Pagine

Visualizzazione post con etichetta Giogia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giogia. Mostra tutti i post

martedì 24 aprile 2012

Le appiccicose mani patrizie


Ore 12:00.
La chiamo e le chiedo di sedersi e le spiego che so che lavora per i fatti suoi con la più costosa delle attrezzature dell’agenzia. Mi dice che non è vero. Le spiego perché è vero, troncando ogni speranza di free climbing creativo sui vetri e gli specchi. Mi chiede con aria di sfida che cos’ho intenzione di fare.
La prendo un tantino in contropiede, quando le dico che ho intenzione di licenziarla e querelarla per violazione delle norme contrattuali ed appropriazione indebita.
“Stai scherzando, vero?” mi dice sbigottita.
“No, per niente” rispondo con la palpebra che mi balla come uno psicopatico, ma mi balla non perché sono psicopatico (l’essere psicopatico non mi ha mai fatto ballare nulla), ma perché è capitato a tutti che una palpebra, a un certo momento, balli.
“Tu non sei a posto” mi dice alzandosi.
“No, sei tu che non sei a posto, sai? Prenditi una bella vacanza, da ora. Poi il due maggio ti dirò cos’ho intenzione di fare con te.”
“Non ti preoccupare, mi licenzio io, tra due ore hai le mie dimissioni”

Faccio fare l’inventario al Costa, va là.
Ste patrizie hanno le mani che attaccano.

martedì 3 aprile 2012

L'uragano tra le venti e le venti e trentasette


Erano le venti e trentasette.
Seduta sul divano, col dito indice a far da calzascarpe per quelle ballerine elastiche. C’aveva scritto Abercrombie Est 1892 sulla T-shirt blu.
“Senti Tazio, volevo chiedevti un favove: è un pvoblema pev te se nel weekend vengo qui a lavovave?” mi chiede.
No. Non è un problema. Cioè sì, lo sarebbe. Ma non lo è. Ok. Fatti dare il doppione dalla Betta, domani.
Sono ancora imbambolato, devo dire la verità.

Erano le venti e stavo chiudendo, ma poi ho visto la luce e sono andato di là.
“Cosa fai ancora qui?” le chiedo.
“Viovdino i pvovini, pevchè c’è qualcosa che non mi convince” mi risponde.
Perché è così, lo so bene. Si prende una tramvata dalla persona con cui si è assieme da tanto, che mai ci si sarebbe aspettati una tramvata da lui/lei e, a quel punto, per sopravvivere bisogna riempire gli spazi lasciati dalla dipartita della carogna estinta. E, generalmente, ci si infila a tutto vapore nel lavoro. E così la Giogia, che metabolizza questa vedovanza da circa un mese. Non che me l’abbia detto, intendiamoci. Lo so perché tutti, prima o poi, vanno a confidarsi dalla Betta. La quale, quando occorre, mi fornisce le istruzioni per l’uso di atteggiamenti che appaiono, a volte, bizzarri ed inusuali.

“Queste secondo me sono le migliovi” mi dice con un sorriso algido scorrendole su Bridge.
Sarei in ritardo, dovrei farmi la doccia, ma mi rompe mortalmente il cazzo mollarla frettolosamente qui rimarcando che non ha una vita e che è sola ovunque, vita e lavoro. E così ci sto, guardo i provini e poi chiedo di quell’altro lavoro e lei mi dice che ha fatto degli sviluppi e andiamo di là.
E’ brava, cazzo. Veramente brava. Ha fatto delle cose veramente fighe.

“Quella macchina è mostvuosa, una figata da pauva” mi dice osservando i bianchi e neri sul tavolo.
E mi dice le sue perplessità, la ascolto, poi un piccolo mignolo sfiora il mio grande indice, il mio naso odora il profumo di donna a fine giornata, così materno e avvolgente, la mia mano viene guidata con decisione sullo scultoreo fianco nudo, occhi azzurrissimi si fondono nei miei e poi tutto subisce un’accelerazione centrifuga di mille G, mi trovo con la maglia sollevata e una bocca mi succhia forte un capezzolo mentre mani femminili senza nessun segno di cura estetica mi sbottonano i pantaloni e le mie mani fanno lo stesso in una moviola isterica e i jeans scendono assieme alle mutande, le ballerine cadono, il suo sedere sale sul tavolo, le gambe si spalancano, la mia bocca aderisce a quella fica triangolare, appena pelosa e chiarissima, succhio le pronunciatissime labbra carnose, annuso il profumo acidulo, assaggio il sapore pungente, mi sciolgo nella tenerezza esaltante, Abercrombie sale scoprendo due candidi piccoli coni perfetti, appuntiti di lunghi capezzoli durissimi, chiari, quasi invisibili su quel candore, poi lei mi fagocita, mi spoglia scomposta, mi inchioda sul divano in mezzo a book e materiale, mi succhia vorace, mi cavalca, si inarca, sbatte, veloce, la tocco, la palpo, mi lecca, mi morde, la schieno, la chiavo, troppo tardi per premere stop, le sollevo le gambe, la fotto, le lecco gli archi plantari, arriccia le dita, si schermisce, non vuole, sbatto forte, ansima, si masturba il clitoride mentre affondo a maglio serrato, vinco la guardia, la colgo distratta che ansima forsennata e pianto il naso tra le dita patrizie e distinte ed annuso l’umanità confortante dell’algida Giogia, a cui puzzano intensamente i piedi e mi inebrio del sudore della donna uguale anche se diversa e poi, quando comincia a piangere e a ringhiare sobbalzando col capo riverso all’indietro, tormentandosi velocissima il cazzetto rosato, sguscio fuori e le inondo lo scudo di addominali sensuali, col capo chino in avanti, quasi a non voler incrociare i suoi occhi, stralunato da tanta furia improvvisa, estasiato dalla statua bianca perfetta, ammaliato dall'avvertire che sotto la pelle sottile scorre sangue bollente, sangue umano.

Imbarazzo, nudità, ambiente sbagliato. Tieni, ti passo i Kleenex che avevo nei jeans, niente grazie, pulizia rapidissima, resto muto davanti a quel corpo nudo che è arte neoclassica, recupera i pezzi, mutande, jeans, faccio lo stesso, presto, vestirsi e dimenticare, vestirsi e dimenticare, vestirsi e dimenticare, vestirsi e dimenticare, non è successo nulla, nulla, nulla.

“Siamo adulti, vevo Tazio? Posso contavci che lo siamo?” mi dice armeggiando frettolosa con il recupero delle ballerine, seduta sullo stesso divano di prima.
“Siamo adulti, puoi contarci Giorgia. Non ti preoccupare.” rispondo, ma non sortisco alcun seguito, troppo presa a gestire i marasmi emotivi e i pensieri pesanti che si affollano sotto quel caschetto di ricci biondissimi. Forse presa anche a gestire un pentimento analogo al mio?

Venti e trentasette.
Seduta sul divano, col dito indice a far da calzascarpe per quelle ballerine elastiche. C’ha scritto Abercrombie Est 1892 sulla T-shirt blu.
“Senti Tazio, volevo chiedevti un favove: è un pvoblema pev te se nel weekend vengo qui a lavovave?” mi chiede.
“Sì, ok. Fatti dare il doppione dalla Betty, domani”
“Gvazie” e lascia la stanza, tornando nella sua, frugando a testa bassa tra borse e giubbotto.
“Tirati dietro la porta e spegni le luci quando vai” le dico, senza spiegazioni, senza aggiunte né chiose.
Di schiena alza una mano, a metà tra un saluto e un “va bene”.

Scendo in strada, felice di essere fuori di là. Disagio insopportabile.
Ma siamo adulti e possiamo contarci.
Solo gli adulti sanno seppellire bellezze sfolgoranti ed intense emozioni dietro ad un orrendo “Non è successo niente”.
Che schifo.

giovedì 29 marzo 2012

Mucho calòr


No, dico, il termometro della farmacia segnava trenta gradi. D’accordo, lo dico prima che K me lo spieghi, sono al sole e si auto scaldano. Ma questo era all’ombra e si auto scaldava e basta e quindi, se non saranno trenta, saran ventotto, mica  ci possono essere dieci gradi di scarto no? Allora torno, sudaticcio, mi applico a Internet, perché mica sarà normale.
E colleziono dati.
29 marzo 2011 -> 18°C
29 marzo 2010 -> 19°C
29 marzo 2009 -> 11°C
29 marzo 2008 -> 18°C

29 marzo 2000 -> 14,4°C
29 marzo 1990 -> 17°C
29 marzo 1973 -> 12°C

Cioè, capiamolo, i 26/28 non sono frequenti. Oh là.
Però questa estate farlocca ha dato i suoi frutti. Anche qui nella lurida baracca.
Punto primo: nessuna ha le calze. Ah beh beh. Elenco calzature: Pattydesigner Adidas, Greta ballerine, Giogia ballerine ma di quelle che quando te le togli si arricciano a palletta, capito quali?, Bettona decolletè sling back con taccazzo. Che signora, che classe.
Niente dita a vista, purtroppo. Ma se tenesse altri cinque sei giorni saremmo a cavallo. E' che si sa che non terrà.

Poi c’è l’argomento parte superiore. Pattydesigner t-shirt demenziale. Greta Lacoste pisello. Betty Bettona camicia fantasia a mezza manica con mammellario visibile dai due bottoni artatamente lasciati aperti, Giogia canottierina blu con spalline.
Le spalle della Giogia.
Da quanto non le vedevo.
Gliele leccherei, ma non credo mi eleggerebbe man of the year, l’aristocratica Giogia. No. Meglio di no.

La Squinzy è partita da Torino. Torna. Il Mentore non aveva tempo oggi, si sentono su Skype lunedì. Ottimo.
Torna Chiaretta, torna.
Che il Tazione c’ha un gonfiore strano e vorrebbe il tuo parere.
Torna, che ho la pisellite acuta.

lunedì 19 marzo 2012

Reuniòn


Niente di cui incazzarsi, stiamo andando bene, sono sollevato.
Al termine dell’esposizione sintetica dei singoli, mini confronto tra Matt Matteo Matthew e il Loca, in merito ad una faccenda sulla quale dovranno lavorare gomito a gomito.
Situazione: io a capo tavolo, alla mia sinistra la Betty Zinnuta che verbalizza, poi a giro la Greta che ascolta dondolando la gamba di destra, il Matt quasi steso sul tavolo che parla col Loca, Umbe con gli occhi di un lemure che segue attentissimo, il Zack in procinto di addormentarsi, il Loca steso in avanti sul tavolo che interloquisce con l’altro steso di Matt, il Costa che sembra John Belushi in Animal House che gli mancano solo le matite nel naso, la Pattydesign seduta a rovescio sulla seggiola che poggia il mento sugli avambracci e poi, alla mia destra, in piedi, appoggiata coi gomiti al mobile, inarcata in avanti, la Giogia.

Inarcata che la maglietta blu si sollevava dalla vita dei jeans scoprendo la pancia bianchissima, ricoperta di bianchissimi micropelini che si intravedevano controluce, con un solco inguinale stupendo, maschile, con la vena in rilievo che c’è da strapparsi i capelli urlando, che la Giogia c’ha una struttura atletica da statua greca che ti dà l’impressione che la pelle sottilissima sia posata su quella massa plastica perfetta di muscoli perfetti, né troppi, né pochi, semplicemente perfetti. C’ha due mammellette piccole, di marmo di Carrara, che io non gliele ho mai viste, ma sono convinto che se gliele vedessi sarebbero esattamente come quelle magliette di cotone, che lei porta estate e inverno senza niente sotto, lasciano intendere con precisione pittorica.

Sono contento che la Squinzy mi abbia convinto che il punto non è se mi tira il cazzo guardando una figa, perché ho potuto lasciare che Mastro Mazza si indurisse senza sensi di colpa, perché va detto che quando una c’ha quel corpo pazzesco è abbastanza facile che tiri la minchia a guardarla inarcata in avanti a quel modo, che ci metti quei tre millisecondi a realizzare che se fosse nuda e volesse farsela leccare, le basterebbe inarcarsi appena un po’ ancora.
Quella vena è arte pura.
Se non fosse così dannatamente sofisticata, le proporrei di posare nuda.
Sono certo che tirerei fuori degli scatti da artista.
Bella.
Cazzo.

mercoledì 4 gennaio 2012

Mercoledì


Stamattina ho fatto colazione al bar qui sotto, dalla Sudiciamaiala.
Sono sceso in missione di pace e mi sono scusato per l’altra volta, dicendole che ero nervoso e mi è sfuggito il controllo, ma che non volevo certo cominciare l’anno con delle acredini.
Non so se mi ha creduto o meno, ma ha abbozzato e ci siamo stretti la mano.
Ora siamo tornati ad essere niente, come prima che la mandassi a cagare dandole della troia.
E’ già un punto.

Stamattina nessuno spazio a congetture o teoremi: la Sudiciamaiala non se lo mette il reggiseno.
La prova? Come può essere che vedo la fine del Canale di Suez e anche un pezzo della pancia? Un qualsiasi reggiseno dovrà pure unire la tetta destra a quella sinistra no? Se no che cazzo regge?
E poi la mollezza delle forme non lascia spazio a dubbi: ne è priva.

Mentre sculava da  bagascia sporca attorno al bancone canticchiando quello che passava la radio mi sono interrogato seriamente e mi sono detto: ma tu, Tazio, te la chiaveresti ‘sta letamaia o no?
Un’analisi seria, sintetica e onesta: il suo corpo mi ingrifa a bestia, ma lei che lo abita mi smorza a mille.
Ed è per questo, anche, che mi fa incazzare. Tanta sudicia oscenità attraente pilotata da un cervello minus dotato e presuntuoso. Cocktail tossico.

Ho preso la brioche per la Betta, ho pagato e sono salito.
“Betta sei una strafiga oggi” e lei ride squillante facendo “figuriamoci” con la mano.
“Anche tu sei uno strafigo oggi Tazio” mi dice con un sorriso divertitissimo mentre incomincia a ravanare nel sacchetto della brioche.
Io dondolo la testa come quel coglionazzo di Clooney e dico “I know”.

Saluto i designer, saluto Matt, la Greta, poi passo da N e gli faccio il dito medio senza una parola e faccio un inchino alla Giogia, poi passo di là, c’è il Loca e il Costa e Zack che tenta di spiegare delle cose al Costa e il Loca mi guarda e batte due volte le nocche sulla scrivania.

Mi ritiro nei miei appartamenti e mando un esseemmeesse alla Domi: “Vorrei infilarti la lingua nel culo”.
Dopo poco una vibrrrrrazione: “Buon giorno amore!!!!!!!!!  :D”

This is my Church.
And this is my religion.

lunedì 19 dicembre 2011

Lunedì


Bon jour. E’ lunedì, c’è il sole, fa un freddo porco, la Bettina è raffreddata come un facocero africano, la Giogia ha un maglioncino dolcevita di un punto di verde orripilante, ma quei due ditali che aveva di fuori prima compensano con abbondanza l’infelice scelta cromatica. Piccole tettine a goccia palesemente senza reggiseno, data l’assenza sulla schiena di tasselli in rilievo. Spettacolare.

Quel canchero di N prima mi ha chiesto che intenzioni ho con la chiusura ed allora ho chiamato il Loca, perché è lui che al momento ha tante braciole sulla griglia.
Per cui: il 22 si chiude alle 12:00, ma la mezza giornata è finalizzata esclusivamente a radunarci per andare a mangiare alla Solita per augurarci ogni bene, sperando che la Betta divenga ebbra e balli nuda sul tavolo.
Per la settimana prossima, poi, mi sono detto: ma che ti frega, non ci sarà un cazzo di nessuno.
E allora liberi tutti sino al 2 gennaio. E se qualcuno ha roba sospesa o che comunque deve fare, io sono qui che qualche zompo lo farò e, in ogni caso  le chiavi dell’ufficio sono là.
Bella lì e fine della limonata.

Mi credete se vi dico che non ho voglia di fare un cazzo? Cioè, non è proprio vero, avrei voglia di fare indossare dei capi di pelle alla Domi, ma ciò non è possibile, poiché la povera agnella sacrificale oggi è a MMelano e tornerà ad orario sconosciuto. Quindi, tolto quello, delle cose che posso fare qui non ve ne è una che attiri la mia attenzione.

Data la mia propensione al cazzeggio, adesso telefono alla Milly e mi metto d’accordo per incontrarla e farle gli auguroni e darle anche il regalino. Eh. Gliel’ho preso, bisognerà che glielo dia, no? Non credo che, per questo, mi verranno dei sensi di colpa, no. Dai, no, cazzo. E’ una cosa regolare, dai. No?

Oggi è, purtroppamente, lunedì ed infattamente il Centrale è chiuso. Così ho dovuto ripiegare sul bar qui sotto, quello della logorroica neuropriva anti piedi. Che però mi pare sia pro tette, considerata la scollatura vertigine che, oramai, fa parte dello status fisso. L’avventore medio manifesta ancora gradimento quando ordina un bicchiere di minerale con le bolle e la bella baristona si china a prendere la bottiglia nel frigo scampanando le flaccide mammellone. Olè, questo è marchetting.
Mi sta talmente sul culo quella personaggia che mentre bevevo il caffè le parlavo telepaticamente.

“Sai cosa ti farei idiota? Ti farei (s)vestire come quest’estate con quelle infradito ai piedi e poi ti porterei nei cessi pubblici. Ti tirerei su la maglietta mettendo a nudo quelle mammellacce da troia e poi ti inculerei facendoti appoggiare le mani su un orinatoio a muro. Vorrei sbattertelo nel culo talmente forte che le mammellacce devono dondolare fino a schiaffeggiarti il mento e ti vorrei sentire urlare”

E mi è diventato duro.
“Liscio?”
“Macchiato caldo grazie”

E indovina di cosa, cerebropriva.
Ah dimenticavo, Buon Natale.

giovedì 15 dicembre 2011

Sei Taziofatti asciutti


#uno
Questa mattina N è entrato nel mio ufficio per chiarire con risolutezza l’affair Natale. Non ha nessuna intenzione di passarlo con qualcuno, me compreso. E’ lecito, legittimo, comprensibile, condivisibile, egoisticamente insopportabile. Scomparirà il 22 sera e ricomparirà qui il 27 mattina. E’ quanto.
Ho preso atto di essere completamente solo, sia la Vigilia, sia a Natale.

#due
La Giogia ha un culo stupendo. Ma il culo della Giogia mi porta alla mente quello della Domi e così, istintivamente, non glielo guardo più e penso a quello nudo della Domi, scacciando i sensi di colpa.
Se i sensi di colpa, però, compaiono già con la sola vista, io sono uno zombie.
E questo non è condivisibile, né comprensibile, né legittimo.

#tre
Oggi la Domi lavora alla sua casetta. Arrivano i mobilieri a risolvere il problema del letto e altre cose e lei, intanto, continua a portare roba dentro. Non me la vuole fare vedere la casetta, no. Non prima che sia finita. La Domi ci tiene a queste cose, sì.
Speriamo solo che la casetta della Domi non sia nello stesso palazzetto in cui, pro tempore, abita la Milly.
Sarebbe insopportabile.
Oppure comodissimo, non so ancora.

#quattro
La Betty Bettina ha due tette da Nobel. Se continua a venire con quei maglioncini attillatissimi starò male. Io non sono un tettomane, ma ci sono delle tette grosse che mi tolgono la parola. La Betty porta una quinta misura, me l’ha detto lei. Dopo che gliel’ho chiesto, ovviamente. La Milly porta una quarta. Ecco, se devo dire la verità, le tette della Betta e della Milly mi fanno impazzire. Che poi: quelle della Milly le conosco bene, ma quelle della Betty sono solo un’ipotesi. E chi gliele ha viste mai?
La Domi porta una terza e sarebbero già grosse per i miei canoni. Ma le tette della Domi sono davvero bellissime. Come ogni millimetro del suo corpo di cerbiatta.
Chissà la Betta senza reggiseno e con una t-shirt che effetto fa.
Il tettemoto, secondo me.

#cinque
Ho affittato una casa in campagna e non ci ho ancora nemmeno pisciato. E’ la prova provata che sono uno sterminato coglione. Un motivo però, a parte tutto, c’è. La Domi abita a 30km a sud da me e la casa è a 20 km a est da me. Non è comoda come situazione. Transumanza gitana.
E poi, diciamocelo, già è una tristezza essere da soli a Natale, figuriamoci da soli in una casa isolata in mezzo alla campagna di Nebbiopoli. Sento Kappa ridere.

#sei
Mi telefona e mi chiede se sono in grado di realizzargli un carousel.
Certo che sono in grado, questa è la basilica dell’eccellenza meid in itali.
E’ solo di organizzarmi la Vigilia e il giorno di Natale, che non sono in grado.
Quelli non mi riescono proprio.