Ore diciannove. Necessitano circa trentatre minuti per raggiungere il
casello laggiù, quindi, essendo l’appuntamento per le venti e quindici, bisogna
che parta da qua alle diciannove e quaranta che vai mai a sapere tu e io odio
arrivare in ritardo. Anche in anticipo, ma meglio in anticipo che in ritardo. Anche
se l’optimum è arrivare giusto e io devo arrivare giusto. Cazzo.
Questa sera è decisiva. Questa sera è strategica. Questa sera è
catartica.
Questa sera, in quella pizzeriuola da due soldi, il Tazio va in scena
con “Domi sono pazzo di te, guai al cielo se mi dici di no” un capolavoro in un
unico atto in cui il protagonista si produce in fantasmagorici turbinii
dialettici rivolti a carpire il cuore della bella Domi La Rossa.
Non può essere un fiasco, non esiste. Li voglio in piedi sulle sedie,
alla pizzeriuola da due soldi.
Voglio che la Domi mi dica “Scusami
Tazio ma devo andare in bagno un secondo a strizzarmi le mutande”.
Cazzo sì, cazzocazzo.
Così mi deve dire.
Perché non esiste che faccio fiasco. Non esiste.
Lotterò fino alla morte.
Io quelle infradito le vedo.
Quant’è vero Iddio che le vedo.
Cazzocazzo.
Massiccio.
E, ovviamente, stracazzuto.
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