Giovedì 5 gennaio, ventitre passate, Domiziopoli, Domicasa.
Indossi Bearpaw color sabbia, collant coprenti color bluviola, gonna di
jeans, maglia di lana color bluviola, canottiera nera. Siedi con me sul tappeto
alla luce calda e discreta dell’abat-jour di design.
Abbiamo voglia di divorarci e non occorre nemmeno che ce lo diciamo perché
è chiaro, è nell’aria, è nell’odore dei nostri ormoni. E’ una cosa seria,
perché più ti guardo e più il mio cervello elabora cose oscene su di te e,
probabilmente, il tuo sta facendo lo stesso su di me.
E’ una cosa seria.
Siedi scomposta e la gonna ti sale e si vede il tassello dei collant, a
forma di rombo e mi arrapa e ti strizzo la figa più forte che posso e tu
stringi i denti in un sorriso lurido aprendo le gambe più che puoi. Strizzo e
premo con due dita perché voglio farti entrare le mutande nel buco e premo
forte e tu ti contorci e mi mordi il collo, ma nessuno emette un solo suono,
quasi nemmeno un respiro.
Ti inginocchi e mi metti la lingua in bocca mentre io strizzo e poi ti
abbasso collant e mutande al ginocchio. Mi chino e le annuso, le lecco e mi
tiri i capelli perché questa cosa ti piace e succhio l’odore di figa dal cotone
bianco inzuppato e tu sgusci dallo stivale e dalle calze che lasci arrotolate
sull’altra gamba e mi prendi la faccia e mi strofini la sorca sul muso
tenendomi premuto nel tuo odore sudato di femmina in calore animale.
Nessun suono, sospesi, quasi senza respirare. Ti siedi per terra a
gambe aperte, sollevi la gamba nuda e la tendi di muscoli lunghi per avvicinare
la pianta del piede al naso e ti annusi tra le dita, profonda, espirando di
bocca rumorosa, per poi stendere la gamba sino a premermi il piede sul naso,
facendomi annusare l’odore dolciastro, sudato, maschile, intenso, forte, e io
stringo con entrambe le mani e annuso e tu apri le dita come raggi di sole e mi
fai annusare la te segreta e sei visibilmente imbestialita di sesso per quella
lurida pratica innominabile ed inconfessabile.
Poi togli e spalanchi le gambe e ti chini in avanti e mi sbottoni
furiosa e tendi con entrambe le mani il cotone dei miei boxer ed annusi
rumorosa mentre il cazzo mi sguscia oltre l’elastico, dritto e duro ed annusi
anche quello, mordendomi la cappella, facendomi sussultare di dolore e piacere,
ma senza suoni, né parole.
Il confine è passato. Nulla potrà frenare la frana dell’istinto che ci
trasforma in animali arrapati. Ingoi il mio cazzo e sento che te lo spingi in
gola, sento stringere, pulsare, sento i tuoi grugniti di riflesso del vomito,
ma continui a spingere e con le dita, di sotto, cerchi il mio buco del culo e
sento le unghie che spingono e mi entri dentro con due dita che ripieghi ad
uncino e mi guardi con gli occhi piccoli e le guance bagnate di saliva. Nel silenzio assoluto.
Sfili le dita e io ti blocco la mano e mi guardi. La sollevo, annuso le
dita e le succhio e tu spingi in fuori la mandibola assumendo un’espressione da
furia maligna ad un passo dall’attacco cannibale, poi ti lascio la mano e
guardandomi fissa negli occhi la porti di dietro, tra le natiche, che capisco
quando ti entri dentro perché fai una ‘o’ muta con la bocca, poi sfili ed
annusi, succhi lenta e poi mi metti in bocca le dita con la faccia estasiata e io
le annuso e le succhio e sento che dentro di me si è svegliata una bestia
enorme che tu stai furiosamente masturbando.
E c’è una sola cosa, una sola, che voglio. Voglio incularti. Il
pensiero di incularti mi incendia, mi infiamma, la vista del tuo buco del culo
stretto attorno al mio cazzo mi fa sublimare il cervello e voglio sentire come
ciucci il cazzo col buco del culo, voglio sentire il suono, come stringi, come
sei calda e viscida dentro e ti giro, ancora mezza vestita e ti sputo tra le
chiappe e capisci e ti pieghi in avanti e le divarichi con entrambe le mani e
sei già schiusa, vogliosa e ti premo la cappella violacea nel mezzo e me ne
frego di qualsiasi cosa ed entro, spingendo, scivolando e tu non fiati, non
emetti un suono, spingi in fuori, stringi, so di farti male, ma mi fai entrare
di dentro e io ti scopo il culo, ti chiavo quel buco sudato in mezzo alle
meravigliose chiappe marmoree bianche e ti inculo, ti inculo, ti inculo, ti
inculo, ti inculo, ti inculo.
Ti aggrappi al tappeto e ti vedo sbattuta dai miei colpi nel culo,
sopraffatta di istinto animale e ad un tratto è come se un tappo saltasse e da
un respiro a cui, sin lì, corrispondeva un’espirazione silenziosa, scaturisce
un grido strozzato a cui faccio eco con un mio grido strozzato, affondando
nella carne del culo molle, esausta ed arresa.
Animali.
Ti libero dallo stivale, dai collant e dalle mutande e mi piaci nuda
sotto e vestita sopra, mi fai tirare il cazzo perché sei sciatta e sciatta e
sporca, tu che sei così figa, mi arrapi al delirio. Mi stendo, mi cavalchi, ti
lascio la scelta, lo sfreghi sulla figa, ma poi te lo punti nel culo e ti ci
siedi sopra cominciando ad ondeggiare il bacino, mentre ti spogli di quello che
ti rimane addosso.
Cavalchi, infernale, mi scivoli addosso e mi lecchi la faccia e io
sento che stringi il culo e poi molli ed è stupendo così e sento un istinto da
schiavo che mi impone di chiederti di sputarmi in bocca e tu emetti un sibilo
con gli occhietti a fessura, mi apri la bocca con la mano odorosa di culo e di
cazzo e mi sputi con forza e io sento un sussulto al cazzo, perché mi piace, mi
piace da pazzi e allora lo rifai e ti rimane il filo di saliva erotica dal
labbro inferiore e cavalchi più rapida e ringhiando di piacere mi dici che vuoi
che ti venga in bocca, anzi no, ti correggi e dici orgogliosa che vuoi che ti sborri in bocca e io ti dico di sì
pizzicandoti i capezzoli sino a farti gridare muta a bocca spalancata e
sorridente.
Ti masturbi veloce, ondeggiando, amazzone figa, dritta, ti strizzi le
tette, ti tocchi, senza seduzione, senza provocazione, ma solo per l’istinto
bestiale, per la necessità di venire e mi monta un fiume di sborra che non ti
ho mai visto toccarti da sola, fotterti il buco arrossato con le dita eleganti,
così animale, così basica e bestia e mi
alzo e capisci e ti togli, agile, veloce, mi ingoi la verga che sinora hai
serrato nel culo e mi succhi fortissimo, furiosa, e ti irrigo la bocca, la gola,
e non smetti, succhi vorace, spingendoti la minchia profonda in gola, grugnendo
di stomaco per il riflesso, stringendo, succhiando e io urlo di piacere e tu
intensifichi, ingoiando sino all’ultima goccia e poi mi scivoli addosso e mi
baci e mi stringi e mi strizzi e ti fondi e mi fondo e la tua bocca odora di
culo, di cazzo e di sborra e io ti amo alla follia delirante e ti bacio
profondo.
E anche tu mi ami così, che lo sento.
Ci amiamo di amore animale.
Sublime.
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