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martedì 28 febbraio 2012

Otto cilindri avvù


Domani parte e va su. Perché ieri è stata a Rimini e forse, ma forse, qualcosa si sblocca sulla vendita.
Ma ci vuole l’ok del grande capo. E poi deve portargli su delle carte. E farsi chiavare, come da contratto, aggiungo io, ma non sono cazzi miei e poi è pur sempre sua moglie, quindi legittimo.
“Quando torni?” le chiedo che già mi manca. “Spero venerdì sera” mi risponde seria e assorta.

A volte il tempo mi terrorizza. La Ade prima o poi sfiorirà e io prima o poi mi spegnerò.
Ieri sera, uscendo dall’ufficio, ho incontrato la Monica che è una ragazza che frequentava il baretto dove abbiamo fuso molte delle nostre giornate da ventenni. Di sfuggita la vedo spesso, abita qui, ma ieri sono riuscito a salutarla. Per me è sempre figa, per un ventenne è una signora (con variante vecchia signora). Passammo un pomeriggio a fonderci a Tetris, lei giocava e io le stavo dietro. Paleozoico.
Quando, finalmente, la saletta dei videogiochi del bar si svuotò, le baciai il collo.
Lei giocava sorridendo e io le leccavo la pelle.
Era scura, mora, un fisico atletico da ballerina ed era pelosissima, sensuale, forte, bella.

Incredibile come non si senta il freddo quando si è arrapati, a vent’anni.
Fu una serata di condensa tropicale, sedili di finta pelle, pelo e odore di figa, cazzo e sborra. E senso di colpa, perché io ce l’avevo la morosa. E lei, maledetta cannibale, dopo aver scopato, che ci stavamo fumando una siga, nudi nel cumulo di vestiti e cappotti, mi chiese come andava con mia morosa. Ma c’aveva ragione lei eh. Perché con una mossa, io avevo ingiuriato due dame: la mia morosa e lei, che seppur avendo accettato di ottimo grado la scopata, sapeva che il suo era un ruolo di serie B in odore di troianesimo. Magari sperava di passare in A. E io non consideravo minimamente l’ipotesi.

La Ade, invece, è un mistero alieno.
A volte scompare con la mente chissà dove e nei suoi occhi balenano lampi sinistri che ti fanno quasi sentire il riecheggiare di lontani tamburi di guerra.
La Ade è disincantata.
Io mi rendo conto di essere un provincialotto ruspante, molte volte, rispetto agli standard che entusiasmerebbero davvero la Ade. Però lei si adatta e ci sta. Per me, per lei, non so, ma non pianta i piedi dicendo che le cose che prendono me non sono all’altezza delle sue aspettative. Ieri sera, ad esempio, ha fatto una disamina accurata, propositiva e competente di quel “noi quattro” che, attualmente, rappresenta un po’ anche il mio ultimo giocattolo. Ne riparlerò oggi.
Però non ha demolito alcunché e questo della Ade mi piace.

Invecchiamo, invecchiamo tutti. Lei è più giovane di me, d’accordo, ma l’intensità della vita allucinante ed incredibile che conduce comincia a pesarle. E ieri sera si è visto benissimo. Secondo me è fuor d’acqua qui e anche in Lussemburgo. La Ade è matura per un’evoluzione, ma questa non la si vede all’orizzonte ed allora lei staziona, al minimo, brontolando come quei motori Chevy V8 di cilindrata impressionante e musicalità imbattibile. Un caro amico diceva che il motore Chevy V8 “ronfa”. E’ vero, ronfano quando sono al minimo.

E la Ade, secondo me, è al minimo.
E ronfa. In attesa di dare gas. Che con la Ade il concetto di dare gas è molto pericoloso. Ma è così.
Sì, la Ade è un motore Chevy V8.
Possente, instancabile, sexy, affascinante, costosa, musicale e spietata.

E la vita va, senza un senso, come questo post.
Ma tant’è.

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