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domenica 20 novembre 2011

Serenità


“In che cosa diventi speciale per te stesso quando hai quelle ragazze attorno?”
Me lo chiede inginocchiata tra le mie gambe aperte, stringendomi forte il cazzo, scappellandomi dolorosamente in una sega serratissima e lenta, accompagnata da due dita, indice e medio, profondamente infilate nel culo.

In che cosa divento speciale, in che cosa divento speciale, in che cosa divento speciale e
non riesco a distogliere la concentrazione da quella stretta fortissima e quel dolorino stupendo e quelle dita che dietro si muovono ad uncino di dentro.
In che cosa divento speciale.

“Spero che l’esperienza pagata a caro prezzo mi ritorni un minimo di interessi” le rispondo ansimando, facendola sorridere.

“L’esperienza non restituisce interessi, semmai li pretende” sentenzia in un sospiro tirando verso il basso al punto di farmi capovolgere la testa all’indietro con la bocca aperta dal piacere del dolore.
E’ vero. Nessuno ha vissuto di rendita sull’esperienza.
O, almeno, non così agiatamente come amava sperare.

“Mi fai godere Giù” le attesto con un gorgoglio ignorante fuori controllo.
“Lo so” mi risponde con sorridente sicurezza rassicurante.
Poi aggiunge “Sborra. Fammi sentire come pulsi qui quando sborri” arcuando con decisione di dentro le dita.

Che miscela. Ragioniamo e ci confrontiamo godendo, come se godere non fosse un’entità con dignità propria, ma un orpello, un’aggiunta, una decorazione di cose ben più importanti ed irripetibili.
E così le sborro in mano, mentre osserva estasiata la sborra che schizza dalla cappella viola e lucida. Mentre muove le dita nel culo, che sento quando contraggo involontariamente l’ano schizzando e sento la debolezza infiltrarsi nelle giunture rendendole mollicce e mi lascio andare, perduto nel nulla, sfregando la sua pelle nuda contro l’interno delle mie cosce mentre incontrollato stringo il suo corpo inarcandomi all’indietro.

Spalma. E mi guarda. Mentre sussulto, contraendomi, schiacciato al materasso, finendo di estasi.
“Filtra i tuoi istinti” mi dice soave “non svenderti”.
“I miei istinti sono incontrollabili” le preciso, senza vita.
“Lo so, ma tu provaci”
“Perché?” chiedo curioso di conoscere la chiusura del concetto.
Ricomincia a masturbarmi. Accarezzandomi, guardandomelo. E lo sento crescere nella sua mano meravigliosa.
“Perché non c’è nessuna ragione per cui tu non devi meritare la serenità che ti spetta”

Mi alzo, la giro, la appiattisco sul materasso e le premo il cazzo nel culo, imbrattato di sperma, che scivola, esce, si indurisce di più, entra.
“E tu? Tu ce l’hai la serenità che ti spetta?” le chiedo godendo del caldo che sento là dentro.
“In questo momento ce l’ho” grugnisce.

Anche io.
O, almeno, credo di sì.

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