E c’è la neve e c’è il gelo, poi c’è la porta, il tizio che fa un cenno
di saluto e non si scompone perché mi riconosce e sa dove vado e poi c’è il
corridoio con la moquette silenziosa e poi entro ed è lenzuolo e la spalla
grossa, nuda e sensuale e i ricci neri sparpagliati, la voce calda e intima, i
sorrisi d’intesa, entro nudo ed è tutto bollente
e poi c’è saliva e mani calde e piedi caldi e lingua, ti stavi masturbando, me
lo dici.
E c’è la neve, il gelo, il tizio assonnato, la moquette silenziosa e io
ti sbocchino il cazzetto di carne che ti spunta tra i peli, gonfio,
scappellato, dolcissimo e tu me lo offri come farebbe un maschio, tenendomi la
testa e succhio e deprimo e aspiro sotto vuoto perché ti voglio fare godere e
tu godi, scomposta, rumorosa, artisticamente oscena, mentre spompino come una
troia da strada, ma io voglio essere la tua troia, il tuo stallone, il tuo
verro, il tuo asino e succhio, ciuccio, lo faccio crescere che mi si schiude il
buco del culo da quanto mi ecciti, stupenda Betta.
E c’è la neve gelata e il tizio, la moquette e la tua bocca che succhia
il mio cazzo ed è stupendo vedere che lo prendi fin dove puoi e poi stacchi le
labbra dall’asta e premi ancora e sento la tua gola bollente, morbidissima,
stretta, e il rumore di saliva, lingua e muscoli e poi lo vedo scivolare fuori
con la tua saliva grossa attaccata e ricominci e mi fai godere come non mai,
mentre ti guardo rossa in viso con quella vena sulla tempia che mi fa un sesso
estasiante.
E c’è la gelata e il tizio che è già morto anche se non lo sa, perché
si è morti se si spende la vita a guardare in un televisore mentre sopra la
testa gronda la passione clandestina. Ti scopo. Ti fotto. Ti chiavo. Rumorosamente,
sguazzando nel tuo bagnato bollente, baciandoti, sbattendoti forte come so che
ti piace e piace anche a me e non mi trattengo e ti parlo, arrapato, ti chiedo
se l’hai fatto apposta a mostrarmi le foto del pupo perché io vedessi che pezzo
di corpo di maiala puttana che c’hai e mi dici di sì, eccitata, sorridi sozza e
mi confidi che non ne potevi più e che ti saresti fatta chiavare da me dopo un
minuto che m’avevi conosciuto e io ti dico che è lo stesso per me e ti svango
la figa chiavando e mi dici che godi e ti dico che godo e mi lecchi il collo e
io ti parlo delle seghe che mi sono fatto pensandoti, pensando ai tuoi piedi in
quegli zoccoletti di legno e mi dici che la prossima volta li porti e li metti
per me, nuda con solo quelli e ti dico che se lo farai ti sborrerò sulle dita
dei piedi e poi te le succhierò e mi guardi con gli occhi laidi e bolliti e mi
dici di sì, che li metti, che vuoi che ti faccia tutto quello che voglio.
Ti avviso, Elisabetta, è rischioso darmi carta bianca, ne va della tua
salute mentale, ne sei conscia?, sì lo sei ma hai voglia, una voglia oscena da
dentro, una voglia pazzesca di fare di tutto perché ti faccio sentire erotica,
una voglia che ti fa masturbare così tanto che non ti succedeva da anni e
allora sbatto a mitraglia, a maglio, a trivella e cominci a venire stringendo i
denti, poi apri la bocca ad O senza quasi fiatare, con gli occhi sbarrati,
rossa, sudata e fotto, fotto, fotto, fotto e tu rantoli tutto l’orgasmo
squassante e poi mi fermi, mi fai uscire e mi prendi il cazzo tra i piedi e mi
seghi e io godo.
E c’è il gelo, il tizio, la moquette e i tuoi piedi che mi stringono il
cazzo e la tua figa pelosa con il cazzetto duro che ti tormenti e tutto questo
è sublime. Li prendo e li lecco sbavando come un cane per farli scivolare e ti
dico con un grugnito che vorrei che non te li lavassi e me li facessi annusare sudati
mentre me lo meno annusandoli e tu grugnisci che sono un lurido porco schifoso
e ti chiedo se gradisci questa mia singolare peculiarità e fai di sì con la
testa riccioluta tormentandoti la sorca inzuppata di voglia. Che Troia stupenda
che sei, Bettona Puttana Bagascia, sei una Donna rarissima, eccezionale,
straordinaria e mi provochi delle turbe psichiche di cui cominci a renderti
conto.
E c’è il gelo, il tizio di moquette silenziosa e il tuo culo imperiale
che lecco spingendo la lingua tra le piegoline bollenti che ornano il buco
odoroso e sbavo di voglia animale e succhio e lecco, mentre ti accarezzi il
pelo suino inzuppato e poi mi sputo in mano e lubrifico la testa del cazzo e la
premo e tu cedi mugolandomi di far piano, ma cedi e vedo la scura testa del
cazzo farsi strada nella carne che implode e sento pulsare e spingo piano e tu
cedi mugolando e scivolo e cedi e scompaio piano piano nel tuo sensuale
intestino accogliente ed è unione, intesa, passione e condivisione, ti agguanto
le natiche morbide e spingo e ritraggo, con dolcezza, con grazia, con maniera e
manierismo, inculandoti con soddisfazione midollare, godendo del godere che il mio
cazzo infonde al tuo superbo culo emiliano.
E c’è il gelo, la neve, la televisione, il tizio, la moquette e il
mondo intero là fuori, mentre qui dentro c’è il nostro odore di animali in
calore e questa chiavata, questa immensa e stupenda chiavata, questa
sensazionale inculata, fanno sì che io ti voglia in maniera inaudita, fanno sì che ti
veda incomparabile rispetto all’immensa chiavata a tre di stanotte, mentre
tutte le chiavate future scompaiono e diventano quasi noiose e non
interessanti, se le paragono all’immensità del tuo culo ripieno del mio cazzo,
alla maestosità del tuo mugolare arrapata, all’enormità di tutta la carne
sensuale e perfetta che ti compone, bella come Giunone, erotica come Venere,
crudele come Messalina e questo mi accende ancor più i sensi, perché la tua
sporcizia morale trasuda e mi eccita, mamma, che mentre il tuo pargoletto
giuoca con la nonna amatissima perché tu sei al lavoro, tu sei qui che prendi
il cazzo nel culo in un albergo da bagasce e questo mi esalta, mi rende fulgido
e sfolgorante, perché ancora una volta, ancora una, mi ritrovo da questa parte
del muro e ti lecco le ascelle ruvide e calde, inculandoti stesa di schiena e
ti penso madre e moglie, sensuale, inquieta e sinistra, con la mente affollata
di pensieri indecenti mentre racconti le favole o baci il cornuto e sento la
pressione salire e sguscio rapido mentre fai una smorfia e un urletto e me lo
meno e ti alzi a bocca aperta e ti schizzo in faccia, sulla lingua, tra i
capelli e tu, immensa, lo prendi in bocca e lo succhi mugolando, ancora caldo
del tuo culo odoroso ed io, per questo, sarò tuo per sempre.
E c’è la neve, il gelo, la moquette silenziosa, il tizio spento e la
televisione accesa, un marciapiede bagnato, una Marlboro accesa, un senso di
incompiuto, un morso di desiderio di averti all’infinito e il tuo odore animale
tra le dita.
Non mi basterai mai.
Mai.
E’ stupendo.
Esatto.
RispondiEliminaForse ...
RispondiEliminak