Sarà stata colpa della foto del blog. Non lo so. Ma mi ha preso una voglia di lei da far male. Asfissiante, soffocante, irrimandabile necessità di leccarla. Di assaporarla, di annusarla. Mi sono fatto una sega, ma non ha avuto nessun effetto lenitivo.
E allora l’ho chiamata.
E le ho sbrodolato, con la voce bruciata del mattino, le ho sbavato le mille voglie sozze di lei che ho.
La sentivo respirare intensamente, senza dire una parola. Le ho descritto dove erano le dita della mano destra, cosa toccavano, lo stato in cui era ciò che toccavano, dove si infilavano.
Le ho detto dove avrei voluto piantare il naso, cosa avrei voluto annusare, che odore volevo.
Senza pietà, senza pietose allusioni, senza eufemismi.
Crudamente fuori controllo.
Le ho grugnito quanto non riesca a togliermi dagli occhi di quando se la spalanca per farmela leccare, passandosi le mani sotto le cosce come un’attrice porno, sollevando i piedi in aria e poi le ho grugnito di cosa farei ai suoi piedi e dove mi infilerei il suo magnifico alluce e ho sentito un sospiro che conosco, che conosco molto bene.
E ho continuato. Continuato. Continuato.
E mentre le dicevo che progetti avrei su di lei e su quel dildo a due teste l’ho sentita sussurrare “vengo”.
E sono venuto anch’io in un rantolo isterico e l’ho sentita venire cantando, soave.
“Non ce la faccio più Domi a starti lontano”
Silenzio.
Silenzio.
Silenzio.
“Devi darmi del tempo, Tazio, ti prego”
E ho pensato a quelle dita eleganti che ora sapevano di figa.
Spero che la Nica mi faccia molto male, stasera.
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