Stivali sportivi neri col tacco basso, collant di lana coprenti neri,
gonna nera a metà coscia e poi un golfino di lana nero a due bottoni, sotto il
quale ha una maglia nera aderente. I capelli neri si sciolgono in migliaia di
ricci indomati, perché questa sera non c’è nessuna Madame o Miss Milly dalle
acconciature e dal make up anni cinquanta, ma solo una Milly in esilio forzato,
spodestata temporaneamente dal suo trono, perché il Gran Consiglio dei Saggi
sabato sera ha ritenuto opportuno spingerla a sospendere la cultura e l’arte
che si profondono usualmente, a salvaguardia della sicurezza e della
discrezione.
Parliamo, si racconta, beve molto. E’ la prima volta che le capita una serrata forzata, ma la situazione la
impone, come confermato anche da fonti
interne assolutamente attendibili. La Casa dorme, niente più sogni
proibiti, almeno per un po’, probabilmente per un bel po’.
Ha un’aria triste, devo dirlo. Ma rimane bellissima, perché sarebbe
magneticamente attraente anche se si vestisse da palombaro.E’ sensuale,
carnale, misteriosa, cattiva.
Le chiedo perché io, a cena, stasera. Mi risponde perché io non
capitalizzo ogni cosa, non è nel mio stile, se accetto lo faccio perché mi va,
non per secondi fini o strategie. Ed è vero. Sarà lo stesso anche per lei?
“E Inquieta?” chiedo cercando
di figurarmi il nuovo assetto delle cose.
“E le ragazze?” insisto.
“A loro è stato spiegato con
chiarezza cosa fare e cosa non fare, è tutto a posto.”
Con chiarezza. Immagino la chiarezza d’esposizione e la forza
convincente delle motivazioni, sì.
In un giorno, puf, tutto
sparito. Ma sempre tutto sotto gli occhi.
Potenza della cultura e dell’associazionismo, diciamo così.
“Io sono arrivata” mi dice
fermandosi davanti alla porta di un palazzetto del centro.
Accidenti, un esilio in piena regola con tanto di cambio di residenza,
seppure anche questo sotto gli occhi di chiunque, ad appena trenta chilometri
dal luogo del delitto.
Mi guarda con gli occhi che ridono sinistri e un accenno di seducente
sorriso.
“Hai voglia di farmi sudare?”
mi sussurra spregiudicata, aderendo al mio corpo, tenendomi le mani.
“Molta voglia” rispondo
veritiero, percorso da un brivido nello stomaco.
Quando Madame Milly diviene solo Milly gode grassa, gode popolare, gode
di passione. E gode moltissimo. E fa godere moltissimo. Milly, a tratti, ha
fame di normalità. Come tutti quelli che campano di straordinarietà per non
dire, forse più propriamente, di anormalità. Milly La Pasionaria si abbandona
al piacere travolgendomi, confessando di non aver mai smesso di volermi da
quelle volte, confidandomi di voler passare una settimana a scopare con me,
continuamente. E l’idea è tentatrice, devo ammetterlo.
Milly La Pasionaria quando viene mi abbraccia forte e mi bacia forte e
le scendono due lacrime calde che mi affretto a leccare. Mi piace far godere
Milly La Pasionaria. E’ una soddisfazione che profuma dello stesso aroma che la
l’aria rarefatta dell’Olimpo degli Dei, oltre che di pelosa figa latina.
Piove e fumiamo stesi sul letto, mentre quel rumore meraviglioso ci
picchietta sulla testa.
“L’hai più incontrata?” mi
chiede carezzandomi lieve i capelli.
“No. L’ho cercata, ma non mi ha
voluto vedere” – “Ha fatto bene, neanche io ti avrei voluto rivedere”
Spengo la sigaretta e le bacio i seni caldi, stringendoli, appoggiando
la faccia su quelle mammelle sode e generose. E lei mi carezza i capelli,
abbracciandomi.
Fa caldino e fuori piove. Milly odora di femmina.
Lo facciamo e rifacciamo, poi ci addormentiamo.
A un tratto, nella notte, mi sveglio e guardo fuori dalla finestra i
cui scuri sono rimasti aperti. Poi giro la testa e vedo una cascata di ricci
neri sul cuscino ed una porzione di schiena nuda. Il solco della spina dorsale,
le scapole. Un capolavoro di sensualità. Mi avvicino per coprirla, ma lei si
gira, assonnata. Ci baciamo, rotondi capezzoli diventano degli ovali scuri,
duri e appuntiti. Baci, carezze, pelle su pelle, nel buio appena stemperato
dalla luce esterna si erige la scura figura di un’amazzone che cavalca, mentre
le dondolano pigri i seni.
Niente trucco, niente smalti, niente di niente, solo carne e bellezza.
Dondolano pigri e ipnotici, mentre il suo bacino disegna cerchi
sensuali e le sue unghie scorrono appena sulla mia pelle. Poi mi scivola
addosso, la abbraccio, il bacino accelera un po’ e tutto si compie, per
entrambi, per l’ennesima volta. E scivoliamo nel sonno, di nuovo.
L’alba. Mi alzo e vado a farmi una doccia, perché più tardi devo essere
in quel posto a fare quella cosa.
Milly infila una vestaglia e dice “caffè”, poi la raggiungo in cucina.
Scalza. Con addosso la vestaglia di seta nera e grigia, aperta sul
davanti, mozzafiato. La sigaretta in mano. Aspetta che il caffè salga nella
moka. Mi sorride dicendo un ciao sussurrato, gli occhi gonfi la rendono
irresistibilmente bella. La bacio e mentre mi bacia mi abbraccia il collo col
braccio libero.
Sediamo e beviamo il caffè e io sono sedotto da quella gamba
accavallata, nuda, che spinge senza premeditazione quel piede scalzo che punta verso
il centro della stanza.
Beviamo lenti e ci guardiamo.
Lei sorride appena e a guardarla così assomiglia ad Ava Gardner. Sì, ad
Ava Gardner.
Sono quasi le sette e mezzo. Beviamo lenti, senza dire una parola.
Fumiamo e ci guardiamo e poi è un
impulso irresistibile, per entrambi. Abbracciati, io seduto sulla sedia, lei
seduta su di me. Neri ricci cadono sul mio viso, mentre quella bocca diventa
bambina e quegli occhi divengono meravigliosi e non vorrei più uscire da lei.
E mi piace così tanto che vengo assalito da un tagliente senso di
colpa.
Acuto senso di colpa.
Scendo le scale guardando lassù Ava Gardner con la vestaglia chiusa che
mi guarda andare via appoggiata allo stipite, con un sorriso molle e delizioso.
Poi esco in strada a respirare l’aria fredda di una Domiziopoli nella
quale dovrei esserci con un’altra.
E la colpa torna, pungente, tagliente.
Salgo in macchina e parto lentamente, costruendomi pragmatiche ragioni
aventi lo scopo di ristabilire il mio assetto emotivo, perché io odio avere i
sensi di colpa.
E’ stato un meraviglioso ritorno al passato.
E’ per questo che avrei fatto meglio a non accettare l’invito.
Molto "natale" avere dei sensi di colpa, forse troppo.
RispondiEliminaPer fortuna dopo arriva la Befana.
k
non credo che l'innocenza, come contrario di colpa, derivi o sia quantificabile dalla purezza e dalla rettitudine. ma in questi casi quel che pensano gli altri difficilmente conta qualcosa.
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