Domani parte e va su. Perché ieri è stata a Rimini e forse, ma forse,
qualcosa si sblocca sulla vendita.
Ma ci vuole l’ok del grande capo. E poi deve portargli su delle carte.
E farsi chiavare, come da contratto, aggiungo io, ma non sono cazzi miei e poi
è pur sempre sua moglie, quindi legittimo.
“Quando torni?” le chiedo che
già mi manca. “Spero venerdì sera” mi
risponde seria e assorta.
A volte il tempo mi terrorizza. La Ade prima o poi sfiorirà e io prima
o poi mi spegnerò.
Ieri sera, uscendo dall’ufficio, ho incontrato la Monica che è una
ragazza che frequentava il baretto dove abbiamo fuso molte delle nostre
giornate da ventenni. Di sfuggita la vedo spesso, abita qui, ma ieri sono
riuscito a salutarla. Per me è sempre figa, per un ventenne è una signora (con
variante vecchia signora). Passammo
un pomeriggio a fonderci a Tetris, lei giocava e io le stavo dietro.
Paleozoico.
Quando, finalmente, la saletta dei videogiochi del bar si svuotò, le
baciai il collo.
Lei giocava sorridendo e io le leccavo la pelle.
Era scura, mora, un fisico atletico da ballerina ed era pelosissima,
sensuale, forte, bella.
Incredibile come non si senta il freddo quando si è arrapati, a
vent’anni.
Fu una serata di condensa tropicale, sedili di finta pelle, pelo e
odore di figa, cazzo e sborra. E senso di colpa, perché io ce l’avevo la
morosa. E lei, maledetta cannibale, dopo aver scopato, che ci stavamo fumando
una siga, nudi nel cumulo di vestiti e cappotti, mi chiese come andava con mia
morosa. Ma c’aveva ragione lei eh. Perché con una mossa, io avevo ingiuriato
due dame: la mia morosa e lei, che seppur avendo accettato di ottimo grado la
scopata, sapeva che il suo era un ruolo di serie B in odore di troianesimo.
Magari sperava di passare in A. E io non consideravo minimamente l’ipotesi.
La Ade, invece, è un mistero alieno.
A volte scompare con la mente chissà dove e nei suoi occhi balenano lampi
sinistri che ti fanno quasi sentire il riecheggiare di lontani tamburi di
guerra.
La Ade è disincantata.
Io mi rendo conto di essere un provincialotto ruspante, molte volte,
rispetto agli standard che entusiasmerebbero davvero la Ade. Però lei si adatta
e ci sta. Per me, per lei, non so, ma non pianta i piedi dicendo che le cose
che prendono me non sono all’altezza delle sue aspettative. Ieri sera, ad esempio,
ha fatto una disamina accurata, propositiva e competente di quel “noi quattro” che, attualmente,
rappresenta un po’ anche il mio ultimo giocattolo. Ne riparlerò oggi.
Però non ha demolito alcunché e questo della Ade mi piace.
Invecchiamo, invecchiamo tutti. Lei è più giovane di me, d’accordo, ma
l’intensità della vita allucinante ed incredibile che conduce comincia a
pesarle. E ieri sera si è visto benissimo. Secondo me è fuor d’acqua qui e
anche in Lussemburgo. La Ade è matura per un’evoluzione, ma questa non la si
vede all’orizzonte ed allora lei staziona, al minimo, brontolando come quei
motori Chevy V8 di cilindrata impressionante e musicalità imbattibile. Un caro
amico diceva che il motore Chevy V8 “ronfa”. E’ vero, ronfano quando sono al
minimo.
E la Ade, secondo me, è al minimo.
E ronfa. In attesa di dare gas. Che con la Ade il concetto di dare gas è molto pericoloso. Ma è così.
Sì, la Ade è un motore Chevy V8.
Possente, instancabile, sexy, affascinante, costosa, musicale e
spietata.
E la vita va, senza un senso, come questo post.
Ma tant’è.
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