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lunedì 12 marzo 2012

Morfeo


Se avessi un figlio lo chiamerei Morfeo, per un senso di gratitudine infinita al dio del sonno.
Alle tredici, dopo un acceso dibattito con le mie sedici personalità, avevo deciso di far rotta verso il Centrale, per un boccone volante, a dispetto di tutti i loro contrastanti pareri.
Dopo la doccia avevo deciso di appoggiare la testa sul cuscino, giusto per un piccolo relax prima della navigazione.
E quando ho riaperto gli occhi era buio.
C’era il lampione dalla strada che illuminava la stanza.
Ventuno e dodici.

Il parlàfono invece non è riuscito a riposare in pace, no.
Squinzy tre volte, poi messaggino.
“Forse dormi ma quando 6 up msgmi qls ora”
Ade, una volta e un messaggino.
“9 sn su mi se vuoi ci ved kiama”
Costa una volta e un messaggino.
“Amica susy. Stas roba da me kiam”

Dialetti klingoniani, sono giù di mano.
La domenica è sfangata, sono entusiasta.
Domani è lunedì, finalmente.
Insopportabile ‘sto weekend.

Indugio sotto le coperte, guardando fuori la porzione di cielo di pertinenza. Mi piace avere la felpa sopra e stare nudo sotto. Mi fa sentire sexy. Una volta in primavera, a ventidue o ventitre anni, la mamma venne a portarmi il caffè per svegliarmi dopo un intero pomeriggio di sonno esausto. Si sedette in pizzo al letto, nella penombra e io la abbracciai forte. Ci facemmo le coccole stringendoci e dandoci i bacini e mi diventò duro. Lei me lo guardò con un gran sorriso e mi disse “Ti ho fatto proprio un gran bel pupazzone” e ridemmo ed io ero eccitatissimo. Mi piace raccontarmi che lo fosse anche lei, ma forse è meglio che non me lo racconti, perché se lo fosse stata e non avessimo fatto l’amore, sarebbe stato il delitto più crudele e insensato della mia vita.

Sto bene qui sotto.
Decido che non rispondo a nessuno.
Il motivo è sempre quello. Versatile, elegante, definitivo.
Non me ne frega un cazzo.

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