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martedì 24 gennaio 2012

La memoria dell'anima

Un magnifico cappotto doppio petto, sfiancato, con la cintura, sette ottavi, coi bottoni grandissimi, rivestiti, color cammello. Vestito stampato a fantasia ottica nei toni del verde, maniche lunghe, scollo tondo. Collant grigio scuro, scarpe buffe, di quelle che sembrano solo il piede di uno stivale che finisce alla caviglia, con il tacco carenato, molto top model russa, molto carine. Capelli raccolti, trucco leggero, che bella.
Che bella.

Abbiamo cenato. Mi sono sporto in avanti e le ho chiesto della sua separazione. Mi ha detto che è evoluta in divorzio. Le ho chiesto del figlio, mi ha risposto che è un casino, sancendo la fine dell’argomento. Io ho colto e non ho approfondito. Mi ha, allora, chiesto della Domi. Ha voluto che raccontassi, mi ha ascoltato. Le ho detto tutto, mentre lei mangiava piccoli bocconi ascoltandomi, con gli occhietti intelligenti stupendi, castano scuro. Insomma, alla fine la Ale sapeva tutto. Abbiamo bevuto moltissimo, ci siamo rilassati entrambi. Le ho chiesto cosa ne pensasse della mia storia, mi ha risposto che non ne pensava niente, che lei non ha ricette d’amore, che della storia non gliene frega niente, che lei odia queste storie del cazzo, ma invece vorrebbe che smettessi rapidamente di soffrirne, in qualsiasi modo, o con la Domi di nuovo, o senza la Domi.

Ho pagato e siamo usciti. Lei ha tirato fuori dalla borsa una cannetta già fatta, l’ha accesa e me l’ha passata. E’ stato curioso fumare una canna con Audrey Hepburn. Le assomigliava parecchio, sì. Che bella.
Abbiamo passeggiato, fumando. Poi si è fermata, all’improvviso, sotto il portico. Teneva la canna con la sinistra e, dicendo a voce bassissima “vieni qui” mi ha tirato a sé e mi ha baciato. Baciandomi ha preso la mia mano destra e l’ha guidata tra le punte del bordo del cappotto e poi sotto ancora, a sollevare il vestito e poi ancora più profondamente a incontrare della pelle calda casuale e poi, alla fine, sino ad appoggiarla sulla figa pelata, liscia, calda.

Un tuffo al cuore.
L’ho palpata inclemente, frugando, capendo che indossava quei collant con le aperture rotonde, che scoprono il culo, il pube e disegnano ovali nudi sulla pelle delle anche. In mezzo alla via. Attaccati l’uno all’altra. La Ale tirava delle boccate e me le soffiava in bocca, mentre io le donavo le più amorevoli delle carezze intime. Fumo di fumo e lingua di donna. Carne tenera nella mano, freddo cane sulle guance.
Non era solo lingua, fumo e figa, ma era Donna, Mamma, Amore, non so in quale forma, non so di quale persistenza, ma mi sono sentito anestetizzato, sciolto, rilassato.

Poi eravamo sul letto. Lei seduta sul mio grembo, impalata sul mio cazzo che sentivo di una durezza quasi dolorante, movimenti lentissimi, occhi negli occhi. Tirava una boccata di fumo di fumo lei, poi mi faceva tirare una boccata di fumo di fumo a me. Lentezza, carne, calore, nervi che si stendono, benessere, bellezza, sensualità, lentezza. Scopare fumando una canna, mi mancava.
Mi ha alleggerito, snellito, sgravato.

“Perché lo fai Ale?”
“Faccio cosa?” risponde lenta, fumata, aspirando.
“Perché provi a salvarmi la vita?” chiedo lento, fumato.
“Perché non ho niente di più bello da fare” risponde ridendo.

La tiro a me. La abbraccio forte, mi abbraccia forte. Ci incastriamo, aderiamo, ci baciamo, ci avvinghiamo come scimmiette siamesi. La sbatto fortissimo e lei mugola, canta, sbava, ansima, suda, gode, sorride, stringe e bacia. La sbatto. Forte. Fortissimo. E lei gode serena.

E godendo illumina una stretta frazione di tempo nella quale mi vedo da fuori, sul letto, con la Ale nuda su di me, avvinghiata, stupenda e perfetta  e mi dico che questo fotogramma deve avere la gloria della memoria dell’anima.
Sì, deve averla.
Per sempre.

5 commenti:

  1. Vedi alla fine la bellezza estetica di una scopata classica, come il bacio di Klimt. Senza acrobazie, bella liscia, lenta, potente e purificante. Dì la verità, tu alla Ale cominci a volerle bene.

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  2. «Non c'è nulla di immutabile, tranne l'esigenza di cambiare.» Eraclito

    k

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  3. però io anche in questi sozzi lampi di sfrenata lussuria con la Aledellapale, rivedo denominatore comune che da un po' ti porti dietro...

    una sorta di eccesso di slancio iniziale che poi, immancabilmente, torna a chiedere pegno.

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  4. No, Vì. Non sto usando il chiodo Ale per scacciare il chiodo Domi.
    Piuttosto direi che lascio che la Ale mi usi.
    Come le piace.
    E' giusto.
    Se lo merita.
    E' buona.

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