Bonjour, non piove, ma non ci si deve contare, no.
Il termometro, quando mi sono alzato, segnava 2,5°C. C’è da
andare al manicomio.
Otto ore.
Otto ore è durata la riunione infinita che doveva durarne al massimo
due. In autostrada, alle ventidue, mentre sbranavo una Rustichella tossica, mi
chiama il Costa per sapere come è andata. Bofonchio qualcosa a cazzo, tanto per
cambiare discorso e non fare sì che gli argomenti si protraessero per nove ore.
Poi lui propone e io dico di sì.
Avrei detto di sì anche a chi mi avesse proposto un’ora di filmini
sulla vita di Don Bosco.
Questa trancia, come la
chiama il Costa, è veramente figa. Ben proporzionata, un culetto di riguardo,
tettine piccole, pelle ambrata, un viso chirurgico che la fa assomigliare alla
Minetti.
Forse questo richiamo mi deprime, ma oggettivamente la Minetti è
bellina, al di là di tutto.
Ha il tipico cazzo brasiliano: tozzo, cappella piccola, rivolto
all’insù. Un gran bel cazzo.
Impone le mani sulla testa del Costa, un po’ come faceva Raul Cremona
quando diceva “esci da questo corpo” solo che lei ondeggia il bacino per
entrare ripetitivamente nella bocca del Costa. Sto seduto lì a guardare, è
molto piacevole. Ascoltarla, anche. Una voce di timbrica maschile inalienabile,
ma dolcissima e sensuale. Molto calda, molto morbida, quasi affettuosa e
rassicurante. Quasi a dire che non c’è niente di male, che se fa godere non è
un male. Ed ha ragione.
Il Costa è proprio un gran pompinaro. La sbocchina con tale e tanto
ardore che la bella Gil (penso si scriva così, se lei lo pronuncia Sgill) “piano ammore o mi fa venire subitu” con un contagioso sorriso a
cinquanta denti perfetti. Affamato di cazzo. Mi fa sorridere compiaciuto.
Poi si stende sul letto e spalanca le gambe, sollevandole. Quando un
maschio si mette a quel modo mi ricorda i cani che si stendono sulla schiena
per dichiarare la totale sottomissione. E’ un gesto istintivo.
Sgill gli applica
amorevolmente del gel lubrificante. Che bella. Tutta nuda con quel cazzone che
dondola.
L’unica cosa che delude, in trance
così carine e prestanti è la consistenza dei coglioni.
Sembrano vuoti, colpa degli ormoni. Un peccato.
Che perizia, che bravura assoluta. Entra in un soffio, delicata come
una carezza. Lenta, sensuale. Poi accelera, con grazia. E il Costa ansima,
godendo di quel gran pezzo di cazzo brasiliano che gli squassa lo sfintere. Mi
guarda, quasi a lamentare la mia assenza dal letto, ma io preferisco guardare.
La stupendattrans. Penso al
Ruggi e all’analisi che gli ha fatto la stupendattrans
pagata dall’amorevole consorte. E’ di una simbologia impressionante. Il simbolo
di una congrega di farabutti in cui l’apparire è sovrano, sia nell’ostentazione
che nella dissimulazione. La stupendattrans
serviva a dissimulare una voglia di cazzo che avrebbe depresso la virilità del
superuomo. E così, se il cazzo è penzolante in mezzo alle gambe di una donna,
molto figa, è meno cazzo. Si sta a novanta a farselo piantare nel culo al pari
di qualsiasi altro cazzo, ma è diverso. Non c’è il maschio. Ecco cosa spaventa il superuomo. Il dimostrare di
apprezzare il pacchetto completo, maschio e cazzo. Patetici.
Il Costa galoppa sulla minchia pietrosa della bella brasilianina, in
evidente estasi anale. Il Costa è un puro.
Penso alla Squinzy e mi interrogo su che reazione avrei a saperla
cavalcante una minchia pietrosa, in questo momento. La risposta è che proverei
eccitazione e un sottile dolore, dovuto alla mancanza di condivisione. Mi infastidisce,
questo. Mi scopro un pochino patetico anche io: ben venga se la Chiara scopa,
ma voglio esserci anche io. Se scopa per i fatti suoi nessuna tragedia, ma solo
il senso di esclusione. Sì, è patetico.
Il Costa viene con un grugnito belluino irrorando la pancia scura della bella creatura. La Sgill, ancora ben dura, si rivolge a me segandosi lenta e mi dice “Ammor no vuoi che fascio godere anche tu
sederrino?” e sorride solare come il sole di Bahia.
La bacio sulla fronte, ringrazio e dico che sarà per la prossima volta.
Che fretta c’è?
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