“Ciao Susy, mi fai un caffè
americano?”
“Ciao Tazio, subito”
Formali, ufficiali. C’è pubblico, c’è business.
E quindi manco ci si guarda in faccia. Giusto, è così che si fa.
Tu non mi guardi in faccia, ma io ti guardo il culo, le tette, le gambe
e la bocca e rimembro con lurido piacere come sei fatta sotto e con ancor più
lurido piacere le cose che sai fare e che mi hai fatto e che ti ho fatto e che
hai fatto al Costa e alla Ade e tutte quelle che ti sei fatta fare da me, dal
Costa e dalla Ade.
Tu sei un’animalessa con vocazione.
Come la Ade.
E sono le animalesse che comandano.
Sono loro che decidono se qualcosa parte, sono loro che cominciano a
divorarsi lesbiche per scaldare i cazzi, sono loro che decretano la sporadicità
dell’episodio o la sua ripetibilità, sono loro che compiono piccoli miracoli
della comunicazione, come ieri sera quando, solidali come due ufficiali al
comando, con un tono che sembrava scherzoso (sembrava) hanno abbozzato
l’ipotesi di introdurre un’altra coppia tra noi lanciando il gioco “Ma chi? Ma quelli? Ma scherzi ahahahah,
nooo!” che a nulla è valso se non a introdurre, consolidandolo e
legittimandolo, un concetto di “noi quattro
che ci scopiamo”, rendendolo così stabile e permanente e questa, signori, è
arte puttanesca di sopraffina fattura.
Osservo zitto come se tutto mi sfuggisse, facendo il maschio coglione,
così come ci si attende che io sia in certi momenti e mi godo l’arte puttanesca che
mi induce delle considerazioni che sospendo perché, poi, guardo il Costa giocondo
e stonato e felice e mi rendo conto che dovrò assumere il ruolo di suo nume
tutelare, poiché non sono certissimo che abbia il polso della situazione e non
vorrei che ci si sfracellasse il grugno.
“Ecco qui Tazio”
Acqua calda, tazza grande,
caffè.
“Grazie Susy”
Un’occhiata brevissima.
Ma lunga quel tanto che basta per vedere riflesso nei suoi occhi lo
stesso film porno che ho io nei miei.
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