: 1 - TE LA SEI vista brutta perchè 'sta roba è anche mia, 2 - prega san Randazzo da Pistone che i Carabinieri non abbiano chiuso dicendo "Vuole dare una controllata che non manchi nulla?", perchè abbiamo (no, scusa, HAI) saccheggiato pressochè tutto.
E nel silenzio meditabondo la simpatica vetturetta di marca nazionale ha continuato la sua marcia verso il confine austriaco.
All'altezza di una graziosa zona nel meraviglioso nulla notturno, le mie fosche pupille osservano il termometro dell'acqua, vedendo che la sbarazzina lancetta si collocava nella zona rossa che, essendo la lancetta bianca, costituiva un gradevole accostamento cromatico, gradito assai anche dal radiatore che, dopo poche centinaia di metri, entusiasticamente emetteva un giocoso e poderoso geyser di vapore pulcherrimo.
Accosto bestemmiando e domando al Costacazzo se, in visione di un viaggio di mille chilometri, avesse fatto ripassare i fondamentali a quella merda di macchina.
"MinghiaTà sì cazzommmerd, ci ho messo l'olio, lattìsel (il gasuoliuo) e l'acqua del tercigrisdallo".
Giusto.
Quando si fonde è basilare osservare chiramente il panorama. Specialmente di notte.
Però nulla di grave, suvvia: in nemmeno tre ore e mezzo di traversie di cui vi risparmio i dettagli, eravamo nuovamente on the road, che il sole cominciava a farci ciao ciao ed eravamo ancora in Italia.
Per cui direi, per onore del cronoracconto, di aprire un nuovo paragrafo.
Venerdì 2 agosto
Passiamo il Brennero a giorno fatto e tiriamo verso Innsbruck. Non ci si ferma manco per pisciare, l'ho deciso io. Mi pianto a centosessanta, che di più quel papilloma maligno non andava e infrango circa settecentodue articoli del codice della strada austriaco, ma me ne fotto. Io non esisto. L'Ulysse è suo, l'attrezzatura è mia e io non so niente.
Attraverso l'Austria di nervi, non alzo mai il piede dall'acceleratore, me ne fotto del Costa che piagnucola "Ci fai prendere affuoco Tà" e mi fermo a fare carburante col motore acceso, che guai se l'aria condizionata perde un piconano grado che fuori è l'inferno.
Guido come un automa, me ne fotto dei cambi guida e a velocità massima taglio il confine tedesco, con direzione irrevocabile Munchen, che passo, virando a nord est verso la Repubblica Ceca, a manetta, quando a Vohenstrauss, ad un passo dal confine, mi sento male.
Ore quattordici, molto caldo, quattordici ore di guida a digiuno, traversie, mi sento girare la testa, inchiodo e accosto a destra. Costainfermiera mi bagna, mi idrata, mi salinizza, mi stende, mi massaggia, mi cambia, mi nutre e mi piscia e in un'oretta sono nuovo come uscito dalla fabbrica. E cedo il volante. E finalmente entriamo nella Repubblica Ceca.
Ed alle ore sedici e ventidue, finalmente, vedo un cartello che dice "PRAHA".
Sabato 3 agosto
Abbiamo alloggiato per una notte all'Hotel Tourist in zona Praga 5, una topaia che una cella di Poggioreale sembra l'Hilton. Trasportiamo tutta la roba nel nostro nido d'amore, con l'aria condizionata non funzionante, il linoleum mezzo staccato nel cesso e un water di color verdechirurgico. Mangiamo, nudi sul letto, della roba incomprensibile che il Costa procura all'angolo e poi cediamo al sonno, pur essendo che il culo peloso del Costa qualche pensierino me lo mette.
Ma finalmente viene mattina ed il Costa s'attacca al telefono col suo uomo di fiducia. Più che al telefono si attacca al cazzo, perchè questo sacco di merda non risponde fino alle tre del pomeriggio. Dicendoci che il luogo di incontro sarebbe stato in un quartiere periferico di Praga, Praga 20, in una strada impossibile da capire, ma possibile da leggere via sms, per cui ok, ci dirigiamo lì, dove una certa Veronika ci avrebbe spiegato tutto.
E andiamo, non con poche difficoltà.
Veronika parla inglese alla perfezione, grazie a dio. E' accompagnata da Yashi di Rambo II, un ceco di dimensioni anomale che non parla nessuna lingua, come il Costa.
Ci fanno strada verso un'anonima casetta di un quartiere ancora più in là, che presumo possa essere numerato Praga 99.999. Villettina trasandata anni cinquanta, due piani, giardino secco, strada polverosa e rotta.
In termine tecnico, la location.
"Non si gira sino a lunedì" mi spiega l'anoressica ragazzetta poco più che maggiorenne che scopro rappresentare l'agenzia di casting. "Ok" dico io "ma fino a lunedì possiamo dormire qui che c'abbiamo millantamila miliardi di triliardi di attrezzatura?" - "Certo" mi dice lei, che tanto che cazzo gliene frega?
E ci abbandonano al nostro buffo destino.
"Senti Coso" dico al Costa "vedi se tante volte quel coglione dell'amico tuo viene qui e ci dà la metà dei quattrini come stabilito" e il Costaobbediente si attacca al telefono per delle ore, mentre io mi sollazzo nudo sotto il portico con una birra gelata che il frigo ne era pieno ed io stavo andando a fuoco per il caldo infernale.
Ma l'amico non risponde, non risponde, non risponde sino alle venti, ora in cui dice che lunedì mattina sarebbe stato lì con l'anticipo.
E da lì, l'oblio.
Praga 99.999 non è esattamente il Sunset Boulevard e io avevo fame. Il Costasolerte si veste e va in missione cibi e io rimango lì, nudo, sudato, pervaso da una sensazione di aver toccato il fondo che mi amareggia.
La casa puzza, tutte le stanze sono chiuse a chiave tranne la matrimoniale, il soggiorno, il cesso e la cucina.
Ho una sensazione di depressione sovietica che mi schiaccia in ginocchio.
Dopo un'ora e mezza torna il Costamamma con la pappa: scuri salumi sospetti, un pane sospetto, dei dolci sospetti, venti bottiglie di birra e sei bottiglie di vodka.
Mangiamo come i maiali, ruttando e scorreggiando, ci ingozziamo di birra, ci ingozziamo di vodka e alla fine, duri come delle bestie, sudati e puzzolenti, ci ingozziamo dei reciproci cazzi e culi.
Ci inculiamo avidi per tutta la notte, dolorosamente, appassionatamente, maschilmente.
Veniamo decine di volte e decine di volte ricominciamo, spalmandoci il sudore sulla pelle, leccandoci, grugnendo, puzzando, osceni, stupendi prodotti di questo mondo meraviglioso.
E poi crolliamo addormentati come una coppia innamorata.
Domenica 4 agosto
Sveglia all'alba: ore sedici. Nessuna traccia di caffè in casa, ma cazzomerda Costatroia, non riesci a pensare oltre i venti minuti? Doccia veloce, braghine di maglina, canotta e Hawaianas: caccia al bar. E troviamo una specie di coso che fa caffè turco. Una merda devastante. Ci sediamo, abbondantemente danneggiati e osserviamo.
Osserviamo quella che pare una leggenda metropolitana, ma che invece è una realtà, a Praga 99.997: le donne sono tutte fighe. Tutte. E lavorano con gli occhi che è una roba che ti pare di essere in una clamorosa Candid Camera. Pauroso.
Al Costa spunta un pirillo difficilmente occultabile, ma lo capisco: anche il mio si scappella davanti a culi menati a quel modo e (s)coperti a quel modo.
A un certo punto Costacolto mi sussurra "Oh Tà, minghia, ci andiamo a buttane stasera?" tormentandosi compulsivamente la minchia.
"No Costamore, non stasera. Dobbiamo essere lucidi per domani"
E con aria triste, il mio amico fraterno proveniente dal Pianeta delle Scimmie, accetta con disciplina.
Lunedì 5 agosto
Ore nove dlindlon. Veronika e Yashi sono alla porta. Entrano risoluti, aprono le porte chiuse, Yashi parla duro al telefono, l'anoressica mi chiede se siamo pronti. Il Costa fa "sì" con la testa sorridente e io lo blocco spiegando alla Pelleossa che non siam pronti fava se non arrivano i nostri soldi.
P&O mi dice che non è un problema suo, che lei si occupa del casting, che i nostri accordi con la "produzione" non la riguardano, ma che anzi, ci ritiene responsabili del costo dei "modelli" se non si gira. Al che i coglioni mi vanno al calor bianco e dico al Costa di rintracciare quel sacco di merda, viceversa io carico la macchina e torno nella bassa.
Il Costa si applica, Yashi si innervosisce, l'anoressica gli bestemmia in ceco mentre io bestemmio in italiano al Costa che, ovviamente, non riceve risposta dal sacco di merda.
Passano le ore, arrivano le undici e con le undici arrivano i "modelli" in ordine sparso: una, due, tre, poi quattro, cinque, sei, sette, poi otto, nove, dieci coppie che diventano quindici sul fare dell'una.
Caldo devastante, sudiamo come i maiali, ma del sacco di merda manco l'ombra.
Poi, finalmente, con comodo, alle quindici arriva.
"Ho avuto un contrattempo, scusate" esordisce porgendo al Costa la busta.
"Conta" gli dico io con ira incontenibile.
"Ci sono tutti Tà, la metà secc, te l'avevo dett è namic"
Il sacco di merda mi squadra, le mani in tasca, espressione di disprezzo e dice "Adesso facci vedere tu se li vali, invece di rompere i coglioni".
C'era un film con Al Pacino, non mi ricordo il nome, in cui lui, boss della mala italo americano diceva sempre "Stai pisciando sull'albero sbagliato amico", ve lo ricordate?
Beh, mi è montato il sangue alla testa.
D'istinto l'ho sollevato per la camicia e inchiodato al muro, appoggiando la punta del mio naso al suo, sibilandogli "Stronzo, prova a fottermi e ti giuro sulla testa di quella gran troia di tua madre che ti stano in qualsiasi cagatoio di Praga tu vada a nasconderti."
Il putiferio.
Yashi mi stacca (sti cazzi, meglio averlo per amico) quello urla, Costa urla, tutti urlano. Poi smettono. E nel silenzio solo uno continuava a urlare minchiate sui professionisti, su che pezzo di merda sfigato io fossi, che lui ci si pulisce il culo con quei quattro soldi che ancora mi deve e che a fine girato sarebbe stato qui, coi soldi da sbattermi in faccia.
E se ne va.
Beviamo tutti diverse vodke, ci rilassiamo, ci raffreddiamo, per quanto possibile a 40 gradi.
Dopo un'oretta eravamo in mezzo a trenta esseri umani che davano vita ad un'orgia maleodorante, chiusi in una stanza bollente con le finestre chiuse, a riprendere scadenti prodezze sessuali operate da scadenti corpi di scadente erotismo. Per circa quattro ore, al termine delle quali, negli effluvi di ascella, sborra, piscio e piedi, i "modelli" hanno abbandonato la "location".
Martedì 6 agosto
Nella notte riverso su DVD il materiale e lo preparo, mentre il Costa telefona incessantemente all'amico merda.
Alle tre del mattino gli ordino, non senza ricevere recalcitranti lamentele, di scrivere il seguente sms: "Lavoro finito e riversato. Se entro un'ora non sei qui col danaro partiamo e ce ne andiamo tornando a casa con TUTTO."
Dopo un quarto d'ora l'amico merda si fa vivo e vuole incontrare SOLO il Costa in un locale di Praga 16.550, con i DVD e i master. Mi incazzo e dico che non esiste, ma poi ragiono e dico vai, vai e risolvi e torna coi soldi.
Gli chiamo un taxi, lui parte, io resto.
Mercoledì 7 agosto
Lo rivedo tornare alle sei e dodici.
Senza soldi, senza DVD e master.
"Tà tettidevi calmare frate e rilazzare, quello non ci vuole ingulare."
"No?"
"Mannò Tà è che ccià problemi di liquidità ma quello paga frate, fitati"
"Tu ti fidi di lui Costa?"
"Eccett Tà"
"Ottimo, son contento. Allora adesso ti dico come faremo. Io parto con la MIA metà, ok? Tu aspetti qui la tua. Tanto è ovvio che te li darà, giusto frate? Poi appena hai i soldi, prendi quel budello merdoso con le ruote, parti a razzo e porti la roba in agenzia, che sia mai che qualcuno venga a sapere, mi spiego? Nel frattempo rifletti su cosa dire quando vedranno che l'allarme è stato disattivato e riattivato per la seconda volta. Potresti dire, ad esempio, che ti eri dimenticato il cervello. No, no, il cervello no. Non se la bevrebbero."
Venerdì 9 agosto, ore 00:45
Siedo in infradito, bermuda e camicia nel retro della Solita, bevendo una Nastro Azurro nella mia confortevole solitudine, un po' più ricco e un po' più sfiancato.
La Marghe si accende una Merit e si siede al mio tavolo.
Si è separata dal marito, vive coi figli in un paese qui vicino dove ha trovato un mini.
"Te la bevi una birretta con me Marghe?"
"Massì" e dice a Yussuf di portargliene una.
"Come gira?" chiedo, sapendo la risposta.
"Una merda" mi risponde guardando il bicchiere.
Pausa.
"Erano buoni i gnocchi?" mi chiede.
"Superbi" rispondo e lei sorride triste.
Sono ubriachello, ne ho bevute ventisei e allora mi butto.
"Sai una cosa Marghe?"
"No"
"Ti chiaverei per una settimana intera"
Pausa.
"Sai una cosa Tazio?"
"No"
"Non me ne frega più un cazzo del sesso da anni."
E abbiam bevuto una birra.
Ed eccomi qua.
lunedì 29 luglio 2013
Sabato sera, cena anatomica
Dove le raccatta, il mio amico Costa che è come un fratello per me, le signore a cui si accompagna? E' un mistero gaudioso, ma d'altra parte debbo dire, con grata onestà, che le sue istrioniche scelte vanno sovente edulcorando l'amarotico sapore di merda di queste giornate.
Bene.
Sabato sera, ore ventuno punto zero zero, appuntamento a casa del Costa per cena da egli stesso preparata, ospiti "due tizie". Accetto solo perchè sono giù d'allenamento con le balle Polaroid istantanee, che tanto protessero il mio regale deratano in passato, e ci vado.
"Due tizie".
Un eufemismo burlone.
Entro in casa ed in cucina, già sorseggianti del vino bianco frizzante, mi si presentano due bestie tornite di muscoli come una tavola del Grey, compresse di anabolizzanti come scatolette di carne Simmenthal, tirate da guerra, lucide di crema e cotte di abbronzatura. Due bodybuilder, pompate come non vedevo più nessuno dai tempi di Hulk Hogan e dell'indimenticabile Joe Weiders. Vestite succintamente poichè il febbrile lavorare su actina e miosina deve trovare il suo fottuto momento di gloria e quella sera per loro era quel fottuto momento di gloria.
"Piacere Franca" mi sorride di avorio candido, gli occhi azzurri come il mare e i capelli corvini rasati come un Marines, ma senza fare tanto lo spiritoso, come ero io fino a qualche tempo fa.
"Piacere Luciana" fa eco la bionda platinata coi capelli rasati da una parte, lunghini dall'altra e ciuffati alla rockabilly di sopra.
Due culturiste. In piedi. E un Costafrate in canottiera e bermuda mimetiche che spadella tessendo le lodi di ciò che avremo mangiato. E io. Attonito. Con una degenerata necessità di oppio, alcol, cannabis, metedrina e non necessariamente costretto ad una scelt singola.
Bevo bicchierate di bianchetto frizzante e tento un'esperienza extracorporea che possa portare il mio cervello a Honolulu, lasciando qui il mio corpo ad annuire con un sorriso intermittente. Esperienza che non riesce.
E poi si cena.
Linguine in buzzara di scampi. Incredibilmente commestibili. Armoniosa conversazione in contrasto paradossale a quanto mi si parava davanti agli occhi.
La Franca fa la magazziniera in un supermercato, la Luciana la parrucchiera. Tutte e due sui trentadue trentare, a spanna. Tranquille, nemmeno tanto sboccate, un peccato.
E si beve.
Si beve.
Si beve.
"Tu cosa fai Tazio" mi chiede la Franca che, col passar del tempo e l'igollar del vino, comincia blandamente a condurmi alla mente pensieri anali.
"Mi occupo di produzione video" rispondo solleticato dalla tentazione.
"Figata! Ma tipo réclame?". Réclame. Era dai tempi della mia povera nonna che non la sentivo chiamare così.
"Anche, sì".
"E adesso a cosa stai lavorando?"
"Bah adesso c'ho un progetto in Repubblica Ceca, un piccolo porno con attrici locali, una cosa semplice, una vacanzina diciamo."
Silenzio e sei occhi che mi guardano mentre mi scolo il ventiseiesimo bicchiere di bianco.
E poi una flashata d'avorio tesa a sorriso, una risata e un "Ma daaaaaai non mi prendere in girooooo!!!" e il Costa che suda come una bottiglia di Carpenè Malvolti tirata fuori dal frigo fissandomi vitreo e sbarrato e la Luciana, con le mani inzaccherate di sugo che fa l'open mind dicendo all'amica "Beh e se anche fosse? Mica c'è niente di male…" che mi lancia l'assist utile a fare scivolare nel lercio la conversazione ed allora verso, stappo, riverso e ristappo indagando sulla disponibilità di Luciana/o a far del porno e sì, se la pagassero bene perchè no? è da ipocriti dire che non piace il porno e poi a lei piace il sesso da morire quindi le verrebbe pure bene e così, sudati come dei maiali causa assuzione di ettolitri di bianco in una casa raffreddamentopriva, svacchiamo e giuochiamo con le due madame e il Costa sotto il tavolo o faceva un origami con la pelle del cazzo o era evidente che esplorava le fibre muscolari della pornostar wannabe.
E vai che ti rivai, ma fate gare? chiedo, cazzosì mi dice la Luciana a bocca lucida di scampi, quest'anno facciamo le regionali, sticazzi dico io, tira, molla, fa e briga, ve la fate una cannetta oppure divieto assoluto?, chiedo, ma no dai una cannetta si può, vai Ciccio tira fuori l'origano e Ciccio rolla una specie di missile Tomahawk che ci slabbra il poco di cervello che c'era rimasto e così il quadro è mutato in: io con la camicia aperta e scalzo, il Costa a torso nudo e scalzo, la Luciana in piedi che ci racconta delle cose che nessuno capiva, ma che la facevano ridere a crepapelle, mentre sotto il tavolo il piede della Franca, denudato dal paradossale sabot, strusciava le sudaticce dita sul collo del mio piede già nudo lanciandomi sguardi sesuali e asasini.
Che meraviglia, che superbo traghettatore delle fogne sono, riesco a patinare di merda ogni situazione, riesco a condurre allo sfascio ogni buon proposito di comportarsi a modo e allora dai, accelera Tazietti, manetta pieno gas in avanti e mi alzo dicendo "Cazzo! Sì cazzo! Adesso ci fate vedere una dimostrazione da gara" e il Costa si ingalla, ma si ingalla anche la Luciana che ha perso il controllo mentre la Franca, leggermente più sobria, fa presente all'amica/o che sotto il top arancione lei non c'ha il reggipetto e allora VIA! mille cose travolgenti: le tette di una donna le abbiam già viste, al mare ci vanno sai Franca?, che la Luciana non riusciva a tenere a bada la bestia dentata che c'ha in mezzo alle gambe dalla volta del porno, ma che musica ci va? chiede il Costa ravanando nello stereo, anche techno va bene e le due Tirannosaure si denudano in un battito di ciglia, rimanendo una (la Franca) in uno slippino di cotone culeo e una (la Luciana) in un tangazzo da mignottona che era commovente.
I cazzi, ragazzi, due fisici da allucinazione, cominciano a tirare, schiena, braccia, gambe, trapezio, tricipite, quadricipite, pentacipite ed endecacipite e via sul divano sudate come delle orche, che il Tazietti aveva già rollato l'integratore e il Costa stava versando la Grappa della Morte, quella fatta dalla nonna cirrotica, quella che fa centosettandadue gradi e non puoi lasciarla fuori dal congelatore altrimenti col caldo la bottiglia esplode.
Che bella situazione di sudore e nudità estiva, di origano spesso che galleggiava alla luce del lampadario Incubo dell'architetto Ornello Perazzoni di Brisighella, che bel palponare con la scusa di posso sentire e mentre la Luciana tendeva il bicipite il Costa le palpava il culo di marmo.
E ci siamo ingroppati.
Il Costa in camera da letto con Hulka e io sul divano di scai del soggiorno con la Franca fatta come un copertone.
E vorrei dire grazie. Grazie a chi ha inventato gli anabolizzanti e grazie alla santa stupidità delle culturiste che li prendono come fosse Fiuggi.
Grazie perchè, seppur vero che non provo particolare attrazione per le muscolose a quel punto, posso dirvi che la sorca della Franca, dio benedica gli anabolizzanti, una volta schiusa ha lasciato libero un clitoride di dimensione surreale del quale distinguevo senza alcun dubbio un prepuzio ed un glande, del quale apprezzavo l'indurimento progressivo man mano che lo succhiavo con indomito ardore e debbo dire che è stata di sfolgorante effetto la frase, mormorata dopo che a lungo la stavo spompinando "Quanto ti piace il mio pisellino eh?".
Santa Franca.
Santo il suo pisellino.
Santo l'odore acre del suo sudore modificato ormonalmente.
Grazie Costamico.
Riesci sempre a rendermi migliore, ogni giorno di più.
Praga! Arriviamo!
Bene.
Sabato sera, ore ventuno punto zero zero, appuntamento a casa del Costa per cena da egli stesso preparata, ospiti "due tizie". Accetto solo perchè sono giù d'allenamento con le balle Polaroid istantanee, che tanto protessero il mio regale deratano in passato, e ci vado.
"Due tizie".
Un eufemismo burlone.
Entro in casa ed in cucina, già sorseggianti del vino bianco frizzante, mi si presentano due bestie tornite di muscoli come una tavola del Grey, compresse di anabolizzanti come scatolette di carne Simmenthal, tirate da guerra, lucide di crema e cotte di abbronzatura. Due bodybuilder, pompate come non vedevo più nessuno dai tempi di Hulk Hogan e dell'indimenticabile Joe Weiders. Vestite succintamente poichè il febbrile lavorare su actina e miosina deve trovare il suo fottuto momento di gloria e quella sera per loro era quel fottuto momento di gloria.
"Piacere Franca" mi sorride di avorio candido, gli occhi azzurri come il mare e i capelli corvini rasati come un Marines, ma senza fare tanto lo spiritoso, come ero io fino a qualche tempo fa.
"Piacere Luciana" fa eco la bionda platinata coi capelli rasati da una parte, lunghini dall'altra e ciuffati alla rockabilly di sopra.
Due culturiste. In piedi. E un Costafrate in canottiera e bermuda mimetiche che spadella tessendo le lodi di ciò che avremo mangiato. E io. Attonito. Con una degenerata necessità di oppio, alcol, cannabis, metedrina e non necessariamente costretto ad una scelt singola.
Bevo bicchierate di bianchetto frizzante e tento un'esperienza extracorporea che possa portare il mio cervello a Honolulu, lasciando qui il mio corpo ad annuire con un sorriso intermittente. Esperienza che non riesce.
E poi si cena.
Linguine in buzzara di scampi. Incredibilmente commestibili. Armoniosa conversazione in contrasto paradossale a quanto mi si parava davanti agli occhi.
La Franca fa la magazziniera in un supermercato, la Luciana la parrucchiera. Tutte e due sui trentadue trentare, a spanna. Tranquille, nemmeno tanto sboccate, un peccato.
E si beve.
Si beve.
Si beve.
"Tu cosa fai Tazio" mi chiede la Franca che, col passar del tempo e l'igollar del vino, comincia blandamente a condurmi alla mente pensieri anali.
"Mi occupo di produzione video" rispondo solleticato dalla tentazione.
"Figata! Ma tipo réclame?". Réclame. Era dai tempi della mia povera nonna che non la sentivo chiamare così.
"Anche, sì".
"E adesso a cosa stai lavorando?"
"Bah adesso c'ho un progetto in Repubblica Ceca, un piccolo porno con attrici locali, una cosa semplice, una vacanzina diciamo."
Silenzio e sei occhi che mi guardano mentre mi scolo il ventiseiesimo bicchiere di bianco.
E poi una flashata d'avorio tesa a sorriso, una risata e un "Ma daaaaaai non mi prendere in girooooo!!!" e il Costa che suda come una bottiglia di Carpenè Malvolti tirata fuori dal frigo fissandomi vitreo e sbarrato e la Luciana, con le mani inzaccherate di sugo che fa l'open mind dicendo all'amica "Beh e se anche fosse? Mica c'è niente di male…" che mi lancia l'assist utile a fare scivolare nel lercio la conversazione ed allora verso, stappo, riverso e ristappo indagando sulla disponibilità di Luciana/o a far del porno e sì, se la pagassero bene perchè no? è da ipocriti dire che non piace il porno e poi a lei piace il sesso da morire quindi le verrebbe pure bene e così, sudati come dei maiali causa assuzione di ettolitri di bianco in una casa raffreddamentopriva, svacchiamo e giuochiamo con le due madame e il Costa sotto il tavolo o faceva un origami con la pelle del cazzo o era evidente che esplorava le fibre muscolari della pornostar wannabe.
E vai che ti rivai, ma fate gare? chiedo, cazzosì mi dice la Luciana a bocca lucida di scampi, quest'anno facciamo le regionali, sticazzi dico io, tira, molla, fa e briga, ve la fate una cannetta oppure divieto assoluto?, chiedo, ma no dai una cannetta si può, vai Ciccio tira fuori l'origano e Ciccio rolla una specie di missile Tomahawk che ci slabbra il poco di cervello che c'era rimasto e così il quadro è mutato in: io con la camicia aperta e scalzo, il Costa a torso nudo e scalzo, la Luciana in piedi che ci racconta delle cose che nessuno capiva, ma che la facevano ridere a crepapelle, mentre sotto il tavolo il piede della Franca, denudato dal paradossale sabot, strusciava le sudaticce dita sul collo del mio piede già nudo lanciandomi sguardi sesuali e asasini.
Che meraviglia, che superbo traghettatore delle fogne sono, riesco a patinare di merda ogni situazione, riesco a condurre allo sfascio ogni buon proposito di comportarsi a modo e allora dai, accelera Tazietti, manetta pieno gas in avanti e mi alzo dicendo "Cazzo! Sì cazzo! Adesso ci fate vedere una dimostrazione da gara" e il Costa si ingalla, ma si ingalla anche la Luciana che ha perso il controllo mentre la Franca, leggermente più sobria, fa presente all'amica/o che sotto il top arancione lei non c'ha il reggipetto e allora VIA! mille cose travolgenti: le tette di una donna le abbiam già viste, al mare ci vanno sai Franca?, che la Luciana non riusciva a tenere a bada la bestia dentata che c'ha in mezzo alle gambe dalla volta del porno, ma che musica ci va? chiede il Costa ravanando nello stereo, anche techno va bene e le due Tirannosaure si denudano in un battito di ciglia, rimanendo una (la Franca) in uno slippino di cotone culeo e una (la Luciana) in un tangazzo da mignottona che era commovente.
I cazzi, ragazzi, due fisici da allucinazione, cominciano a tirare, schiena, braccia, gambe, trapezio, tricipite, quadricipite, pentacipite ed endecacipite e via sul divano sudate come delle orche, che il Tazietti aveva già rollato l'integratore e il Costa stava versando la Grappa della Morte, quella fatta dalla nonna cirrotica, quella che fa centosettandadue gradi e non puoi lasciarla fuori dal congelatore altrimenti col caldo la bottiglia esplode.
Che bella situazione di sudore e nudità estiva, di origano spesso che galleggiava alla luce del lampadario Incubo dell'architetto Ornello Perazzoni di Brisighella, che bel palponare con la scusa di posso sentire e mentre la Luciana tendeva il bicipite il Costa le palpava il culo di marmo.
E ci siamo ingroppati.
Il Costa in camera da letto con Hulka e io sul divano di scai del soggiorno con la Franca fatta come un copertone.
E vorrei dire grazie. Grazie a chi ha inventato gli anabolizzanti e grazie alla santa stupidità delle culturiste che li prendono come fosse Fiuggi.
Grazie perchè, seppur vero che non provo particolare attrazione per le muscolose a quel punto, posso dirvi che la sorca della Franca, dio benedica gli anabolizzanti, una volta schiusa ha lasciato libero un clitoride di dimensione surreale del quale distinguevo senza alcun dubbio un prepuzio ed un glande, del quale apprezzavo l'indurimento progressivo man mano che lo succhiavo con indomito ardore e debbo dire che è stata di sfolgorante effetto la frase, mormorata dopo che a lungo la stavo spompinando "Quanto ti piace il mio pisellino eh?".
Santa Franca.
Santo il suo pisellino.
Santo l'odore acre del suo sudore modificato ormonalmente.
Grazie Costamico.
Riesci sempre a rendermi migliore, ogni giorno di più.
Praga! Arriviamo!
mercoledì 24 luglio 2013
La fabbrica delle ideone
E lui sta là, con le ciabattazze di gomma, la mutanda col pacco barzotto, a torso nudo, seduto a rovescio sulla sedia, sbevazzando una Moretti Baffo D'Oro, declamando la sua versione di latino.
E parla a cannone, forse anche per via del medesimo dianzi fumato.
"Minghiaoh Taz te ci devi penzare a 'stu fatt chettoddett perchè quell stanno alla canna del gaz che c'hanno segueshtrato tutt e allora io e te, bell bell, ce ne partiamo e andiamo a Praca ci facciamo il servizietto che ci dobbiamo fare, intashchiamo la paglia e bell bell ce ne torniamo a cas, ascolta a mme Taz"
Il bel Costa mi sta proponendo una cosetta da niente, una cosa legalissima soprattutto, ma non so se più legale che qualitativamente illustre, allo stato attuale della mia carriera martoriata. Mi sta proponendo di andare in subappalto ad una "casa di produzione" italiana che fa, ovviamente, film porno in Repubblica Ceca, alla quale per una serie di sciagurate circostanze che non ho capito e non voglio nemmeno capire, la Polizia Ceca gli ha sequestrato tutto l'armamentario e loro devono andare in consegna e mi par di capire che il cliente non sia Papa Francesco.
"Minghiaohtazz! Sò soldi buuoni e ci pagano cash appena finitooo!"
"Eh no amore" dico io a quel punto "quelli semmai (e dico semmai) ci pagano cash il 70% all'ingaggio e il 30% alla chiusura, mica sono Taddeo il papero babbeo Costaz"
"E vabbeh vabbeh ci si metteva d'accordo che quell c'hanno l'acqua al culo"
"Alla gola, non al culo. Hanno la cacca al culo e l'acqua alla gola"
"Noh Tazz, quelli c'hanno la cacca alla gola"
E, in effetti, non posso dissentire.
"E cosa conteresti di portare là?" chiedo, incuriosito del sopraffino livello di pianificazione.
"Ci portavo la Sony e la 5d con lo stabilizzatore toracico, tre banchi luce, un paio di direzionali e il minitraccher con un mic cuffiato in camera"
"Sti cazzi, Costaz. A parte che lo stabilizzatore è addominale e non toracico, che mica siamo cardiologi, ma poi puttanazzozza mi dici che cazzo di imballo dobbiamo fare? Quelli in aereo ci sfasciano tutto eh"
"Ma guale aerio aTtazz, ci andiamo con la macchina! E mica sono sgemo"
In macchina. A Praga. In agosto. Con 30.000 euro di roba non nostra che il Costa prenderebbe "a prestito" dall'agenzia di cui io, per pura coincidenza, sarei pure uno dei soci. A girare un pornazzo per dei delinquenti trattenuti in loco che lo devono consegnare a dei delinquenti ancor più delinquenti di loro. Mi pare che sia la madre di tutte le idee.
"Eppoi Taz, una vaganzina non ge la vogliamo meritare?"
"In galera dici?"
"Ma ghe galera Taz, in Cegoshlovacchia il porno è pubblico!!! E c'è fica a fottere cazzommerd"
"Legale, non pubblico. Ciò che è meno legale di sicuro è quello che hanno fatto gli amichetti tuoi, visto che li hanno messi in armadio"
"Ma è un disquito, vedevi che ci si accordano di chiarimenti"
Un piano entusiasmante.
"Ma senti Neanderthal, le "attrici" sono maggiorenni vero?"
"Minghia nesò Taz"
"Ecco Coccobbello: è bene che di minchie ne vieni a sapere, perchè io a lavare cessi nelle patrie galere dei prussiani non ci penso nemmeno"
"E mi ci informo, mi ci informo, tuttappost Taz"
Costa è come un fratello per me.
Quello scemo, magari, ma pur sempre un fratello.
In ogni caso sono soldi, raga. Rapidi e puliti. Un lavoretto da due giorni max.
Sempre che non ci arrestino, ovviamente.
O ci uccidano, anche.
Eh.
E parla a cannone, forse anche per via del medesimo dianzi fumato.
"Minghiaoh Taz te ci devi penzare a 'stu fatt chettoddett perchè quell stanno alla canna del gaz che c'hanno segueshtrato tutt e allora io e te, bell bell, ce ne partiamo e andiamo a Praca ci facciamo il servizietto che ci dobbiamo fare, intashchiamo la paglia e bell bell ce ne torniamo a cas, ascolta a mme Taz"
Il bel Costa mi sta proponendo una cosetta da niente, una cosa legalissima soprattutto, ma non so se più legale che qualitativamente illustre, allo stato attuale della mia carriera martoriata. Mi sta proponendo di andare in subappalto ad una "casa di produzione" italiana che fa, ovviamente, film porno in Repubblica Ceca, alla quale per una serie di sciagurate circostanze che non ho capito e non voglio nemmeno capire, la Polizia Ceca gli ha sequestrato tutto l'armamentario e loro devono andare in consegna e mi par di capire che il cliente non sia Papa Francesco.
"Minghiaohtazz! Sò soldi buuoni e ci pagano cash appena finitooo!"
"Eh no amore" dico io a quel punto "quelli semmai (e dico semmai) ci pagano cash il 70% all'ingaggio e il 30% alla chiusura, mica sono Taddeo il papero babbeo Costaz"
"E vabbeh vabbeh ci si metteva d'accordo che quell c'hanno l'acqua al culo"
"Alla gola, non al culo. Hanno la cacca al culo e l'acqua alla gola"
"Noh Tazz, quelli c'hanno la cacca alla gola"
E, in effetti, non posso dissentire.
"E cosa conteresti di portare là?" chiedo, incuriosito del sopraffino livello di pianificazione.
"Ci portavo la Sony e la 5d con lo stabilizzatore toracico, tre banchi luce, un paio di direzionali e il minitraccher con un mic cuffiato in camera"
"Sti cazzi, Costaz. A parte che lo stabilizzatore è addominale e non toracico, che mica siamo cardiologi, ma poi puttanazzozza mi dici che cazzo di imballo dobbiamo fare? Quelli in aereo ci sfasciano tutto eh"
"Ma guale aerio aTtazz, ci andiamo con la macchina! E mica sono sgemo"
In macchina. A Praga. In agosto. Con 30.000 euro di roba non nostra che il Costa prenderebbe "a prestito" dall'agenzia di cui io, per pura coincidenza, sarei pure uno dei soci. A girare un pornazzo per dei delinquenti trattenuti in loco che lo devono consegnare a dei delinquenti ancor più delinquenti di loro. Mi pare che sia la madre di tutte le idee.
"Eppoi Taz, una vaganzina non ge la vogliamo meritare?"
"In galera dici?"
"Ma ghe galera Taz, in Cegoshlovacchia il porno è pubblico!!! E c'è fica a fottere cazzommerd"
"Legale, non pubblico. Ciò che è meno legale di sicuro è quello che hanno fatto gli amichetti tuoi, visto che li hanno messi in armadio"
"Ma è un disquito, vedevi che ci si accordano di chiarimenti"
Un piano entusiasmante.
"Ma senti Neanderthal, le "attrici" sono maggiorenni vero?"
"Minghia nesò Taz"
"Ecco Coccobbello: è bene che di minchie ne vieni a sapere, perchè io a lavare cessi nelle patrie galere dei prussiani non ci penso nemmeno"
"E mi ci informo, mi ci informo, tuttappost Taz"
Costa è come un fratello per me.
Quello scemo, magari, ma pur sempre un fratello.
In ogni caso sono soldi, raga. Rapidi e puliti. Un lavoretto da due giorni max.
Sempre che non ci arrestino, ovviamente.
O ci uccidano, anche.
Eh.
lunedì 22 luglio 2013
Fattistica e ingredientistica
Era inevitabile.
La sopportazione taziale è evaporata come benzina al sole del Sahara e con un sapiente ed invero elegante colpo di mano ho mandato a fare nel più profondo budello della merda tutta la proprietà, dando precise indicazioni per raggiungere lo svincolo che porta direttamente affanculo a tutta la famiglia: padre, madre, figlia, sorelle, cugini e nipoti, nonne troie e nonni culattoni, tre quarti del loro condominio e anche il loro fruttivendolo di fiducia.
Ne è scaturita una vivace e sbarazzina situazione nuova nella quale sono stato querelato per offese ed il loro legale si è premurato di farmi presente che, causa mancata fornitura della prestazione da contratto, non solo non mi verrà pagato un centesimo, ma che la proprietà mi cita per danni per un ammontare esiguo di appena cinquecentomilaeuro.
Fossette di Venere mi ha assestato un repentino due di picche di lamiera zincata, trattandomi anche un po' come il patetico puttaniere che sono, fanculandomi infastidita solo per averla invitata a cena. Che mondo meraviglioso quello femminile. Elisa di Ficapelosa non la posso reggere, non ce la posso fare, sopporto tutto, ma non una seconda domenicata al carnaio del pueblo, no. Domrey Hepburndenoantri si é grattata via un po' di rogna dai canali ficale e culale con il mio Sturapapere e adesso mi caga a intermittenze lunghissime per cui vaffanculoschiantati con quella Porsche dimmerda che, tra l'altro, si è rivelata l'ennesima bufala della bufalazoccolante regina delle puttanate: Porsche non è, bensi replica, un cadavere del cazzo col motore Vokswagen.
In tutto questo scoppiettante clima di ilarità e di estiva allegrezza, ho ritenuto di dover comporre dell'ingredientistica adeguata a donare ai miei stanchissimi sette neuroni la pace gaudente che si meritano da immemore tempo.
E così sono andato a troie africane, munito di tre bottiglie di bourbon.
Esse stazionavano sul marciapiedi, agghindate con il consueto buongusto.
Il gruppuscolo componevasi de: LaBionda, LaLiscia e LaRiccia.
Tre pezzi di mammifere sudate di vero pregio ficcaiolo, odorose di cazzo e di fica, che già in fase di trattativa avevano avuto la capacità di farmi scappellare con insolente vigore. Il negoziato si è trascinato lungo cinque fronti essenziali: 1) tutte e tre assieme 2) Tempo no limits 3) Prezzo congruo 4) Lesbicheria garantita 5) Zero condom.
Ovviamente la combinazione dei punti 1) 2) e 5) inficiavano la concretizzazione del punto 3), mentre sul punto 4) le signore non hanno fatto una pince. La trattativa con le africane può durare anche settantasei ore, che loro lo sanno che a te tira la fava e che a un certo punto non ne puoi più ed esordisci con un "MA CHE CAZZO ME NE SBATTE" interiore e le carichi e così è stato anche per me, il Tazio Fortunello del mese di luglio.
Belle puledre sporcaccione, nude e lucide di pelle grassa e sudore, nel raffinato ed elegante ambiente di un trilocale zona Carognaputrefatta, nel quale aleggiava ancora l'odore della cena ammazzamaiale i cui piatti erano stati temporaneamente parcheggiati nel secchiaio per dare quell'allure radical-chic tanto di moda oggidì.
Belle, sozze e immorali, con quelle patonze rasate in casa, che non riusciranno mai a far scomparire il tatuaggio nero dell'area pilifera, con quelle belle labbrone carnose che, una volta schiuse, fanno occhieggiare quel punto di rosa così Lapo Elkann Analia Independent, talvolta impreziosito da generose balocche di bianco muco intermestruale.
E all'inizio si fa al teatrino, bevi, passa, ridi, schiamazza, che il bianco qui lo facciamo schizzare in due e due quattro e ridi ridi, poi però LaLiscia ride di meno quando comincio a frullarle la cervice come un Mazinga fuori controllo. Ma come mai ridi di meno e mi guardi grondare come un maiale sottolio, grondando a tua volta come un barattolo di Nutella dimenticato in macchina a Ferragosto? Sarà che stai godendo come una vacca caraibica? Sarà che ti tira la sorca come una petroliera sudanese? Sarà che mi fai ingrifare come un Cinghiale Mannaro mentre stringi i denti con quello sguardo e quell'espressione assassina di chi si sente spaccare la fica? Sarà che vieni urlando mentre la LaRiccia ti ciuccia i capezzoli e LaBionda mi palpa i coglioni da dietro?
L'odore divino del loft trilocale finiture superiori si intensifica e io salto da un buco all'altro come un capretto augurale od un fauno in dieta dissociata e LaLiscia non cessa di guardarmi infoiata mentre trivello le amichette del cuore, a evidente segno che vuole essere montata abbestia di nuovo e quello sguardo produce il rilascio di uno schizzo di sborra ragguardevole sulla schiena de LaBionda che, a quel punto, gioca alla lesbicante offline con la LaRiccia, mentre io senza meno infilo la minchia ancora dura nella bocca de LaLiscia che attacca a suggere come un'idrovora e mi rimette a modello in cinque secondi.
Che chiavata superior.
Ad averlo saputo potevo risparmiarmi LaRiccia e LaBionda, ma del senno del poi ne sono pieni i cessi a straripo. Neppure la migliore performàns della scomparsa e mai dimenticata Nadine poteva battere (perdonate il giuoco di parole) LaLiscia, che è aggressiva, porca, scatenata, puzzolente ed autentica amante del cazzo.
Che meraviglia, me la vado a ripescare anche stasera.
Tanto, con cinquecentomila euro da tirare fuori, senza aver intascato un cent per tutto quello che ho fatto, anche se mi sputtano dei quattrini con una Signora Troia che cazzo cambia?
Un cazzo.
A parte l'umore del mio.
La sopportazione taziale è evaporata come benzina al sole del Sahara e con un sapiente ed invero elegante colpo di mano ho mandato a fare nel più profondo budello della merda tutta la proprietà, dando precise indicazioni per raggiungere lo svincolo che porta direttamente affanculo a tutta la famiglia: padre, madre, figlia, sorelle, cugini e nipoti, nonne troie e nonni culattoni, tre quarti del loro condominio e anche il loro fruttivendolo di fiducia.
Ne è scaturita una vivace e sbarazzina situazione nuova nella quale sono stato querelato per offese ed il loro legale si è premurato di farmi presente che, causa mancata fornitura della prestazione da contratto, non solo non mi verrà pagato un centesimo, ma che la proprietà mi cita per danni per un ammontare esiguo di appena cinquecentomilaeuro.
Fossette di Venere mi ha assestato un repentino due di picche di lamiera zincata, trattandomi anche un po' come il patetico puttaniere che sono, fanculandomi infastidita solo per averla invitata a cena. Che mondo meraviglioso quello femminile. Elisa di Ficapelosa non la posso reggere, non ce la posso fare, sopporto tutto, ma non una seconda domenicata al carnaio del pueblo, no. Domrey Hepburndenoantri si é grattata via un po' di rogna dai canali ficale e culale con il mio Sturapapere e adesso mi caga a intermittenze lunghissime per cui vaffanculoschiantati con quella Porsche dimmerda che, tra l'altro, si è rivelata l'ennesima bufala della bufalazoccolante regina delle puttanate: Porsche non è, bensi replica, un cadavere del cazzo col motore Vokswagen.
In tutto questo scoppiettante clima di ilarità e di estiva allegrezza, ho ritenuto di dover comporre dell'ingredientistica adeguata a donare ai miei stanchissimi sette neuroni la pace gaudente che si meritano da immemore tempo.
E così sono andato a troie africane, munito di tre bottiglie di bourbon.
Esse stazionavano sul marciapiedi, agghindate con il consueto buongusto.
Il gruppuscolo componevasi de: LaBionda, LaLiscia e LaRiccia.
Tre pezzi di mammifere sudate di vero pregio ficcaiolo, odorose di cazzo e di fica, che già in fase di trattativa avevano avuto la capacità di farmi scappellare con insolente vigore. Il negoziato si è trascinato lungo cinque fronti essenziali: 1) tutte e tre assieme 2) Tempo no limits 3) Prezzo congruo 4) Lesbicheria garantita 5) Zero condom.
Ovviamente la combinazione dei punti 1) 2) e 5) inficiavano la concretizzazione del punto 3), mentre sul punto 4) le signore non hanno fatto una pince. La trattativa con le africane può durare anche settantasei ore, che loro lo sanno che a te tira la fava e che a un certo punto non ne puoi più ed esordisci con un "MA CHE CAZZO ME NE SBATTE" interiore e le carichi e così è stato anche per me, il Tazio Fortunello del mese di luglio.
Belle puledre sporcaccione, nude e lucide di pelle grassa e sudore, nel raffinato ed elegante ambiente di un trilocale zona Carognaputrefatta, nel quale aleggiava ancora l'odore della cena ammazzamaiale i cui piatti erano stati temporaneamente parcheggiati nel secchiaio per dare quell'allure radical-chic tanto di moda oggidì.
Belle, sozze e immorali, con quelle patonze rasate in casa, che non riusciranno mai a far scomparire il tatuaggio nero dell'area pilifera, con quelle belle labbrone carnose che, una volta schiuse, fanno occhieggiare quel punto di rosa così Lapo Elkann Analia Independent, talvolta impreziosito da generose balocche di bianco muco intermestruale.
E all'inizio si fa al teatrino, bevi, passa, ridi, schiamazza, che il bianco qui lo facciamo schizzare in due e due quattro e ridi ridi, poi però LaLiscia ride di meno quando comincio a frullarle la cervice come un Mazinga fuori controllo. Ma come mai ridi di meno e mi guardi grondare come un maiale sottolio, grondando a tua volta come un barattolo di Nutella dimenticato in macchina a Ferragosto? Sarà che stai godendo come una vacca caraibica? Sarà che ti tira la sorca come una petroliera sudanese? Sarà che mi fai ingrifare come un Cinghiale Mannaro mentre stringi i denti con quello sguardo e quell'espressione assassina di chi si sente spaccare la fica? Sarà che vieni urlando mentre la LaRiccia ti ciuccia i capezzoli e LaBionda mi palpa i coglioni da dietro?
L'odore divino del loft trilocale finiture superiori si intensifica e io salto da un buco all'altro come un capretto augurale od un fauno in dieta dissociata e LaLiscia non cessa di guardarmi infoiata mentre trivello le amichette del cuore, a evidente segno che vuole essere montata abbestia di nuovo e quello sguardo produce il rilascio di uno schizzo di sborra ragguardevole sulla schiena de LaBionda che, a quel punto, gioca alla lesbicante offline con la LaRiccia, mentre io senza meno infilo la minchia ancora dura nella bocca de LaLiscia che attacca a suggere come un'idrovora e mi rimette a modello in cinque secondi.
Che chiavata superior.
Ad averlo saputo potevo risparmiarmi LaRiccia e LaBionda, ma del senno del poi ne sono pieni i cessi a straripo. Neppure la migliore performàns della scomparsa e mai dimenticata Nadine poteva battere (perdonate il giuoco di parole) LaLiscia, che è aggressiva, porca, scatenata, puzzolente ed autentica amante del cazzo.
Che meraviglia, me la vado a ripescare anche stasera.
Tanto, con cinquecentomila euro da tirare fuori, senza aver intascato un cent per tutto quello che ho fatto, anche se mi sputtano dei quattrini con una Signora Troia che cazzo cambia?
Un cazzo.
A parte l'umore del mio.
domenica 7 luglio 2013
Puttanate
![]() |
Porsche 356 speedster |
Quindi no, stasera non lavoro Domi.
Certo che mi sto razzolando il mio bel harem eh: la signorina Elisa, la Domi Reloaded e adesso questa bella fattrice con cui tutto è da costruire, ma considerata la rapidità dell'aggancio, qualcosa mi dice che non sarà molto oneroso. Ed è che non c'ho tempo manco per scorreggiare, altrimenti razzando nel rusco, come si dice qui da noi, sai quante ne salterebbero fuori.
E così si siede tranquilli sotto la pergola del ristorantino tranquillo. Io e Audrey Hepburn de noantri che stasera, così, per dare un po' di brio alla serata, indossa due sandali fottimifottimi tacco trentasei con (ma guarda un po') uno smalto Rouge Noir Chanel di stesa recente, oserei dire mattutina. Perfettamente agghindata, tensostruttura Capelli con la sua bella agibilità rilasciata dal geometra del Comune di Domiziopoli, tutto a norma.
"Ma senti" le chiedo in un momento di immotivata curiosità "ma come mai 'sta cosa degli anni '50?" e lei attacca il Revox spiegandomi che è socia di un circolo di lettura e cultura letteraria americana, dove si leggono i libri di Miller e allora ecco che nota tutti si calano nella parte degli americani del tempo, chi più e chi meno e poi c'era questa ragazza che invece ci dava dentro di brutto e si sono conosciute e lei le ha consigliato un sacco di negozietti e poi quest'anno c'è un ritorno e un paio di neuroni sani del mio cervello si sono alzati in piedi, si sono tolti le cuffie e mi hanno citofonato di sotto mandandomi affanculo e dicendomi che loro quella roba si rifiutavano di trasmetterla e io non ho potuto certo biasimarli e ho detto loro di mandare il memovideo dei buchi della schiena della Monica ed ho sentito un "Ohhhh là, si ragiona" in coro di due.
"E poi vuoi che ti dica?" domanda che prevederebbe anche l'opzione "no", ma da convenzione di Ginevra è ammesso solo il "sì" per cui io ho detto sì e lei mi ha ghiottamente confessato di avere comperato una Porsche 356 speedster del 1950 che attualmente è in carrozzeria per un maquillage (anche le macchine fanno maquillage, l'ho scoperto ieri sera) e che presto sarà pronta a completare quest'icona degli anni cinquanta della bassa.
E si ritorna e guido con lei di fianco che a un tratto random solleva il culo e si toglie le mutande e me le strofina sulla faccia facendo delle moine da Marylin in calore e io annuso e sento solo profumo, lo stesso che sentivo in macchina, cioè il profumo che si era messa, ma ho emesso un "Mmmh" esortativo e così il sandalo è saltato e i piedi nudi si sono appoggiati a larghezza ginecologica sul cruscotto, sublimi ed immortali, mentre lei, languidamente bagascia, con la sinistra mi carezzava il braccio guidante e con la destra faceva fare ginnastica prechiavistica alla rasatissima passera bulimica.
Mentre la stavo pistonando come un V8 GMC, sortendo sudore, muggiti, grugniti, barriti e bramiti di varia natura, le ho leccato il già leccatissimo ed inodore e sterile piede di destra e mi sono sentito punto dalla vaghezza di approfittare di cotanto scompiglio uterino per approfondire un altro tipo di sonda e così ho schiacciato la chiocciola, ho messo il cambio su S sport e ho cominciato a grugnirle bavoso una serie di vaccate luride, tanto per condurre la mente verso il più maleodorante dei cessi pubblici e poi, dopo averle paventato un paio di eventualità oscene che le hanno portato il reattore ficale al novantacinque percento della potenza, ho preso a chiederle con finta morbosità erotica quanti cazzi si è fatta e si fa mettere e dopo avermi risposto con sincerità apprezzabile che non sono mai tutti quelli che vorrebbe farsi mettere, ha lentamente cominciato ad allentare i cordoni della borsa dei segretuzzi, snocciolando questo e quello, divertita dal fatto che ad ogni racconto io mi mostravo parossisticamente ingrifato, anche se più interessato alle verità del retrobottega domiziano.
Ruota libera. Una liberatoria ruota libera snocciolante ogni cosa e mentre le allungavo nel culo senza molte cure il mio stanco pezzo di carne di porco crudo, la deliziosa cultrice dell'America anni cinquanta mi confessava che, dopo aver provato con me le delizie del retto, non è più riuscita ad esimersi dall'esigere da ogni manzetto random da cui si è fatta montare, una ispezione accurata alla fogna merdosa, così, per rivivere i brividi impareggiabili che solo il mio cazzo imperiale sa darle.
Ma che puttana.
Dopo averle glassato i piedi come da rituale ufficiale, ci siamo docciati e a brucia capello le ho chiesto: "Si può sapere a distanza di tempo perchè cazzo mi hai mollato?".
Ed è risultato evidente che la bella rossa aveva già contemplato la possibilità che sgorgasse quel quesito e, avendo avuto un'intera settimana di tempo, ha impalcato ardita una risposta condita di parzialissime verità oggettive e di non verificabili questioni psicologiche intimistiche che suona, in estrema sintesi, come un "Non mi sentivo all'altezza delle tue aspettative, mentre Massimiliano mi metteva a mio agio, a quell'agio consono alla mia età".
Ma che puttana e che puttanate.
In ogni caso io i coglioni da svuotare una volta alla settimana ce li ho e lei è assai più figa della signorina Elisa.
La svolta è nei buchi della schiena della mia quasi coetanea Monica.
Ma che puttanate.
E che puttanazza, 'sta Domi.
E che sexy i buchi della schiena della Monica. Ora vado a dar loro un tributino shakerato.
lunedì 1 luglio 2013
Curve di inviluppo
Bonjour. Anche se di bon non c'è uno straccio di minchia.
Il lavoro? Precipita come un TIR carico di merda di Carrara in un dirupo, sbattendo di qua e di là, al punto che venerdì ho richiesto l'intercessione dell'Uomo che mi ha riportato a casa un sintetico e laconico "Dice che se vuoi mollare è ok, anzi, ma non vedi un euro."
Bene no?
Quindi delle due l'una: o mi sbatto giù dal ponte di Calatrava, che farebbe anche tanto radicalchic, oppure tento di raddrizzare ciò che non si raddrizzerà mai, lavorando inutilmente sedici ore al giorno sette su sette.
E sin qui il pezzo sarebbe completo, non fosse che c'è del peggio.
Venerdì sera finisco alle undici e vado a prendermi un panozzo da portarmi nell'inutilmente fichissimo appartamentino e mentre attraverso il parterre de rois dei fichetti locali, una mano mi afferra il braccio e una voce nota pronuncia il mio nome, che è Tazio.
Mi giro e davanti a me trovo la rivisitazione in chiave 2013 di Audrey Hepburn, capelli rossi molto strutturati, abitino giallo smanicato, scarpine sling back chanel blu, deliziose vene che impreziosiscono il collo del piede, insomma, una figa da lavanda gastrica.
"Ohi Domi, come stai?"
"Io bene Taz e tu?"
"Una merda, grazie"
E succede tutto in timelapse. In un susseguirsi di rapidissime scene vedo lei che silura gli amici, vedo me che trangugio un panino di merda, sento lei che mi chiede, sento io che rispondo fondendomi nei suoi laghi oculari, sento lei che mi dice "Cazzo in Africa…" e sento il mio, di cazzo, che si scappella quando la sente pronunciare la parola "cazzo".
Poi la scena cambia.
Cambia e sono nudo su di lei che è nuda. E le sto leccando i piedi odorosi di cuoio sudato e respiriamo rumorosamente entrambi.
Piedi da sega continua, smalto rosso brillante, unghie leggermente cresciute, fica rasata al paradosso, capezzoli irti come i colli a cui la nebbia piovigginando sale, poche le parole, molte le azioni. Ci leccchiamo come due Calippi Mannari, ci ingurgitiamo, ci trangugiamo e le allungo la Fava Transgenica nella fica morbida, fottendola e guardando nei suoi occhi il calore della femmina animale che va formandosi e lei grugnisce torturandosi i bei seni,m abbandonando Audrey fuori dal letto e mantenedovi all'interno Domi la Troia, che mi piace quanto Audrey.
Fammi mangiare La Cula, Grantroia Stileimpero, perchè la tua è LA Cula, sublime e arrazzante e ficco nel buchino la lingua e la Domiculea si allarga le chiappe spaziali, premendo la faccia sul letto, scomponendo la tensostruttura chiamata capelli, grugnendo assertiva una vasta seria di "sì" gutturali e poi a un tratto, mentre mi nutrivo di buco del culo dilatato, la Zoccolamascheratadaragazzaperbene grugnisce sotto voce un "mettimelo nel culo" degno di sei nobel, tre master, un telegatto e undici grammy del porno.
E io eseguo.
Ficco la superminchia nel buco odoroso tra urletti di dolore e pugni sul letto, "Mi fermo?", "NO!!!!" e allora ok, ti farcisco il culo di cazzo e tu godi mica per finta, cazzomerda, che spingi all'indietro ogni volta che io pistono in avanti e non smetti di strafugnarti la sorca che alla fine della monta ce l'avevi stupendamente arrossata.
Minchia Domi, ma c'avevi una famona brutale che te lo sei fatto infilare persino nelle orecchie, stupenda regista di quest'orgia a due terminata con una sega coi piedi che definirei a dir poco sacra, con sborrata generale e autoleccata di dita per non sprecar nulla che in tempi di crisi guai.
***
Ore cinque del mattino. Giaciamo osservando il muto soffitto, sudati come due maiali.
Era da tanto che non chiavavo così tanto e per così tanto e, soprattutto, godendo così tanto.
Che figa, cazzomerda. La Domi.
"Dormi qui?"
"Va bene"
Ecco.
Curve di inviluppo, nuovi guai all'orizzonte, sprofondo ancora, sognando l'Africa.
Il lavoro? Precipita come un TIR carico di merda di Carrara in un dirupo, sbattendo di qua e di là, al punto che venerdì ho richiesto l'intercessione dell'Uomo che mi ha riportato a casa un sintetico e laconico "Dice che se vuoi mollare è ok, anzi, ma non vedi un euro."
Bene no?
Quindi delle due l'una: o mi sbatto giù dal ponte di Calatrava, che farebbe anche tanto radicalchic, oppure tento di raddrizzare ciò che non si raddrizzerà mai, lavorando inutilmente sedici ore al giorno sette su sette.
E sin qui il pezzo sarebbe completo, non fosse che c'è del peggio.
Venerdì sera finisco alle undici e vado a prendermi un panozzo da portarmi nell'inutilmente fichissimo appartamentino e mentre attraverso il parterre de rois dei fichetti locali, una mano mi afferra il braccio e una voce nota pronuncia il mio nome, che è Tazio.
Mi giro e davanti a me trovo la rivisitazione in chiave 2013 di Audrey Hepburn, capelli rossi molto strutturati, abitino giallo smanicato, scarpine sling back chanel blu, deliziose vene che impreziosiscono il collo del piede, insomma, una figa da lavanda gastrica.
"Ohi Domi, come stai?"
"Io bene Taz e tu?"
"Una merda, grazie"
E succede tutto in timelapse. In un susseguirsi di rapidissime scene vedo lei che silura gli amici, vedo me che trangugio un panino di merda, sento lei che mi chiede, sento io che rispondo fondendomi nei suoi laghi oculari, sento lei che mi dice "Cazzo in Africa…" e sento il mio, di cazzo, che si scappella quando la sente pronunciare la parola "cazzo".
Poi la scena cambia.
Cambia e sono nudo su di lei che è nuda. E le sto leccando i piedi odorosi di cuoio sudato e respiriamo rumorosamente entrambi.
Piedi da sega continua, smalto rosso brillante, unghie leggermente cresciute, fica rasata al paradosso, capezzoli irti come i colli a cui la nebbia piovigginando sale, poche le parole, molte le azioni. Ci leccchiamo come due Calippi Mannari, ci ingurgitiamo, ci trangugiamo e le allungo la Fava Transgenica nella fica morbida, fottendola e guardando nei suoi occhi il calore della femmina animale che va formandosi e lei grugnisce torturandosi i bei seni,m abbandonando Audrey fuori dal letto e mantenedovi all'interno Domi la Troia, che mi piace quanto Audrey.
Fammi mangiare La Cula, Grantroia Stileimpero, perchè la tua è LA Cula, sublime e arrazzante e ficco nel buchino la lingua e la Domiculea si allarga le chiappe spaziali, premendo la faccia sul letto, scomponendo la tensostruttura chiamata capelli, grugnendo assertiva una vasta seria di "sì" gutturali e poi a un tratto, mentre mi nutrivo di buco del culo dilatato, la Zoccolamascheratadaragazzaperbene grugnisce sotto voce un "mettimelo nel culo" degno di sei nobel, tre master, un telegatto e undici grammy del porno.
E io eseguo.
Ficco la superminchia nel buco odoroso tra urletti di dolore e pugni sul letto, "Mi fermo?", "NO!!!!" e allora ok, ti farcisco il culo di cazzo e tu godi mica per finta, cazzomerda, che spingi all'indietro ogni volta che io pistono in avanti e non smetti di strafugnarti la sorca che alla fine della monta ce l'avevi stupendamente arrossata.
Minchia Domi, ma c'avevi una famona brutale che te lo sei fatto infilare persino nelle orecchie, stupenda regista di quest'orgia a due terminata con una sega coi piedi che definirei a dir poco sacra, con sborrata generale e autoleccata di dita per non sprecar nulla che in tempi di crisi guai.
***
Ore cinque del mattino. Giaciamo osservando il muto soffitto, sudati come due maiali.
Era da tanto che non chiavavo così tanto e per così tanto e, soprattutto, godendo così tanto.
Che figa, cazzomerda. La Domi.
"Dormi qui?"
"Va bene"
Ecco.
Curve di inviluppo, nuovi guai all'orizzonte, sprofondo ancora, sognando l'Africa.
martedì 25 giugno 2013
La signorina Elisa e la domenica emiliana nella piscinona carnazza
Due adulti, due lettini, un ombrellone, colazione cornetto e cappuccio, l'Elisa c'ha il bikini marrone con la fantasia sul turchese, il capello lungo anni 80 semiriccio e semidritto che le scende sulla schiena ossuta e trovo che c'abbia il suo bel fisichino, con quelle peruline appuntite e la magrezza ben tenuta, la coscia e il piede ossuto e poi io c'ho una voglia di fica che mi si screpolano i femori, ma comunque, in onestà, l'Elisa non è certo da iscriversi nel registro delle top model, con quel naso importante e gli occhietti infossati, ma di sicuro e per certo vanno dette due cose, di cui la prima è che è armoniosa, seppur totalmente fuori da qualsiasi moda e la seconda è che con lei ci si può parlare di tutto, che stupida non è di sicuro, anzi, è in gamba e informata, per cui poco umorismo e avanti tutta.
La signorina Elisa si incammina verso i quaranta, è zitella e lavora all'Ufficio del Registro ed è per quello che ci siamo casualmente conosciuti, piaciuti, caffettati e scambiati i parlàfoni, nel senso dei numeri e allora sabato mi chiama e mi dice senti mo, di andare al mare c'è da essere matti, ma perchè non andiamo in piscina?, che ho apprezzato il pensiero, primo perchè ha fatto la mossa lei che vuol dire che c'è fame cazziale, secondo perchè ero ben stanco di stare da solo e un bel domenicone emiliano in mezzo al carnaio della piscina con a fianco la figa mi faceva tanto anni 80, come i suoi capelli d'altra parte, che un tuffo nel passato con Frankie Goes To Hollywood a cannone nella testa ci stava tutto, ma proprio tutto.
Pizza margherita e bibita, caffè e Ramazzotti e la Elisa mi fa una svolazzata periferica sulle sue sfighe, ma con garbo e scarsi dettagli, cosa che ho apprezzato, poi per errore il suo piedino liscissimo incrocia il mio sotto il tavolo e lei si scusa sentitissima e c'è mancato poco che mi si scappellasse la Minchia Tarella Randazza e mi uscisse dal bordo dello Speedo Espositore, che devo dire che l'ho beccata il suo bel sei o sette volte a rimirare il Pilone Pitonato a riposo.
Si fa una certa, lasciamo il carnaio, rilancio io questa volta, ma cosa dici se ti porto sul fiume a mangiare il frittone che come fine ci sta tutta e lei ride e mi dice devo passare per casa e io la faccio desistere, ma vai benissimo così, fa un caldo della Madonna della Bistecchiera, ci facciamo due aperitivi in piazza e poi così come siamo ci muoviamo verso il frittone e così facciamo, incuranti del fatto che ogni due per tre la terra accenna ad un passo di danza, ma che birichina.
Non vedevo una fica pelosa nature dagli anni novanta, lo confesso. E come tutte le cose inconsuete, quella fica a marmotta mi ha ingallato come un Zitrone Rampazzo e gliel'ho leccata e mangiata che a momenti le faccio la ceretta a leccate. Le tettine graziose triangolate di bianco col capezzolo regolare ed elegante mi stavano quasi tutte in bocca e in un impeto di disturbo bipolare le ho mormorato, arrapato come il miglior porno attore dell'epoca, che mi sarebbe piaciuto che avesse le ascelle pelose e lei si è ingrifata e mi ha massaggiato il cuoio capelluto in ricrescita, pronunciando la vocale "o" seguita da una serie di "Tazio" che ho scoperto essere lo strumento indicatore dello stadio calorile.
La signorina Elisa prende la pillola per motivi terapeutici ed io ne ho tratto beneficio, sborrando gioioso e copioso sulla e nella marmottina sbarazzina, conducendola a reiterati orgasmi conditi di riferimenti sacri quali "oddio", "madonna mia", ma anche invocazioni familiari quali "mamma mia" e un culmine familare sacro finale siglato da un "madre di dio" dal sapore vagamente riconducibile alla periferia di Tijuana, Messico. Nessun "Gesummaria" di lampedusiana memoria, no.
La signorina Elisa, all'interrogatorio di rito, non ha manifestato assolutamente niente di speciale, fatto salvo l'accumulo e la condensazione di una necessità minchiale ai livelli di guardia, essendo che la signorina Elisa il cazzo prima del mio lo aveva preso a Sharm, ad opera dell'egiziano-tritatutto di turno, nell'anno 2010. Non lo prende nel culo, mai provato, mai sentita l'esigenza, non ha mai fatto le corna, mai un triangolo, dell'orgia non ne parliamo, mai stata con una donna anche se dieci anni fa al mare con una tizia tedesca vicina di ombrellone per un attimo c'è andata vicina (al pensiero, intendiamoci), si masturba con regolarità quasi quotidiana con il solo uso delle dita e, talvolta, di una zucchina (ammissione che l'ha fatta arrossire e ridacchiare coprendosi il viso).
La signorina Elisa è la normalità assoluta, invidiabile, inviolabile, indeformabile.
Sarebbe un peccato forzarla a qualsiasi cosa fuori dal suo protocollo.
Un peccato e un sacrilegio, perchè alla fine la signorina Elisa è gradevole, galleggiando giusto quei cinquanta centimetri sopra il livello del nulla, facendolo con rassicurante eleganza e pacifico buonsenso, miscela che ha un sapore di pace che non sentivo da tempo.
Speriamo non mi prenda in parola e smetta di depilarsi le ascelle.
Ma se anche smette, pazienza.
La signorina Elisa si incammina verso i quaranta, è zitella e lavora all'Ufficio del Registro ed è per quello che ci siamo casualmente conosciuti, piaciuti, caffettati e scambiati i parlàfoni, nel senso dei numeri e allora sabato mi chiama e mi dice senti mo, di andare al mare c'è da essere matti, ma perchè non andiamo in piscina?, che ho apprezzato il pensiero, primo perchè ha fatto la mossa lei che vuol dire che c'è fame cazziale, secondo perchè ero ben stanco di stare da solo e un bel domenicone emiliano in mezzo al carnaio della piscina con a fianco la figa mi faceva tanto anni 80, come i suoi capelli d'altra parte, che un tuffo nel passato con Frankie Goes To Hollywood a cannone nella testa ci stava tutto, ma proprio tutto.
Pizza margherita e bibita, caffè e Ramazzotti e la Elisa mi fa una svolazzata periferica sulle sue sfighe, ma con garbo e scarsi dettagli, cosa che ho apprezzato, poi per errore il suo piedino liscissimo incrocia il mio sotto il tavolo e lei si scusa sentitissima e c'è mancato poco che mi si scappellasse la Minchia Tarella Randazza e mi uscisse dal bordo dello Speedo Espositore, che devo dire che l'ho beccata il suo bel sei o sette volte a rimirare il Pilone Pitonato a riposo.
Si fa una certa, lasciamo il carnaio, rilancio io questa volta, ma cosa dici se ti porto sul fiume a mangiare il frittone che come fine ci sta tutta e lei ride e mi dice devo passare per casa e io la faccio desistere, ma vai benissimo così, fa un caldo della Madonna della Bistecchiera, ci facciamo due aperitivi in piazza e poi così come siamo ci muoviamo verso il frittone e così facciamo, incuranti del fatto che ogni due per tre la terra accenna ad un passo di danza, ma che birichina.
Non vedevo una fica pelosa nature dagli anni novanta, lo confesso. E come tutte le cose inconsuete, quella fica a marmotta mi ha ingallato come un Zitrone Rampazzo e gliel'ho leccata e mangiata che a momenti le faccio la ceretta a leccate. Le tettine graziose triangolate di bianco col capezzolo regolare ed elegante mi stavano quasi tutte in bocca e in un impeto di disturbo bipolare le ho mormorato, arrapato come il miglior porno attore dell'epoca, che mi sarebbe piaciuto che avesse le ascelle pelose e lei si è ingrifata e mi ha massaggiato il cuoio capelluto in ricrescita, pronunciando la vocale "o" seguita da una serie di "Tazio" che ho scoperto essere lo strumento indicatore dello stadio calorile.
La signorina Elisa prende la pillola per motivi terapeutici ed io ne ho tratto beneficio, sborrando gioioso e copioso sulla e nella marmottina sbarazzina, conducendola a reiterati orgasmi conditi di riferimenti sacri quali "oddio", "madonna mia", ma anche invocazioni familiari quali "mamma mia" e un culmine familare sacro finale siglato da un "madre di dio" dal sapore vagamente riconducibile alla periferia di Tijuana, Messico. Nessun "Gesummaria" di lampedusiana memoria, no.
La signorina Elisa, all'interrogatorio di rito, non ha manifestato assolutamente niente di speciale, fatto salvo l'accumulo e la condensazione di una necessità minchiale ai livelli di guardia, essendo che la signorina Elisa il cazzo prima del mio lo aveva preso a Sharm, ad opera dell'egiziano-tritatutto di turno, nell'anno 2010. Non lo prende nel culo, mai provato, mai sentita l'esigenza, non ha mai fatto le corna, mai un triangolo, dell'orgia non ne parliamo, mai stata con una donna anche se dieci anni fa al mare con una tizia tedesca vicina di ombrellone per un attimo c'è andata vicina (al pensiero, intendiamoci), si masturba con regolarità quasi quotidiana con il solo uso delle dita e, talvolta, di una zucchina (ammissione che l'ha fatta arrossire e ridacchiare coprendosi il viso).
La signorina Elisa è la normalità assoluta, invidiabile, inviolabile, indeformabile.
Sarebbe un peccato forzarla a qualsiasi cosa fuori dal suo protocollo.
Un peccato e un sacrilegio, perchè alla fine la signorina Elisa è gradevole, galleggiando giusto quei cinquanta centimetri sopra il livello del nulla, facendolo con rassicurante eleganza e pacifico buonsenso, miscela che ha un sapore di pace che non sentivo da tempo.
Speriamo non mi prenda in parola e smetta di depilarsi le ascelle.
Ma se anche smette, pazienza.
lunedì 17 giugno 2013
Vita di merda
'Sto lavoro non finisce mai, mai, mai, mai, mai, mai, mai, fiaccato dalle continue ingerenze di un Grantestadicazzo che caca la grana per realizzarlo e non manca mai di ricordarmelo che lui caca la grana per realizzarlo.
E io monto e rismonto, sceneggio e riambiento, riscrivo story-board e sembra che ci siamo, ma poi arriva il Grantestadicazzo con al seguito la figlia plasmata in un blocco monolitico di merda che fa la faccia schifata, mi insegna il mestiere e mi suggerisce soluzioni che mi fanno liquefare la minchia che mi scivola attonita lungo le cosce come una cagata non trattenuta, infilandosi nelle scarpe.
Nemmeno la tecnica "ditemi cosa volete che ve lo faccio" funziona, perchè in quel frangente viene sottolineata con garbo e classe la mia inutilità, dato che per fare quello che vogliono loro bastava anche il cugino idrocefalo con l'iPhone, ammettendo implicitamente di avere pensate da ritardati, con tutto il rispetto per questi ultimi, assai più intelligenti di quegli stercorari.
E così scorrono le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, i lustri i decenni e i secoli e io non riesco a raschiarmi via da questo budello fagocitante ed autointasante, mentre sogno l'Africa, la fica sporca e puzzolente, la droga e il malaffare e continuo a fare delle mie giornate delle levate antelucane e delle coricate antelucane, dormendo pochissimo, scoglionandomi a livelli intollerabili, manifestando intolleranza verso il Grantestadicazzo che caca la lira e la Figliammerda che mi insegna il mestiere.
E così, sabato sera, dopo essere uscito da quello studiodimmerda quasi a mezzanotte, seppur fracassato moralmente e genitalmente ho deciso che sarei andato a troie e così ho fatto. E ho rimorchiato la Elide, una sposazza nostrana ruspante over cinquantacinque sanisani, che batteva tra il lusco e il brusco di un porticone del centro direzionale. Due tette monumentali come il suo culo da sposazza della bassa, una bocca arrapante come una fica, dei bei piedi e dei modi gentili, sorridente e rincuorante. E l'ho caricata senza manco chiederle quanto volesse, facendo prua verso il suo lupanare profumato di bacchette d'incenso al lampone e abbellitto da foulard rossi sulle abat-jour. Un lupanare in piena regola, con una Signora Puttana d'altri tempi, una Signora Puttana che soffre (e s'offre, ovviamente) nel timore della concorrenza delle giovani iene, non sapendo quanto io vada apprezzando il piede un po' gonfio col segno dei sandalini eleganti e la carnazza emiliana sudata e ingrassata nei punti giusti.
E allora eccoci nudi come i vermi sessuali sul lettone ottonato che riflette la rossa luce puttanesca e la Elide mi mostra finalmente le tettone paurose e i rotolini erotici e mi spatascia a tutto campo una ciorniona grassa ricoperta di peli radi ai lati e più densi al centro e come in un bagno salvifico mi ci tuffo a bocca aperta assaporando il gusto tropicale ed esotico della fica strausata mentre la Elide mugola da copione accarezzandomi la testa di cazzo sulla quale, finalmente, stanno ricrescendo i capelli. Le ho mangiato la fica con una voracità giurassica, non risparmiando di assaggiare nulla, assaporando il profumo di culo dalle pliche carnose, leccandole i piedi e le ascelle, travolgendola come una furia, ma una furia signorile, offrendole cifre malesi per scoparla a pelle, sortendo un compromesso: mi scopi col guanto e ti faccio venire senza, al quale io ho rilanciato un: ti scopo nel culo e nella fica col guanto e mi fai venire senza, lei ha alzato il prezzo (e che Puttana sarebbe se no?) e io ho tirato il cordino del fischio a vapore che sancisce l'inizio della trivellazione e ho iniziato a trivellare come se fossi il signor Tazio Texaco nell'elegante e signorile Texas.
Natiche geografiche che ingoiano la mia Ultraminchia, buco del culo che ciuccia sciacquettando il lubrificante, fica trapanata alla morte, eruttante fiotti di bianco muco filoso che come bava di seta si tende da un labbrone all'altro, mammelle invadenti e dondolanti al paradosso, pancia, grasso, smagliature, cellulite, sudore, muggiti e sbuffi, dura prova d'atletica sul lettone ottonato che vede solo il susseguirsi di miti vecchietti che si fanno stropicciare le minchie morte da stesi, senza impegnarla in acrobazie ultraterrene come Tazio La Bestia la sta impegnando e poi, dopo un due ore di macelleria messicana, il momento pagato un Perù: la pompa sborraiola a pelle.
Ciuccia baldracca, ciuccia e succhia e aspira e mordi e datti da fare, Signora, che c'ho i coglioni pieni in tutti i sensi ammissibili e la bella porcazza stagionata al refolo del marino (ma quanto s'è drogato quel copy?) mi tira un bocchinazzo di apprezzabile pregio ed impegno che le sgualcisce la messa in piega fatta a pomeriggio da Milvana la Parrucchiera Puttana, con quel ciuffo biondo lavastoviglie che ballonzola come se fosse a bordo di un Tagadà.
E sborro.
Senza avvisaglie apparenti, d'incanto schizzo come Moby Dick un fiotto di sborra bianca che si impenna e poi le plana sulla schiena e mentre attonita mi guarda con stupore ecco il secondo geyser che le centra la gola e la guancia e poi, come nelle sagre paesane, uno scoppiettio di altre piccole schizzatine, mentre la schifatissima Elide non smette di menarmi la fava con le mani inzaccherate di odorosissima sborra.
E torno a casa.
Interrogandomi con insistenza su che cazzo sto facendo a questa pisciata di vita che mi rimane, ridotto a lavorare come un somaro prendendo il Travelgum per non vomitare, non vedendo nessuno, non parlando a nessuno e chiavandomi la più stagionata delle Puttane che trovo.
Qualcosa, qui, va messo a punto.
Decisamente.
E io monto e rismonto, sceneggio e riambiento, riscrivo story-board e sembra che ci siamo, ma poi arriva il Grantestadicazzo con al seguito la figlia plasmata in un blocco monolitico di merda che fa la faccia schifata, mi insegna il mestiere e mi suggerisce soluzioni che mi fanno liquefare la minchia che mi scivola attonita lungo le cosce come una cagata non trattenuta, infilandosi nelle scarpe.
Nemmeno la tecnica "ditemi cosa volete che ve lo faccio" funziona, perchè in quel frangente viene sottolineata con garbo e classe la mia inutilità, dato che per fare quello che vogliono loro bastava anche il cugino idrocefalo con l'iPhone, ammettendo implicitamente di avere pensate da ritardati, con tutto il rispetto per questi ultimi, assai più intelligenti di quegli stercorari.
E così scorrono le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, i lustri i decenni e i secoli e io non riesco a raschiarmi via da questo budello fagocitante ed autointasante, mentre sogno l'Africa, la fica sporca e puzzolente, la droga e il malaffare e continuo a fare delle mie giornate delle levate antelucane e delle coricate antelucane, dormendo pochissimo, scoglionandomi a livelli intollerabili, manifestando intolleranza verso il Grantestadicazzo che caca la lira e la Figliammerda che mi insegna il mestiere.
E così, sabato sera, dopo essere uscito da quello studiodimmerda quasi a mezzanotte, seppur fracassato moralmente e genitalmente ho deciso che sarei andato a troie e così ho fatto. E ho rimorchiato la Elide, una sposazza nostrana ruspante over cinquantacinque sanisani, che batteva tra il lusco e il brusco di un porticone del centro direzionale. Due tette monumentali come il suo culo da sposazza della bassa, una bocca arrapante come una fica, dei bei piedi e dei modi gentili, sorridente e rincuorante. E l'ho caricata senza manco chiederle quanto volesse, facendo prua verso il suo lupanare profumato di bacchette d'incenso al lampone e abbellitto da foulard rossi sulle abat-jour. Un lupanare in piena regola, con una Signora Puttana d'altri tempi, una Signora Puttana che soffre (e s'offre, ovviamente) nel timore della concorrenza delle giovani iene, non sapendo quanto io vada apprezzando il piede un po' gonfio col segno dei sandalini eleganti e la carnazza emiliana sudata e ingrassata nei punti giusti.
E allora eccoci nudi come i vermi sessuali sul lettone ottonato che riflette la rossa luce puttanesca e la Elide mi mostra finalmente le tettone paurose e i rotolini erotici e mi spatascia a tutto campo una ciorniona grassa ricoperta di peli radi ai lati e più densi al centro e come in un bagno salvifico mi ci tuffo a bocca aperta assaporando il gusto tropicale ed esotico della fica strausata mentre la Elide mugola da copione accarezzandomi la testa di cazzo sulla quale, finalmente, stanno ricrescendo i capelli. Le ho mangiato la fica con una voracità giurassica, non risparmiando di assaggiare nulla, assaporando il profumo di culo dalle pliche carnose, leccandole i piedi e le ascelle, travolgendola come una furia, ma una furia signorile, offrendole cifre malesi per scoparla a pelle, sortendo un compromesso: mi scopi col guanto e ti faccio venire senza, al quale io ho rilanciato un: ti scopo nel culo e nella fica col guanto e mi fai venire senza, lei ha alzato il prezzo (e che Puttana sarebbe se no?) e io ho tirato il cordino del fischio a vapore che sancisce l'inizio della trivellazione e ho iniziato a trivellare come se fossi il signor Tazio Texaco nell'elegante e signorile Texas.
Natiche geografiche che ingoiano la mia Ultraminchia, buco del culo che ciuccia sciacquettando il lubrificante, fica trapanata alla morte, eruttante fiotti di bianco muco filoso che come bava di seta si tende da un labbrone all'altro, mammelle invadenti e dondolanti al paradosso, pancia, grasso, smagliature, cellulite, sudore, muggiti e sbuffi, dura prova d'atletica sul lettone ottonato che vede solo il susseguirsi di miti vecchietti che si fanno stropicciare le minchie morte da stesi, senza impegnarla in acrobazie ultraterrene come Tazio La Bestia la sta impegnando e poi, dopo un due ore di macelleria messicana, il momento pagato un Perù: la pompa sborraiola a pelle.
Ciuccia baldracca, ciuccia e succhia e aspira e mordi e datti da fare, Signora, che c'ho i coglioni pieni in tutti i sensi ammissibili e la bella porcazza stagionata al refolo del marino (ma quanto s'è drogato quel copy?) mi tira un bocchinazzo di apprezzabile pregio ed impegno che le sgualcisce la messa in piega fatta a pomeriggio da Milvana la Parrucchiera Puttana, con quel ciuffo biondo lavastoviglie che ballonzola come se fosse a bordo di un Tagadà.
E sborro.
Senza avvisaglie apparenti, d'incanto schizzo come Moby Dick un fiotto di sborra bianca che si impenna e poi le plana sulla schiena e mentre attonita mi guarda con stupore ecco il secondo geyser che le centra la gola e la guancia e poi, come nelle sagre paesane, uno scoppiettio di altre piccole schizzatine, mentre la schifatissima Elide non smette di menarmi la fava con le mani inzaccherate di odorosissima sborra.
E torno a casa.
Interrogandomi con insistenza su che cazzo sto facendo a questa pisciata di vita che mi rimane, ridotto a lavorare come un somaro prendendo il Travelgum per non vomitare, non vedendo nessuno, non parlando a nessuno e chiavandomi la più stagionata delle Puttane che trovo.
Qualcosa, qui, va messo a punto.
Decisamente.
lunedì 10 giugno 2013
Nutella burro e banana
Siedo al banco del pub mentre accanto a me uno sfigato da panico, imbevuto di acqua di colonia dozzinale (forse un dopobarba Mennen) e tirato come una scorreggia di campagna, chiacchiera con la sua troia maialazza ruspante e stagionata, altrettanto tirata come una scorreggia, ma evidentemente senza specchi a casa e sicuramente senza la consapevolezza della data di nascita stampata sulla carta di identità che ha in borsa.
Bevo un Jack Daniel's doppio mangiando una crêpe Nutella burro e banana e, mio malgrado, nonostante una domenica passata a tagliare e rimontare e a tagliare e rimontare sino alle 23:30, odo forzatamente i loro vacui e nauseabondi discorsi intrisi di diarrea purulenta.
I rumeni sono delle merde, gli albanesi dei ladri assassini, i "negri" tutti spacciatori, gli indiani e i pakistani delle bestie e lo dice anche la Lina che è "afferrata nel campo" perchè lavora in ospedale.
Afferrata nel campo.
La più afferrata a quel banco sembra lei, la letamaia ruspante con la cellulite che traborda da una gonna troppo corta anche per sua figlia, sempre auspicando con forza che la sozza ragade anale non si sia riprodotta.
Lo scroto che l'accompagna sorride beato e rincara la dose spiegando alla troia merdosa cosa farebbe ben lui a questa massa di scarti umani, snocciolando originalissime idee mai sentite prima, che vanno dal rimpatrio a bordo di carri bestiame, sino alla pena di morte, ma in questo caso con una variante fantasiosa, data dal rammarico che possano morire una volta sola.
E penso alla Lina afferrata nel campo e mi auguro che sia stata afferrata da quattro psicopatici di stirpe millenaria distribuita tra Brisighella e Faenza, che le facessero prendere un cagone della Madonna, ma senza farle del male, solo facendola cagare addosso anche il ponte provvisorio, tanto perchè questi razzisti di merda possano avere un punto di vista un po' più largo del loro (già assai largo, d'accordo) buco del culo, rallentando così la pressione sul cervello che pare, nel loro caso, risiedere negli immediati paraggi.
Bevo un Jack Daniel's doppio mangiando una crêpe Nutella burro e banana e, mio malgrado, nonostante una domenica passata a tagliare e rimontare e a tagliare e rimontare sino alle 23:30, odo forzatamente i loro vacui e nauseabondi discorsi intrisi di diarrea purulenta.
I rumeni sono delle merde, gli albanesi dei ladri assassini, i "negri" tutti spacciatori, gli indiani e i pakistani delle bestie e lo dice anche la Lina che è "afferrata nel campo" perchè lavora in ospedale.
Afferrata nel campo.
La più afferrata a quel banco sembra lei, la letamaia ruspante con la cellulite che traborda da una gonna troppo corta anche per sua figlia, sempre auspicando con forza che la sozza ragade anale non si sia riprodotta.
Lo scroto che l'accompagna sorride beato e rincara la dose spiegando alla troia merdosa cosa farebbe ben lui a questa massa di scarti umani, snocciolando originalissime idee mai sentite prima, che vanno dal rimpatrio a bordo di carri bestiame, sino alla pena di morte, ma in questo caso con una variante fantasiosa, data dal rammarico che possano morire una volta sola.
E penso alla Lina afferrata nel campo e mi auguro che sia stata afferrata da quattro psicopatici di stirpe millenaria distribuita tra Brisighella e Faenza, che le facessero prendere un cagone della Madonna, ma senza farle del male, solo facendola cagare addosso anche il ponte provvisorio, tanto perchè questi razzisti di merda possano avere un punto di vista un po' più largo del loro (già assai largo, d'accordo) buco del culo, rallentando così la pressione sul cervello che pare, nel loro caso, risiedere negli immediati paraggi.
sabato 8 giugno 2013
Perché
Chiappette bianche con una tonalità verdastra e in mezzo un triangolino grigio di sottili peli biondi che le incorniciano il piccolo e grazioso buchino del culo. Cavalca rovescia godendo, con la fica ingozzata del mio ipercazzo impermeablizzato senza alternative discutibili.
E io che volevo solamente mangiare qualcosa e far prua verso il letto, ma da solo.
A pranzo avevo fatto un progetto sensato: una domenica delle prossime parto e salgo a Parigi, saluto Hammed, ritiro il mio pacco di roba, lo srotolo e lo caccio in valigia, mi faccio fare i massaggi con la lingua da qualcuna di veramente porca e poi decollo verso sud e ritorno a Dakar.
Mi mette allegria questo pensiero, anche adesso.
Il venerdì sera quel posto è una bolgia infernale, gente dentro e gente fuori, ma è comodo che è vicino al luogo di tortura e allora ho pensato: mi rapisco un panozzo e mi schianto a letto a dormire che sono distrutto, ma poi quella bionda topo mi ha piantato addosso gli occhi azzurri da quando sono arrivato e mi ha tampinato stretto che era in evidente emergenza ficale.
Sto lavorando come forse non ho mai lavorato in vita mia, ma in compenso mi pagano veramente bene e questa è l'occasione sensata di rabboccare l'emorragia, quella che arriva sino ai margini consentiti perchè, sembrerà incredibile, ho stabilito le fasce A e B, cioè quelle che si toccano e si rabboccano e quelle che non si toccano per niente al mondo.
Piacere Antonella, piacere Tazio, la bionda topo ha i capelli corti corti e gli occhi azzurri azzurri, è priva di seni ed è piccolina, per nulla alla moda, per nulla una sbarbata che c'avrà la mia età se non qualcosa di più.
Pensare che, pur essendo ritornato, non riesco a vedere nessuno, nessuna cena alla Solita, nessun pranzo all'Osteriaquellanuova, che basterebbe una mezzorata di macchina per arrivare a Taziopoli, ma niente, non ho il tempo e poi nessuno mi reclama, in onesta verità.
Beviamo una birra che me la offre Antonella, poi mangiucchio un tostone, di che cosa ti occupi?, e tu?, mi guarda con l'aria sognante di chi ha una voglia cannibale tra le cosce ed è una terribile sfigata da vedere, ma una sfigata decisa, determinata e io c'ho voglia quanto lei, che non riesco nemmeno ad andare a puttanazze coi ritmi che reggo.
Non credo sia sostenibile una vita come quella che disegno di notte nei miei sogni, cioè con salite repentine in Europa a prender dei soldi quando capita e poi giù in Africa a spenderli e viverli, però il pensiero mi fa ringiovanire e quindi lo seguo.
Antonella si depila solo le gambe e poi ha: i piedi mal curati con le unghie gialle, i peli grigi sotto le ascelle e una bella marmottina sul pube, i capezzoli ipertrofici e i seni ipotrofici, un rotolino di grasso sulla pancia e un bel culo ben fatto.
E' single poichè mandata affanculo un paio di volte, per cui quando la fica le tira da far male si lancia, ma interpreta la trapanata forestiera in chiave terapeutica: prima si fa, prima si viene, prima ci si saluta, prima si ritorna alla normalità.
Ha la tecnica di un maniscalco in pensione, tira seghe ai limiti dello strappo del frenulo, veloci, dolorose, senza passione, quasi fosse una tappa a cronometro, poi non lo prende in bocca, sorrisino, scusami ma no, figurati Antonella, vorrei solo capire cosa ci facciamo a letto, poi sfila risoluta il goldone rosato dal cassettino vicino e vualà, ecco trasformato il cazzo taziale in una bella bologna di quelle da banco del supermercato e poi sale, dandomi la schiena, si lubrifica la ficazza a manate di saliva e si impala e si immola nella serata mensile del sesso straniero.
D'incanto avverto un'esigenza impellente le guardo quel buchino del culo nell'assoluta certezza che non lo perforerò mai e le dico "scusa un attimo Anto", perchè mi ha detto che la posso chiamare Anto, lei si spala dal palo, io mi sposto un momento e mi sgommo, lei mi guarda attonita ed incomprendente, mentre mi rimetto i vestiti e lei si fa coraggio e mi chiede "te ne vai?" che è una domanda un po' del cazzo, diciamocelo, così le faccio segno di sì con la testa e lei mi chiede perchè.
Perchè.
La domanda apre un mondo di miti risposte che spaziano dalla nonna malata, al malessere, alla cosa improvvisa che mi è venuta in mente, al sentimento rivissuto, alla serata no, insomma di balle da dire ce ne sarebbero state tremilaseicentosette, ma io vengo dall'Africa e sono pure un po' stanco e col cazzo rottino di puttanate a dirotto e le rispondo la sincera verità senza perifrasi e parafrasi e le dico "Perchè scopi di merda e mentre ti chiavo penso a quando devo fare il tagliando alla macchina".
Ecco perchè.
E io che volevo solamente mangiare qualcosa e far prua verso il letto, ma da solo.
A pranzo avevo fatto un progetto sensato: una domenica delle prossime parto e salgo a Parigi, saluto Hammed, ritiro il mio pacco di roba, lo srotolo e lo caccio in valigia, mi faccio fare i massaggi con la lingua da qualcuna di veramente porca e poi decollo verso sud e ritorno a Dakar.
Mi mette allegria questo pensiero, anche adesso.
Il venerdì sera quel posto è una bolgia infernale, gente dentro e gente fuori, ma è comodo che è vicino al luogo di tortura e allora ho pensato: mi rapisco un panozzo e mi schianto a letto a dormire che sono distrutto, ma poi quella bionda topo mi ha piantato addosso gli occhi azzurri da quando sono arrivato e mi ha tampinato stretto che era in evidente emergenza ficale.
Sto lavorando come forse non ho mai lavorato in vita mia, ma in compenso mi pagano veramente bene e questa è l'occasione sensata di rabboccare l'emorragia, quella che arriva sino ai margini consentiti perchè, sembrerà incredibile, ho stabilito le fasce A e B, cioè quelle che si toccano e si rabboccano e quelle che non si toccano per niente al mondo.
Piacere Antonella, piacere Tazio, la bionda topo ha i capelli corti corti e gli occhi azzurri azzurri, è priva di seni ed è piccolina, per nulla alla moda, per nulla una sbarbata che c'avrà la mia età se non qualcosa di più.
Pensare che, pur essendo ritornato, non riesco a vedere nessuno, nessuna cena alla Solita, nessun pranzo all'Osteriaquellanuova, che basterebbe una mezzorata di macchina per arrivare a Taziopoli, ma niente, non ho il tempo e poi nessuno mi reclama, in onesta verità.
Beviamo una birra che me la offre Antonella, poi mangiucchio un tostone, di che cosa ti occupi?, e tu?, mi guarda con l'aria sognante di chi ha una voglia cannibale tra le cosce ed è una terribile sfigata da vedere, ma una sfigata decisa, determinata e io c'ho voglia quanto lei, che non riesco nemmeno ad andare a puttanazze coi ritmi che reggo.
Non credo sia sostenibile una vita come quella che disegno di notte nei miei sogni, cioè con salite repentine in Europa a prender dei soldi quando capita e poi giù in Africa a spenderli e viverli, però il pensiero mi fa ringiovanire e quindi lo seguo.
Antonella si depila solo le gambe e poi ha: i piedi mal curati con le unghie gialle, i peli grigi sotto le ascelle e una bella marmottina sul pube, i capezzoli ipertrofici e i seni ipotrofici, un rotolino di grasso sulla pancia e un bel culo ben fatto.
E' single poichè mandata affanculo un paio di volte, per cui quando la fica le tira da far male si lancia, ma interpreta la trapanata forestiera in chiave terapeutica: prima si fa, prima si viene, prima ci si saluta, prima si ritorna alla normalità.
Ha la tecnica di un maniscalco in pensione, tira seghe ai limiti dello strappo del frenulo, veloci, dolorose, senza passione, quasi fosse una tappa a cronometro, poi non lo prende in bocca, sorrisino, scusami ma no, figurati Antonella, vorrei solo capire cosa ci facciamo a letto, poi sfila risoluta il goldone rosato dal cassettino vicino e vualà, ecco trasformato il cazzo taziale in una bella bologna di quelle da banco del supermercato e poi sale, dandomi la schiena, si lubrifica la ficazza a manate di saliva e si impala e si immola nella serata mensile del sesso straniero.
D'incanto avverto un'esigenza impellente le guardo quel buchino del culo nell'assoluta certezza che non lo perforerò mai e le dico "scusa un attimo Anto", perchè mi ha detto che la posso chiamare Anto, lei si spala dal palo, io mi sposto un momento e mi sgommo, lei mi guarda attonita ed incomprendente, mentre mi rimetto i vestiti e lei si fa coraggio e mi chiede "te ne vai?" che è una domanda un po' del cazzo, diciamocelo, così le faccio segno di sì con la testa e lei mi chiede perchè.
Perchè.
La domanda apre un mondo di miti risposte che spaziano dalla nonna malata, al malessere, alla cosa improvvisa che mi è venuta in mente, al sentimento rivissuto, alla serata no, insomma di balle da dire ce ne sarebbero state tremilaseicentosette, ma io vengo dall'Africa e sono pure un po' stanco e col cazzo rottino di puttanate a dirotto e le rispondo la sincera verità senza perifrasi e parafrasi e le dico "Perchè scopi di merda e mentre ti chiavo penso a quando devo fare il tagliando alla macchina".
Ecco perchè.
martedì 4 giugno 2013
Sulle note degli ex coniugi Bano
Bonjour, come va?, come va?, tutto ok?, tutto ok?
Ah, la saggezza delle parole di Cara terra mia degli ex coniugi Bano.
Come va. Eh, come va.
Va che lavoro come un animale, rivestendo il ruolo ingrato del direttore creativo senza account executive, ossia occupandomi della produzione e anche facendo da cuscinetto para colpi tra un cliente molto importante e molto impossibile ed una squadra sveglia e skillata, che alla ventiquattresima modifica richiesta comincia a dar di matto, non senza ragione.
Per il resto è tutto brodo grasso. Come fringe benefits vivo in una palazzina ristrutturata di recente in pieno centro storico, in una mansarda molto fica arredata con scelte discutibili, ma comunque fica. Ho un cortile interno molto verde dove parcheggio la Fiat 500 blu metallizzato con interni di pelle grigia in dotazione. Due piani sotto ho anche una GILF single, sui sessantacinque, molto sexy, sulla quale faccio sogni erotici e mi tiro seghe furiose, anche un po' sulla scorta delle memorie sulla Marisozza.
[Mi corre l'obbligo di segnalarvi che non sono a Milano, ma nel capoluogo di provincia taziale, just to mention.]
La vita rimane distribuita in cloud tra uno scatolone a Parigi, alcune cose a Dakar e un ex ufficio-residenza-formale a Taziopoli, ma ho deciso di congelarla così com'è, nella speranza di ritornare ad essere Tazione l'Africano al più presto, non appena concluso questo incubo di lavoro molto ben pagato. Nelle sere in cui mi armo di take away cinese alle 23:30, appena uscito dall'agenzia, mi conforta baloccarmi con Internet e ipotizzare un viaggio di sola andata Milano - Dakar. Sì, mi conforta molto.
Sabato scorso, senza alcuna volontarietà, mi sono preso cura della mia vita sessuale.
Sono andato nell'ex bottega taziale, attualmente ridotta come una merda abbandonata, nella quale trova ricovero l'ammasso delle mie povere cose, obiettivo recupero abiti.
Al termine sono sceso e sono andato a salutare la Siusy, prendendo un caffè al Salmonella Bistrot di sua proprietà. Nel fotogramma successivo era sera, avevo mangiato una buona frittura e la Siusy cavalcava il mio Femore di Dinosauro che neanche John Wayne in Giubbe Rosse.
Mi ha fatto godere moltissimo, un po' che c'aveva una voglia di cazzo che era oltre il limite rosso del patologico, un po' perchè va detto che le africane sono passionali e sono ultrafiche, ma non sono mai troie. Sono natura che chiava, travolgenti, coinvolgenti, estasianti, ma se vuoi troiaggine distillata allo stato puro devi chiavarti una bianca, sozza e lurida come solo la Siusazza sa essere.
Ed allora ecco che diviene armonico ed appassionante come uno standard di jazz sgusciarle involontariamente dal buco del culo ed osservare che la maialona tutta pieghe, curve, mammelle e piedi da Nobel si gira di scatto come un Velociraptor, abboccandomi l'uccello per succhiarlo con voracità, incurante del tanfo di intestino che fluiva dal buco del culo ancora spalancato e, ragionevolmente, del sapore della sua merda sulla pelle del mio cazzo. Molto tecnica, molto seducente, specie considerando la volontarietà studiata dell'atto di cui, durante lo sbocchinamento sonoro, i suoi occhietti misuravano il grado di arrapamento generato in me. Il from-ass-to-mouth ha sempre il suo raffinato fascino. Brava Susazzona, dieci e lode.
Rieccomi in provincia, rieccomi nell'Emilia dalle ferite indelebili in fase di lentissima guarigione per automedicazione, dove risulta insopportabile che medici che non hanno prestato alcuna cura vengano ad autocelebrarsi addosso la perizia del loro inesistente ospedale.
Un tempo una di Varese, sghignazzando, mi chiese che cazzo mai ci fosse qui da me da rendere così ricchi alcuni ricchi, considerando che siamo "in mezzo alla campagna".
Spero abbia appreso dai telegiornali che PIL produciamo e che eccellenza industriale abbiamo.
E questo, vi dirò, è anche uno dei motivi per cui tiro notte fonda per dare il meglio di me a chi ha bisogno di qualcosa di veramente tosto per tirarsi in piedi di nuovo.
Baci.
Ah, la saggezza delle parole di Cara terra mia degli ex coniugi Bano.
Come va. Eh, come va.
Va che lavoro come un animale, rivestendo il ruolo ingrato del direttore creativo senza account executive, ossia occupandomi della produzione e anche facendo da cuscinetto para colpi tra un cliente molto importante e molto impossibile ed una squadra sveglia e skillata, che alla ventiquattresima modifica richiesta comincia a dar di matto, non senza ragione.
Per il resto è tutto brodo grasso. Come fringe benefits vivo in una palazzina ristrutturata di recente in pieno centro storico, in una mansarda molto fica arredata con scelte discutibili, ma comunque fica. Ho un cortile interno molto verde dove parcheggio la Fiat 500 blu metallizzato con interni di pelle grigia in dotazione. Due piani sotto ho anche una GILF single, sui sessantacinque, molto sexy, sulla quale faccio sogni erotici e mi tiro seghe furiose, anche un po' sulla scorta delle memorie sulla Marisozza.
[Mi corre l'obbligo di segnalarvi che non sono a Milano, ma nel capoluogo di provincia taziale, just to mention.]
La vita rimane distribuita in cloud tra uno scatolone a Parigi, alcune cose a Dakar e un ex ufficio-residenza-formale a Taziopoli, ma ho deciso di congelarla così com'è, nella speranza di ritornare ad essere Tazione l'Africano al più presto, non appena concluso questo incubo di lavoro molto ben pagato. Nelle sere in cui mi armo di take away cinese alle 23:30, appena uscito dall'agenzia, mi conforta baloccarmi con Internet e ipotizzare un viaggio di sola andata Milano - Dakar. Sì, mi conforta molto.
Sabato scorso, senza alcuna volontarietà, mi sono preso cura della mia vita sessuale.
Sono andato nell'ex bottega taziale, attualmente ridotta come una merda abbandonata, nella quale trova ricovero l'ammasso delle mie povere cose, obiettivo recupero abiti.
Al termine sono sceso e sono andato a salutare la Siusy, prendendo un caffè al Salmonella Bistrot di sua proprietà. Nel fotogramma successivo era sera, avevo mangiato una buona frittura e la Siusy cavalcava il mio Femore di Dinosauro che neanche John Wayne in Giubbe Rosse.
Mi ha fatto godere moltissimo, un po' che c'aveva una voglia di cazzo che era oltre il limite rosso del patologico, un po' perchè va detto che le africane sono passionali e sono ultrafiche, ma non sono mai troie. Sono natura che chiava, travolgenti, coinvolgenti, estasianti, ma se vuoi troiaggine distillata allo stato puro devi chiavarti una bianca, sozza e lurida come solo la Siusazza sa essere.
Ed allora ecco che diviene armonico ed appassionante come uno standard di jazz sgusciarle involontariamente dal buco del culo ed osservare che la maialona tutta pieghe, curve, mammelle e piedi da Nobel si gira di scatto come un Velociraptor, abboccandomi l'uccello per succhiarlo con voracità, incurante del tanfo di intestino che fluiva dal buco del culo ancora spalancato e, ragionevolmente, del sapore della sua merda sulla pelle del mio cazzo. Molto tecnica, molto seducente, specie considerando la volontarietà studiata dell'atto di cui, durante lo sbocchinamento sonoro, i suoi occhietti misuravano il grado di arrapamento generato in me. Il from-ass-to-mouth ha sempre il suo raffinato fascino. Brava Susazzona, dieci e lode.
Rieccomi in provincia, rieccomi nell'Emilia dalle ferite indelebili in fase di lentissima guarigione per automedicazione, dove risulta insopportabile che medici che non hanno prestato alcuna cura vengano ad autocelebrarsi addosso la perizia del loro inesistente ospedale.
Un tempo una di Varese, sghignazzando, mi chiese che cazzo mai ci fosse qui da me da rendere così ricchi alcuni ricchi, considerando che siamo "in mezzo alla campagna".
Spero abbia appreso dai telegiornali che PIL produciamo e che eccellenza industriale abbiamo.
E questo, vi dirò, è anche uno dei motivi per cui tiro notte fonda per dare il meglio di me a chi ha bisogno di qualcosa di veramente tosto per tirarsi in piedi di nuovo.
Baci.
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