Pagine

sabato 31 dicembre 2011

Nel profondo


Mormori con la faccia premuta sul cuscino, capelli rossi spettinati e sparsi. Indossi la maglietta con le maniche lunghe viola e basta. Hai le natiche lucide e io sono dentro di te, dietro, che mi muovo appena. Dentro fino in fondo. E tu mormori. Con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta. Tra i capelli.

Mormori lenta che ti piace ogni volta di più, di dietro. E io mi muovo lentissimo e tu mormori “ooo…ddddd….ioooo….mmmmioooo” stringendo con le mani eleganti il cuscino. Ti bacio la guancia, sussurrandoti che te lo allargherò come quello delle puttane e mi dici “sì” con un sorriso molle e debosciato. E mi muovo, arretro appena e tu apri la bocca fiatando una “a” silenziosa che si disperde nel nulla. Spingo piano e torno dentro e sibili “ooo… dddddio…”. Sei calda bollente dentro e fuori e non pulsi e stringi più.

Ti sussurro appena, dicendoti che vorrei avere due cazzi per riempirti sia il culo che la figa e mentre lo dico scivolo lentamente all’indietro e tu alzi la testa dal cuscino mugolando una “a” più decisa che si disperde e resti a bocca aperta ed occhi semichiusi dai quali non si riesce quasi a vedere l’iride verde.
Premo e rientro mentre mordi la federa e ti chiedo se lo vorresti un cazzo nella figa adesso e mi dici di sì e quella “i” diventa quasi un pianto.

Le medesime cose assumono significati e sapori diversissimi. Sodomizzarti lentamente, delicatamente, preoccupandomi di darti ogni brivido che mi rendo conto di poterti dare è mostruosamente più sensuale ed erotico di quel ficcare ossessivo dentro a quei culi slabbrati di quelle troie insensibili e fameliche.
Il tuo ano trema, dilatato, delicato, diventa recettore e generatore di mille microscopiche sensazioni e scosse e mi dici che senti i brividi sino alla nuca quando spingo in fondo e li senti correre sino ai capezzoli quando scivolo fuori.

Scivolo. Piano. Pianissimo. Guardo il mio cazzo lucido che esce, mentre tu miagoli ad occhi semichiusi.
Non voglio vedere quanto largo ti rimane il buco se esco, no. Voglio scivolare fuori sino alla cappella, poi versare sull’asta altro lubrificante e rientrare. Scivolo dentro e ti inarchi. Si vedono le scapole dalla maglietta viola sottile. I capelli sparsi. Non offri più alcuna resistenza e lo sento. Dentro. Pausa. Scivolo indietro, poi dentro, poi indietro, poi dentro.

Sollevi il culo, spingi all’indietro per metterti sulle ginocchia e io arretro, lasciandoti muovere, rimanendoti dentro e quando arrivi ad avere il culo all’insù e la faccia schiacciata sul cuscino, godo del cuore trafitto nel centro, spingendo il mio dardo nella carne scura dell’ano e mentre io spingo tu spingi all’indietro, mugolando tremante dei “sì” disperati e io spingo e tu spingi, più forte, più rapidi e sei senza resistenza, sfibrata, molle, aperta. Poi scivolo fuori e ti stendo sul fianco e te lo rimetto veloce, senza fatica, entrando nel burro sciolto del tuo muscolo esausto e ricominci a godere, spettinata, la bocca aperta, la testa reclinata sulla mia spalla, gli occhi chiusi, inarcata, lasciando che sia io a trafiggerti profondamente, cingendo il tuo corpo stupendo con un braccio sul quale stringi la mano, mentre affondo veloce e mi mugoli incerta che sono bravissimo e ti faccio godere e d’un tratto ti animi, mi istighi, mi pianti le unghie e vuoi che ti venga dentro e ti ecciti e divieni agitata e mi chiedi sempre più forte di venirti dentro e io comincio a venire e lasci cadere la testa con un sorriso ed un grugnito e spingi quando spingo e poi scivolo fuori e corro con l’asciugamano a pulire quelle tracce che, con altre, erano goduriosa fonte di umiliazione e, pertanto, andavano osservate ed evidenziate.

Pulisco, ti pulisco, mi pulisco, getto l’asciugamano e cado di schiena, ti giri, mi baci e con la mano ti tocchi tra le natiche e io so il perché, so che è perché ti sembra che non si chiuda più ed allora mi alzo di scatto e te le allargo e allargando il tuo buco sente il riflesso e si riapre, gonfio, ovale, come la bocca della maschera greca della tragedia e quelle pliche che di solito sono sottili ora sono grosse, rosse, lucide, gonfie.
Te lo bacio e sussulti ridendo, poi mi stendo e mi dici serissima e drammaticamente emozionata che ti piace da morire prenderlo lì e che mai e poi mai avevi goduto e pensato che facesse godere a quel modo e poi crolli sfinita.

C’è il tuo odore nella stanza. L’odore delle tue feci mollicce che il mio stantuffare ha mosso. Io lo adoro, tu non te ne curi ed è quello il punto di incontro tra l’osceno e il sublime. L’intimità che cancella i confini, l’intimità che non solo si fa accettazione dei tabù ancestrali, ma diventa ricerca degli stessi come fonte di piacere perché, a quel modo, diviene speciale ed unica intimità.

Sono pazzo di te.

1 commento:

  1. E' così che deve essere, la vera intimità.
    Auguri di buon anno, tà.

    RispondiElimina