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martedì 10 aprile 2012

Partire, ripensare, sputtanare, dimenticare, sorridere


Ah, partire, partire, partire, che dolore.
Quando si parte, specie se si va all’estero, si è convinti di avere un elastico legato alla vita da un capo e  legato ad un grosso palo che sta nel centro del luogo che si lascia dall’altro capo. Per un periodo, più o meno lungo, si ha la sensazione che, quando niente di obbligatorio ci trattiene nel luogo straniero, quell’elastico ci trascini rapidissimo a casa. Perché si mantengono le abitudini del luogo in cui abbiamo vissuto. Tutto questo è vero sin quando non si assumono le abitudini del luogo in cui si vive, sino a quando non ci si integra nel nuovo tessuto sociale.
Appena questo avviene, la frase “Non vedo l’ora, altri due giorni e poi torno a casa!” viene sostituita con “Questo weekend bisogna che torni a casa, devo. E non c’è niente da fare, è così che va.

Lo dico per esperienza eh.
E poi, pensando alla mia esperienza, mi distraggo e mi vengono in mente le righe scritte da un presuntuoso rimbambito inabile a sostenere un confronto dialettico, qualche post fa. Con il desiderio di mortificarmi, con la vigliaccheria viscida della serva che ti insulta col viso piangente, questo essere mi scrive:
“[…]Non è certo colpa mia se odi Milano o sei nato, cresciuto e hai deciso di rimanere in Provincia, nessuno è perfetto nelle proprie scelte di vita, sai che trisatezza. […]”

E mi viene spontaneo fare due conti.
Dopo la scuola ho fatto il militare e a ventidue anni avevo finito.
Dall’età di ventidue anni ad oggi, cioè in vent’anni, ho vissuto due anni a Bologna, otto anni a Milano, di cui l’ultimo anno tra Parigi e Milano, un anno intero a New York, altri tre anni a Milano e poi da sei anni sono tornato qui per vicissitudini varie.

Statisticamente il settanta per cento della mia vita l’ho passato lontano da casa, o come ama rimarcare quello nella speranza di mortficarmi, dalla provincia. Provincia che si scrive con la minuscola quando si cita il territorio e con la maiuscola quando si cita l’istituzione amministrativa, in ogni caso.
Io non odio Milano, comunque, sia chiaro.
Non ho più la capacita di sopportare i bauscia.
E purtroppo di esseri come quello è pieno.

Partire, partire, partire, partire, che dolore.

Ma no che non è un dolore, dai Tazio.
Sinché si torna con la voglia di tornare, non è mai un dolore.
E se non si ha più la voglia di tornare, non è sempre colpa del partire.
Sursum corda.
Buon lunedì a tutti.

5 commenti:

  1. Megalomane, convinto che di essere stato insultato solo perché a farsi insultare ha piacere, dillo che ti manco un pochino!

    Su, uno zic???

    Certo che prendertela con il fatto che non uso T9 o simili boiate e mettere gli accenti sulle maiuscole, è veramente da lettore del New Yorker che mangia una Steak da Gallagher cercando di fare un confronto con l'Happy Meal del nipote della amichetta del cuore.

    E, diciamocelo, da che pulpito la predica, signori!

    Comunque, se vuoi continuare, usciamo da questo contesto, ho una vecchia mail "masaraiscemo@gmail.com" che non uso più, abusane, se ne sei capace.

    Con stima, ammirazione e affetto, quel bauscia cazzone del k, ovviamente anche questo sempre minuscolo, eh?!

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    1. zio lo sai che non si capisce una mazza di quello che scrivi?

      edo

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  2. Che bel martedì che è come un lunedì visto che lunedì è stata festa, e quindi è un martedì con tutte le negatività di un lunedì, ma che bel incipit di giornata. A me Milano piace, per quello che mi serve, fossi nato, cresciuto e risorto in Provincia amerei pure quella. Di Bauscia a Milano c'e nè sempre meno, sempre più cafoni generalizzati. A Edo posso rispondere io Tazio? Così eviti di rovinarti la giornata... Caro Edo, se non capisci, pazienza, ci sono tanti altri blog interessanti dov potrai capire tutto quello che c'è da capire. Lascia noi mortali nella nostra beata ignoranza che ci piace tanto...Baci GQ

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    1. l'ho detto al tipo anonimo che non si capisce una mazza non a taz
      edo

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    2. Sorry Edo, ma non era chiaro. D'altronde del bel tacer non fu mai scritto...ed io ho perso un'occasione. Buon Pranzo a chi magna, io vado all'Esselunga a fare clerks (o si dice cashwomen?)-watching.
      Baci GQ

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