Da una cripta ittita una voce di donna recita un’antica litania sumera di
cui colgo a tratti delle parole che mi sembra di riconoscere. Paiono dei fonemi
che richiamano l’italiano, quasi dei “peppe” e dei “natale” e dei “divorzio” e
dei “vieni?”. Sono giù di allenamento con il sumero, quindi tento di rispondere
con un antico dialetto farsi, che mi risulta più naturale. E mentre dialogo con
l’aldilà considero che in questo preciso momento una ragazza dai capelli rossi,
con un fisico da segno della croce e dei piedi da crisi esistenziale, vestita
di solo un costumino intero sottilissimo da gara, sta nuotando in piscina e il
pensiero dei suoi piedi quando risale la scaletta mi producono una orogenesi
peniana che si acuisce spaventosamente quando la immagino compiere quel gesto
della nuotatrice che infila gli indici nel bordo posteriore del costume per
diminuire od eliminare l’infrattamento nello spacco culeo.
E, in breve, mi ritrovo a conversare nuovamente con la cripta ittita,
ma con l’uccello barzotto.
“Allora hai deciso cosa fai per
Natale? Vieni da noi alla Vigilia, a Natale or both?”
Penso che dovrò andare a vederla nuotare, la Domi, uno di questi
giorni.
Deve essere mozzafiato.
“Tazio? Mi senti? Ma mi stai
ascoltando?”
“Scusami, Giuia, sì, sì, sì. E’
che non so ancora, ma ti dico a giorni, scusami, promesso.”
Costumino da gara e smalto rosso scarlatto ai piedi, ma che figa è?
Devo andare a vederla, sì.
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