Mercoledì.
Scomparso con preparazione, chiuso in casa, telefono spento,
apparecchiature elettroniche spente, nessun ausilio.
Autarchia totale nell’Inferno di Merda di Tazio.
Me lo sono menato tutto il giorno, quello era lo scopo.
Seghe furiose dalla mattina alla sera, crollando esausto diverse volte,
dormicchiando anche dei quarti d’ora.
Nessun cibo, solo acqua.
Ho attinto all’infinito patrimonio di ricordi e dettagli per un intero
giorno.
Ho scoperto di aver accumulato emozioni con una tale rapidità che non
ho nemmeno dato loro l’opportunità di divenire ricordi. Il mio stato emozionale
è intasato da stimoli elettrici non scaricati che mi hanno indotto ad
accumulare nuovi stimoli elettrici come cura.
Il problema ha preteso sempre di essere risoluzione a se stesso.
Ho raggiunto stati di catalessi in cui sono stato sopraffatto da picchi
di desiderio indomabile, infilando una dopo l’altra seghe implacabili, senza
soluzione di continuità, tirate con vigore a cavallo di ricordi, dettagli,
situazioni, sapori, odori e suoni.
Una, due, cinque, nove, poi il sonno.
Poi il risveglio, la memoria a un dettaglio, l’inizio del nuovo scavo.
Dodici, tredici, quindici.
Il sole scendeva rosso e rassicurante.
Diciassette, diciotto, diciannove.
Venire senza nemmeno una goccia, da ore.
Bruciore, dolore. Ma nessuna catarsi.
Nessuna purificazione.
Nessun assetto riequilibrato.
Venti, ventuno, ventidue.
La sua mano nell’accappatoio, il mio no a continuare.
Ventitre.
Dolore acuto.
Nudo, sul divano, di pancia, contrastando uno spasmo interno che
sembrava non passare mai.
Una voce da lontano mormora “Fatti
aiutare da qualcuno Taz”.
No, ce la posso fare benissimo da solo.
E’ tutto sotto controllo.
Peccato per la purificazione mancata, che delusione.
Peccato.
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