Dieci minuti. In cui ho esposto le mie inossidabili ragioni. Dieci
minuti ed era finito tutto: legami, rapporti, sopportazione reciproca, finta
amicizia, rinverdire forzato da parte mia di ricordi che appartengono solo ad
un passato che è passato e non c’è più. Tric, tagliato il cordone e via a
svolazzare nell’aere persa.
“Mi hai semplicemente anticipato”
mi dice tronfio, col ghigno sprezzante. Ma sì, ma sì, ti ho anticipato, arrivo
in ritardo, non so stupire, avevi già previsto tutto, che patetico che sono,
che ganzo che sei te con quel ghigno di disprezzo, ma intanto tu vai a fare con
il culo che a me non me ne frega un cazzo, N.
Ed è stato il passaggio propedeutico alla mega riunione di bottega,
dove c’eravamo tutti meno uno, quello ganzo che aveva previsto tutto. Utile
aprire rendendo partecipi tutti del perché eravamo tutti meno uno.
Ha favorito il dibattito, la dialettica, perché il tema della
disoccupazione è scottante, molto attuale, molto sociale, molto pericoloso. E
siamo passati all’analisi picometrica dello stato di avanzamento di ciascuno,
con esposizione davanti alla collettività, perché se vogliamo che sia una
comune, la mia bottega, dobbiamo comportarci da freakettoni seri e quindi
esporre le nostre cose a metà tra Walden e la psicanalisi.
E io ho verbalizzato. Ho verbalizzato la ricca sequenza di
giustificazioni, di quasi goal, di se
solo e di non credevo e purtroppo. Bello, mi ha fatto sentire
dentro ad una grande famiglia dove si fa della condivisione della debolezza la
grande forza per affrontare il mondo dei cattivoni, là fuori. Bello davvero.
C’è solo un dettaglio che complica: a me non me ne frega un cazzo e
questa non è la mia famiglia, perché io non ho famiglia e non me ne frega un
cazzo di avere una famiglia. Questa non è casa Bradford, ma è la mia fottuta
bottega del cazzo di merda e quello non
è la romantica prateria, ma è fottuto lavoro di merda che io ho portato con i
denti dentro a questa lurida bottega del cazzo di merda perché venisse svolto
allo stato dell’arte da parte dei miei collaboratori del cazzo di merda.
Cazzo Tazio, non va bene, si discute civilmente, certo avanti, io vi
ascolto, che qualcuno mi erudisca.
Dinamismo, poliforma, morfogenesi ultraplastica, molto kewl, vedo rosa,
batti cinque, up-to-date, cambia il ritmo, suona il pezzo, mixa qui, very good.
Salta bene, balla meglio, tu sei pazzo, certamente, vuoi restare?, o vuoi
andare?, demokràzia indipendente, open mind, open mind, dinamismo, poliforma,
up-to-date, cambia il ritmo, baila guapa, sono pazzo?, certamente, anche peggio
di quel che credi, la minestra e la finestra, filastrocche neorealiste,
dinamismo, dinamismo, senti il ritmo?, metamorfosi kafkiana, la minestra, la
finestra, mica è naja ragazzuoli, né galera brava gente, vuoi andare?, è stato
bello, ciaciacciaounbaciocciao, sei molto kewl, sei troppo avanti, io sono
pazzo?, certo è vero, open mind, open mind, trasformismo ed avanguardia, tutti
capi, tutti dottori, tutti freddi osservatori, tutti lucidi analisti, ho una
proposta, venga avanti, io ti ascolto, non son più pazzo?, molto meglio, cosa
dici?, dico kewl, ma senza offesa, vedi in rosa?, dai che è il ritmo, tu
proponi?, e io ti ascolto, tutti assieme, dirigiamo i cazzi miei, dinamismo
supercazzo, poliforma open mind, tutti assieme, questa è l’epoca epocale, siamo
tutti dirigenti, siamo molto intelligenti, pieni di estro e passione, siamo i
fichi del rione.
Interrompo l’incredibile e commovente boogie per fare una breve
comunicazione di servizio.
- La ricreazione, da ora, è definitivamente finita.
- Da ora in poi o si è dentro, o si è fuori.
- Ognuno sa cosa deve fare, entro quando lo deve fare e a che livello qualitativo lo deve fare.
- Se non lo fa, muore. C’è la fila fuori.
- Per tutte le altre esigenze di dibattito dialettico, c’è il wine bar che apre alle 18:00.
- Non me ne frega un cazzo.
Fine della breve comunicazione di servizio.
Dinamismo, dinamismo, poliforma up-to-date.