Vorrei iniziare dicendo, forse dicendomi, che un post è di una utilità
pazzesca per fissare ed essere consapevoli dei fatti che occorrono nella vita.
Veramente. Per cui sarà lungo, ma variegato, leggetimi vi prego. E se pure,
così, per pura simpatia, mi dite cosa avete provato leggendolo, cosa ne pensate
in senso generale, vi sarò grato. Vi amo.
Detta questa banalità, ieri sera ci siamo ben incontrati, sì.
Ed abbiamo iniziato al wine bar. Eh sì, ho cambiato programma. Ho
pensato che il wine bar andasse meglio per almeno un paio di motivi:
innanzitutto la qualità del cibo e del vino sono infinitamente superiori a
quella della Solita e, secondariamente, l’allegra confusione genera l’esigenza
di abbandonarlo in tempi contenuti, se si vuole avere un minimo di
conversazione decente. Sono un genio, lo so.
E allora abbiamo spiluccato il frittino, spiluccato il primino,
assaggiato la polpettina, la verdurina, la patatina e io, con macha sicurezza,
ho ordinato il vino. Così, senza consultazione, perché il maschio inossidabile sa lui
di vino, altro che. Peccato aver imparato ieri sera, proprio mentre spiluccavo
il frittino ed ero convinto di aver ordinato il padre di tutti gli Chardonnay,
che la Domi è un’intenditrice sopraffina di vini e liquori, di cose alcoliche
insomma, con alle spalle anche due corsi tenuti da sommellier professionisti e, appena si sistema, conta di divenire
lei stessa sommellier.
Io adoro essere violentemente schienato al tappeto da una donna, specie
se costei mi fa sesso anche per come tiene tra le dita lo stelo del calice.
Poi usciamo. E io ho un desiderio di riscatto, ovviamente, specie dopo
che mi è stato distrutto lo Chardonnay che adoro. Comincia a piovere di nuovo e
io senza tante cerimonie la porto da me. E qui vinco un punto, perché lei
quando vede tutte le pareti grigie dice “wow! Mi piace un casino! Voglio anche
io!”.
Poi si siede sul DivinDivan apprezzandone stile e design e io armeggio
con una scatola di legno e lei mi chiede e io, vualàz, estraggo dalla medesima
una bottiglia di Armagnac del 1962, quasi cinquant’anni di invecchiamento, wow,
lo diciamo tutti, anche il Pestalozzi che sta auscultando da casa sua col
bicchiere sul muro.
Tiro fuori i napoleon e le dico che vorrei il suo illustre parere su
quell’Armagnac.
Verso e comincio a dire, come fanno quelli veri: “Devi sapere” con un
sorrisetto da grand’uomo e una pronuncia vagamente alla ScilvioB “ che dietro a
questa bottiglia c’è tutta una storia che…” e agito la mano sinistra per dire ‘cara mia non sto neanche a raccontarti’
che accende la sua curiosità e mi dice “… dai racconta …” e io sorrido coglione
e continuo a roteare la mano sinistra e lei “… dai Taz, allora? …” e io a quel
punto mi siedo accanto a lei e dico “L’ho comperata pagandola in contanti” e
lei “… ok e? …” e io “E basta. Ma tutti i fighi c’hanno la storia dietro alla bottiglia e io per una volta ho voluto provare
l’ebbrezza.” e sono stato mandato elegantemente a cagare e io amo essere
mandato a cagare da una donna che mi fa sesso anche solo per essersi seduta sul
DivinDivan.
Perché oh, ragazzi, come direbbe Bersani, ieri sera la Domi era bella
vera eh. Le ballerine col fiocchettino, la calza coprente, il vestitino con le
bretellone stampato Prince of Wales rosa e turchese con sotto il maglioncino
nero, ma che figa, ragazzi. Oh ragazzi! Che ieri sera non eravam mica lì a
tagliare i bordi ai toast eh, ragazzi!
Comunque l’Armagnac le è piaciuto molto.
E poi io ho dovuto essere Tazio, perché è meglio essere Tazio da
subito, che diventare Tazio dopo essersi spacciati per Tizio, che diventa un
casino. E allora le ho detto “Domi, io te lo dico paro paro eh: io c’avrei
voglia di fumarmi una cannetta se a te non urta la sensibilità e i principi” e
lei mi guarda e dice “ La cannetta!!!!!
Mamma mia che flashback!!! Erano dieci anni che non la sentivo evocare!!!” e, a
quel punto, chiedo se è un modo garbato per dirmi che sono vecchio e
rincoglionito e lei mi dice di sì e ride e io credo di essere restato lì con lo
sguardo di Will il Coyote, ma poi si è alzata a sbaciucchiarmi, dicendomi che
andava anche a lei di dar due tiri alla cannetta, ma che dovevo stare leggero.
E così cannetta leggera e altro Armagnac, che momenti natalizi. Luce
bassa, musica jazz giusta, caldino proveniente per lo più dall’Armagnac, che
momenti. Poi la Domi lascia cadere le ballerine, solleva un tantino il bordo
del vestito e mi si siede in braccio, a cavalcioni.
Una delizia.
Ieri sera ho fatto una considerazione. Magari ci avrete già pensato
tutti e io arrivo in ritardo come al solito.
E la considerazione è relativa al profumo della figa. Profumo e sapore.
Non tutte le fighe profumano uguali, né sono saporite uguali. Ma scoprire il
profumo, ma no, meglio chiamarlo odore, non siamo sulle pagine di un romantico
libertino francese, orbene, scoprire l’odore della sua figa tra i profumi del
suo corpo è stato un flashback vero.
Mi ha ricordato la mia prima morosina, a diciassette anni. Sapeva di
talco e cose note e poi, lì in mezzo, tac, l’odore della sua figa. Che mi ha stordito
perché è un odore universale, un sapore universale, è nel DNA. Io sapevo che la
figa aveva quell’odore ero preparato geneticamente, non mi ha stupefatto, ma mi
ha fatto sentire ricongiunto ad un incognito noto e acui si sa d’istinto di
essere destinati.
L’odore e il sapore della figa piace a tutti, maschi e femmine. Pensateci.
Non occorre fare salti a Lesboworld per darmi ragione.
Qual è la donna che, mentre viene masturbata dal manzo di turno, quando
il medesimo manzo compie la liturgia para porno di metterle il dito
masturbatore in bocca non lo lecca? Nessuna.
Chi è che dice “mi fa schifo?” nessuna.
E perché? Perché l’odore e il sapore della figa sono l’odore ed il
sapore della vita. Ecco perché.
Perché vanno al di là del sesso, o meglio, sono l’impronta digitale del
sesso.
Annusi e lecchi e capisci d’istinto se quella donna, quella donna con
quel sesso odoroso a quel modo, potrà cambiarti la vita o no. Una ragazza apre
le gambe e ti fa annusare la femmina, la madre, la donna.
E’ il momento più intimo e profondo, quando per la prima volta annusi
la figa della donna che desideri.
Perdonate la digressione, ma sentivo di doverlo dire.
Una delizia.
L’ho assaggiata tutta, senza lasciare inesplorato nemmeno un micron
quadrato del suo corpo. Bella. Bella e schiva, affascinante. Timida. Ma non di
atteggiamento, di natura. Ed è stupendo quando una donna timida di natura apre
le meravigliose gambe offrendo vista e accesso a quel pugno di carne grinzosa,
bagnata, nuda, calda, odorosa, offrendo la più intima intimità, consentendo la conoscenza
della forma del suo ano, del suo sapore, divenendo vulnerabile, vulnerabile al
piacere, al godimento, accantonando la forma, sciogliendosi nell’impudica mollezza primordiale, come
sapientemente ha scritto Psykhe nel suo blog.
Bello, ve lo giuro. Bello perché fatto con sentimento, divertimento,
tranquillità. Bello adattarsi ai suoi tempi, alle sue propensioni, senza
divenire il conducente furioso di una biga lanciata al galoppo nel circo, ma un
semplice compagno con cui dividere, condividere e creare quel divertente e
confortevole piacere che entrambi volevamo.
E’ bellissima. Ha un corpo stupendo, lo adoro.
Ha i segni del costume, appena visibili. Non potete immaginare quanto
mi abbiano sedotto i segni. Non me li sarei aspettati. E dietro, sulle natiche,
c’ha proprio il triangolo. Niente perizomi, il triangolo.
“Hai mai preso il sole nuda?” chiedo.
“Nuda… cioè nuda, nuda, senza mutande? Sì in Grecia e in Spagna e… in
giardino se sono sola” e ride.
Nuda nuda senza mutande. Perché
c’è anche un nuda in topless,
evidentemente. La adoro.
Che poi io c’ho un culo neanche mio, va detto. Sì, perché la Domi ha
dei piedi che mi fanno svenire. Sì lo so, svenire parlando di piedi non è una
scelta felice, ma ciò che intendo è che sono di una bellezza e sensualità che
mette a cuccia tutte le altre. Non c’è partita. Bellissimi, sensualissimi,
arrapanti. Perfetti.
E baciandoglieli glielo dico, le esprimo con garbo signorile il mio
punto di vista e lei sorride e mi dice una cosa: “Lei non è il primo che me lo
dice monsieur” muovendo le dita contro le mie labbra rispettosamente bacianti.
Gli sprazzi. Timidezza, poi audacia, poi timidezza di nuovo.
E’ bellissima.
“Un giorno le confesserò una cosa, monsieur, ma non stasera. Avrei
bisogno di un altro Armagnac per confessare e devo guidare” prendendomi in mano
l’uccello, masturbandomi con grazia e levità, mentre le lecco le dita dei piedi
e penso.
Penso che devo assolutamente annusarle ancora la figa e lo faccio senza
tanti convenevoli.
Annuso profondamente e rumorosamente, mentre lei mugola con un sorriso
molle e mi arruffa i capelli.
Potrà cambiarmi la vita o no questa donna dal sesso odoroso a questo
modo? Potrà?
O lo ha già fatto?
La osservo ritornare nella notte, completamente vestita come quando
demoliva il mio Chardonnay preferito e per la prima volta sento il dispiacere
profondo di non poter continuare a stare con lei.
E’ stato bellissimo.
E oggi è sabato e io sono felice.
è stata una serata bellissima, molto umana, un adagio teso dove il piacere era nell'annusarvi e scoprirvi reciprocamente e l'uno difronte all'altra. c'era anche la tenerezza e l'attenzione, i tuoi rimandi e chissà quali sono stati i suoi. non ho la più pallida idea di come evolverà tutto questo però mi sento di dirti di non starci a pensare. non ti chiedere se ti cambierà la vita, se tu lo farai con lei, se pianterete agrumi insieme e se li vedrete crescere. spesso queste dolci attese e aspettative ti hanno bruciato prima ancora che la cosa iniziasse a delinearsi per davvero provocando idealizzazioni e delusioni. andate piano, non c'è fretta.
RispondiEliminaLa penso come te. Non ho nessuna intenzione di assegnare alla Domi un ideale mio.
RispondiEliminaO di fare quello di cui sono stato accusato, cioè di prendere le persone e adattarle al format che ho in testa per poi scrostarle via se non sono conformi alla parte.
L'idea degli agrumi mi tenta, ma è dicembre.
Pensiamo a un sano panettone, direi.
per me una fetta di pandoro, grazie :)
RispondiEliminaVista da qua, la Domi sembra star bene ovunque, da Gardland a Vienna, passando per la Patagonia.
RispondiEliminaSai Tazio, assomiglia tanto ad una conturbante ballerina di Fado.
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