“In che cosa diventi speciale per
te stesso quando hai quelle ragazze attorno?”
Me lo chiede inginocchiata tra le mie gambe aperte, stringendomi forte
il cazzo, scappellandomi dolorosamente in una sega serratissima e lenta,
accompagnata da due dita, indice e medio, profondamente infilate nel culo.
In che cosa divento speciale, in che cosa divento speciale, in che cosa
divento speciale e
non riesco a distogliere la concentrazione da quella stretta
fortissima e quel dolorino stupendo e quelle dita che dietro si muovono ad
uncino di dentro.
In che cosa divento speciale.
“Spero che l’esperienza pagata a
caro prezzo mi ritorni un minimo di interessi” le rispondo ansimando,
facendola sorridere.
“L’esperienza non restituisce
interessi, semmai li pretende” sentenzia in un sospiro tirando verso il
basso al punto di farmi capovolgere la testa all’indietro con la bocca aperta
dal piacere del dolore.
E’ vero. Nessuno ha vissuto di rendita sull’esperienza.
O, almeno, non così agiatamente come amava sperare.
“Mi fai godere Giù” le
attesto con un gorgoglio ignorante fuori controllo.
“Lo so” mi risponde con
sorridente sicurezza rassicurante.
Poi aggiunge “Sborra. Fammi
sentire come pulsi qui quando sborri” arcuando con decisione di dentro le
dita.
Che miscela. Ragioniamo e ci confrontiamo godendo, come se godere non
fosse un’entità con dignità propria, ma un orpello, un’aggiunta, una
decorazione di cose ben più importanti ed irripetibili.
E così le sborro in mano, mentre osserva estasiata la sborra che
schizza dalla cappella viola e lucida. Mentre muove le dita nel culo, che sento
quando contraggo involontariamente l’ano schizzando e sento la debolezza infiltrarsi nelle giunture
rendendole mollicce e mi lascio andare, perduto nel nulla, sfregando la sua
pelle nuda contro l’interno delle mie cosce mentre incontrollato stringo il suo
corpo inarcandomi all’indietro.
Spalma. E mi guarda. Mentre sussulto, contraendomi, schiacciato al
materasso, finendo di estasi.
“Filtra i tuoi istinti” mi
dice soave “non svenderti”.
“I miei istinti sono
incontrollabili” le preciso, senza vita.
“Lo so, ma tu provaci”
“Perché?” chiedo curioso di
conoscere la chiusura del concetto.
Ricomincia a masturbarmi. Accarezzandomi, guardandomelo. E lo sento
crescere nella sua mano meravigliosa.
“Perché non c’è nessuna ragione
per cui tu non devi meritare la serenità che ti spetta”
Mi alzo, la giro, la appiattisco sul materasso e le premo il cazzo nel
culo, imbrattato di sperma, che scivola, esce, si indurisce di più, entra.
“E tu? Tu ce l’hai la serenità
che ti spetta?” le chiedo godendo del caldo che sento là dentro.
“In questo momento ce l’ho”
grugnisce.
Anche io.
O, almeno, credo di sì.
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