Sono tornato a casa alle diciassette e trenta. Oh sì. Mi sono
spogliato, ho indossato la felpa nera col cappuccio da black block,
l’accappatoio color corallo e le infradito. Libertà genitale e anale. Le migliori.
Ho sorseggiato del caffè solubile guardando dalla finestra l’arrossarsi
del tramonto.
Pace, cazzo. Mi voleva. In fin dei conti oggi sono stato bravo. Mi
meritavo dei privilegi.
Ho una certa fame, devo dire la verità. Facevo prima il conteggio e da
venerdì sera ho all’attivo: un rigatone al ragù dalla Solita (venerdì sera pre infame
Flamingo), una quiche lorraine al
Centrale sabato a mezzogiorno, quel che è restato (cioè zero) della frittatina
e delle bruschettine non vomitate tra i cassonetti sabato sera, un bel digiuno
totale ieri e una brioche stamattina. Devo mangiare stasera, non c’è storia.
Andrò all’Osteria Quellanuova. Sì.
Il Costa oggi aveva voglia di parlarmi, l’ho visto, ma la mia faccia lo
ha dissuaso. Molto bene. Non ho cazzi di condividere con nessuno la mia tromba
nera. Tromba nera resa ancor più nera dalla chiacchierata con la Giogia, che mi
ha rivelato le proposte che aveva fatto a suo tempo a N e che questi ha stolidamente
cassato a ottuso e presuntuoso titolo personale, non avvisandomi di alcunché.
L’ho licenziato sempre un minuto in ritardo. Le idee sono buone, voglio che ci
lavoriamo. L’algida Giogia è una ragazza con la testa sulle spalle. E il fatto che
sia algida mi fa sentire a mio perfetto agio, di questi tempi.
Non ho idea se la Marisa sia morta. Non vedo nessun segno di vita da
tempo. Applico la regola magica e concludo dicendo che non me ne frega un
cazzo. Sono esterrefatto dall’efficienza ed efficacia di questa regola magica. Sta
con tutto. E semplifica in una maniera ingegneristica. Anche il più impervio
viottolo di campagna diventa un’autostrada a sei corsie. Magnifico.
Conto i morti sul campo: Aledellapale, Ade, Ines, Giuliana. Queste sono
morte per certo. In una sala di rianimazione in coma farmacologico, ma che
potrebbe dare sgradite uscite, si trova la Giulia. In crioconservazione c’è poi
la Nica. Potrebbe scongelarsi? Sarebbe la prima volta, perché la Nica come la
metti sta. Non la chiami? Non ti chiama. La chiami? Ti risponde, anche dopo un
anno che non la chiami, come se ti avesse sentito la sera prima. Sono gli
effetti della crioconservazione: assenza di volume temporale. E poi ho anche il
sospetto che la Nica sia un’adepta della setta del non me ne frega un cazzo. Tutto lascia pensare a questo.
Quindi non rimane che da attrezzarsi per un eventuale risveglio dal
coma della Giulia, ma credo sarà sufficientemente facile gestire l’evento.
All’improvviso, mentre meditavo su questi fatti guardando fuori dalla
finestra, calato nei confortevoli privilegi di cui giustamente godo, ho
avvertito lo scappellarsi del cazzo. E’ un piacevole riflesso agli spifferi d’aria
provenienti dallo stipite ancestrale, che si infrattano sotto l’accappatoio,
raggiungendo le mie sublimi gonadi odorose di maschio fertile. E mentre mi auto
seducevo dell’autonomo sgusciare del glande al di fuori del prepuzio, ho
realizzato di avere la necessità di un orgasmo non autarchico, ma assolutamente
commerciale e regolato.
Per cui, questa sera, Osteria Quellanuova e poi a troie. Ma non voglio
mica dei numeri da circo equestre eh.
No, no. Al massimo uno di quei pompini estenuanti da interminabile film
porno, ma solo se la puttana succhia particolarmente bene. E perché succhi in
maniera irraggiungibile deve essere un Regina d’Africa. Viceversa, ritengo più
che opportuna una sega. Ben fatta. Senza clamori. Tutti e due nudi, pelle sulla
pelle, mano agguantante e nessuna cura del di lei piacere. Non me ne frega più
un cazzo di far godere le puttane. So che se voglio posso, fine. La puttana
sarà l’estensione della mia mano, mentre io attingo a nuovi privilegi,
soddisfacendo la fisiologia genitale al pari di quella renale o intestinale.
Questo voglio.
Ed è inutile che torni a dirvi il perché.
Anche perché magari "non ce ne frega un cazzo" :)
RispondiEliminaMe lo auguro!
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