Niente va come lo si progetta, sia chiaro. All’ultimo momento il motel
è stato accantonato, propendendo per casa mia. La monta taurina progettata a
tavolino è stata ridimensionata, lasciando spazio a rivelazioni che
ribadiscono, ancora una volta, che sono uno sterminato coglione e non mi
accorgo di niente e, se anche me ne accorgessi, non lo capirei.
Una splendida donna nuda, mollemente e viziosamente stesa nel mio
letto, a un tratto dice “E così la cena
del ventidue di dicembre chiude un ciclo”. E già qui sono partito male,
perché io sapevo che era il ventitre, ma la Giulia ha informazioni più fresche
e sa che è il ventidue. Dettagli.
Chiedo cosa vuol dire.
E lei mi spiega la verità che io non so.
Chiude un ciclo. Già. Perché la cena veniva fatta per mantenersi a
braccetto con alcuni figuri che erano legati a filo doppio ad uomini
estremamente influenti. Ma che oggi, evidentemente, non sono influenti più e
quindi da questo addentellamento trarrebbero vantaggio parassitario solo i
figuri e il gioco non varrebbe più la candela. E poi, quale candela?
Mica è vero che nel panierino di società dei Topoloni è entrato Il
Socio Potente e Danaroso, no. Tutt’altro.
Il panierino si è assottigliato alla grande, le società sono state chiuse,
mantenendo in una sorta di ruolo tecnico solo una di esse. A Milano. E basta.
Tutto il resto è deceduto mestamente.
Peppe è stato liquidato, ma non forzosamente. E’ stato liquidato e
basta. Con un obbligo. però, Quello di versare parte della quota a lei. Che ci
si è impuntato Luchino. Di brutto. Ed ha vinto.
E il Ruggi? Il Lussemburgo, la società? Nessuna società. Il Ruggi,
molto semplicemente, si ricongiunge ai suoi soldi, che stanno là. Ha sistemato
la Ade, le ha trovato un lavoro, le
ha comperato una casa ed è a posto con la coscienza. Cazzi della Ade, adesso. Perché,
dice la Giulia, non c’è da scommetterci che il Ruggi rimarrà in Lussemburgo,
bello reperibile. Quello prende il volo.
Quindi, che cene facciamo? Siamo amici? No. Siamo soci? No.
E’ finito un ciclo. Ha ragione.
“Ci scopi con Luchino?” chiedo, animato dalla voglia di superfluo.
“Sì” mi risponde con la naturalezza innaturale a cui siamo abituati.
“Sa che scopiamo?” chiedo, animato dalla nostalgia della prova del
nove.
“Ma lo sai che lo sa Tazio, dai” mi smaschera la compagna di banco.
E’ vero. Quel ciclo si chiude.
Ma a parte un po’ di inspiegabile tristezza personale, cosa cambia?
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