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venerdì 30 dicembre 2011

Aspettando Docciot


Buonasè.
Giornata intensa oggi. Mi sono sottoposto, per tre interminabili ore, ad un infernale trattamento di strappamento di peli e spinzettamento nei luoghi più impervi. Il mio corpo è stato coperto di cera bollente e poi strappato, abusato, martoriato. Giovani professioniste maneggiavano il mio uccello come fosse taglio di fesa di tacchino, impartendo ordini cortesi, ma irreversibili. “Si giri”. “Apra”. “Si pieghi in avanti”. “Alzi”.
Due donne sconosciute conoscono ogni millimetro del mio Stupendo Corpo di Manzo Maschio rinsanguato col Granporco di Razza Cruda. Hanno toccato, steso, strappato senza tregua, con distacco. Hanno spinzettato il mio scroto, il mio ano, il mio perineo, portandomi allo stadio di Gran Glabro Sessuale A Bestia  in vista della seratona Travesta di domani.

“Vedrà che le cresceranno sempre meno” mi rassicura la Senior che ha brandito il mio Uccellone senza nessuna emozione visibile. “Speriamolo” le ho risposto di rimando. Poi siamo passati al trucco. Dove mi è stato insegnato come fare e mi sono stati consegnati i prodottini. Perché io devo truccarmi max in 5 minuti, mica posso lasciare la Domi di là per tre ore. Fortuna che sono un artista e c’ho una manualità da paura.
Al termine me lo sono detto da sola, ma sono una figa da paura.

Espletato l’aspetto cura del Corpo di Porco Umano, sono sceso veloce dalla montagna e sono ritornato a Taziopoli, dove c’era il rendez-vous Domizieo focalizzato all’acquisto di tutto ciò che non è pesce, che a quello ci pensa lei domani. E così, ancora bruciante di strappi e spinzettamenti, ma con una divina sensazione di troia affamata che mi serpeggiava tra gli inguini, ci siamo diretti al supermercatone.
Da morire.
La Domi guidava le operazioni di guerra. Veloci ed inesorabili. C’era l’universo di gente. Lista alla mano la bella Pornorossa declamava ciò che toccava dopo e io facevo prua verso lo scaffale  a me noto.
Nessun vino è stato acquistato. Quelli arrivano con lei e il pesce.
Molti liquori sono stati comperati.
Più sei bottiglie di Veuve Cliquot Ponsardin, che a me piace anche se lei ha detto “Mh, sì dai, se non c’è di meglio va bene”.

Poi a un tratto, mentre prendevo del caffè dallo scaffale, mi si avvicina con fare circospetto.
Porta una ciocca dietro all’orecchio, finge di grattarsi la bocca per non far riconoscere il labiale e mi mormora “Girati piano. Dietro a te. La bionda. E’ senza calze.”
E mi giro e la vedo, la biondona uccellaia stagionata issata sulle scarpe paperine viola di camoscio che risaltano ancor di più il venato ultrasexy collo del piede bianchissimo. Busted. Sei senza calze. Troia.
 E ce ne andiamo iper rapidi alla cassa, io e la mia complice feticista e lesbichetta inconsapevole e ci puppiamo due ore di coda, ma almeno sono riuscito a evitare la Giuliana, che però mi ha puntato e tenuto d’occhio come il coccodrillo tiene d’occhio la gazzella che beve alla pozza, sorridendo appena ammiccante.

E poi siamo tornati a casa, con la merce e la Domìna mi ha detto che si faceva la doccia e io ho detto ok, ma poi ho aggiunto “sono talmente distrutto che mi vorrebbe un Americano e un pompino”.

“Dammi dieci minuti e ti faccio l’uno e l’altro”

La mia Domi. Siamo come pane e burro io e la mia Domi.

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