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domenica 20 novembre 2011

Confidenze


Secondo la Giulia dovrei smettere di auto flagellarmi ogni volta che qualche cosa va per il verso storto. Dice che ho una visione protagoriana o sofista degli eventi che mi circondano. Dice che nessuno ha il pieno appagamento delle proprie attese, ma che ciascuno può sfruttare l’insoddisfazione per crescere ed espandere le proprie capacità esplorative della vita.

Perché ci siamo anche parlati ieri sera. Ho scritto anche, perché la serata di ieri è stato un incredibile mix di rilassamento, sesso, confessioni, analisi, visioni. E non avrei mai immaginato che si potesse fare
tutto assieme. Senza sacrificare la qualità di nessuno degli ingredienti.
E’ stata una serata davvero speciale.

La Giulia non ha aspettative nei miei confronti. O meglio, si aspetta che resteremo amici come lo siamo ora.
Quando ho manifestato l’obiezione attorno al fatto che siamo scopamici, lei ha riflettuto e mi ha detto che il mio problema è che sovrastimo il sesso e sottostimo l’amicizia, con la pretesa di chiamare questa anomalia “amore”, a volte. Mi ha fatto pensare. In effetti è come se ritenessi il sesso talmente importante da battere sul campo l’amicizia. Siamo amici sinché non scopiamo, ma poi se scopiamo cambia tutto, il rapporto diventa basato sul sesso, amicizia ciao.

Mi ha detto che quello che modifica l’amicizia non è il sesso, ma il coinvolgimento sentimentale che va al di là dell’affetto. E’ quello che trasforma le cose in maniera profonda e irreversibile.
Le chiedo se mi ama. Mi dice di no.
Le chiedo se un tempo, quando mi disse di amarmi, mi amava. Mi dice di no. E puntualizza: quando tutto va male, si mette in capo all’unica cosa che va bene la soluzione di tutto: passione, sesso, amore e crescita dell’autostima. Quando invece, obiettivamente, all’inizio tra noi era solo fame sessuale.
Culminata nel reciproco disprezzo.
Già. Era proprio così.

Una pausa di silenzio. Mi guarda, poi apre le gambe lentamente scoprendo la figa nuda ornata da quel seducente laccetto bianco e continua a fissarmi. Le scivolo addosso e gliela lecco, mentre la sua mano mi accarezza tra le natiche, lentamente.

Mentre lecco mi dice che si scopre a odiarlo, spessissimo. E che l’odio è una perdita di tempo e d’energia, oltre ad essere un sentimento dequalificante. E la capisco, ma i passaggi cruciali, i distacchi dolorosi, impongono di essere animati da sentimenti forti e l’odio ben si attaglia. Ma poi va smesso, altrimenti diventa un alibi, un amico immaginario a cui addossare i nostri tentennamenti e le nostre insicurezze e ci fa diventare deboli e patetici.

Lecco e annuso, quell’odore di femmina mi appaga i sensi.
Faccio per tirare il cordino, ma lei mi ferma la mano. No. Quello è un tabù rivoltante, no. E si avvita su un fianco offrendomi, come chance, le natiche rotonde segnate dal lenzuolo di sotto, sgualcito. Chance che prendo, ricominciando a leccare lentamente il buco carnoso, ascoltandola. Mormora che la vita è piena di sorprese che ci affanniamo a definire belle o brutte, mentre sono semplici deviazioni di rotta che richiedono un buon marinaio, anziché un esteta che ne definisca bellezza o bruttezza. Scivolandole sulla schiena le chiedo se sta imparando a tenere il timone e mi dice che è un obbligo. Punto la cappella sulle piegoline insalivate e sento immediato il cedimento del muscolo, scivolando nel retto mentre lei mugola morbida.

“Male?” chiedo sottovoce.
“No” mi risponde a un millimetro dalla bocca “ho imparato a spingere in fuori…”
Anche questo è un segreto da imparare.
Spingere in fuori per non sentire il male.

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