E’ arrivato il momento.
La persona se n’è appena andata. In ufficio non c’è più nessuno.
Quando, finalmente, giungo al momento che ho agognato per un intero
pomeriggio, mi piace calmarmi e prendere le cose con lentezza. Con calmissima
lentezza salutare.
Mi sono versato un Campari gelato, siedo alla mia scrivania, ho puntato
un canale radio jazz su ITunes.
Favola.
Fumo una Marlborina, sorseggio il rosso gelato, mi pregusto la serata,
scrivo due parole.
Giovedì. Memorabile.
Sapete che pensare che domani, mentre io sarò qui ad affrontare il
pigro e tossicchiante venerdì, nel giardinetto incolto (per poco ancora) della
country house la Squinzietta nuda prenderà il sole mi dà serenità?
Che cosa strana.
Ma va benissimo così.
Va tutto benissimo così.
Calma, ci vuole calma. La calma che non ho mai avuto quand’è stato il
momento.
Nessuna agitazione, navigare col flusso, lasciare che la corrente
trasporti.
Bisognerebbe fare un monumento, oppure dedicare una giornata nazionale
a Davide Campari. Non c’è niente di più buono al mondo. Possiamo pasticciarlo,
tirarci fuori un americano oppure lo spritz padovano (ma anche no), ma se non
c’è lui, se non c’è il Campari, il risultato del resto è triste.
Parlo proprio come un alcolizzato.
Vi è del caso che io lo sia, anche. Ma non amo lodarmi, quindi mi fermo.
Giovedì rivoluzionario.
E anche se sabato piove, sai quanto ce ne frega? C’è un divano da settecento
posti rivestito di tessuti ignoti all’umanità che ci accoglierà pigri e molli.
Tanto domenica c’è il sole.
Domattina chiamo Max e facciamo due conti su quell’idea sfolgorante.
Mi costerà un rene.
Non dico niente alla Chiara, anche se l’idea parte verso la
realizzazione.
Una sorpresa? Boh.
Magari le evito una delusione.
Bene.
Il Campari è finito, la Marlborina anche, non resta che andare.
Venticinque minuti di macchina e vedrò quel che c’è da vedere.
La borsa è in macchina, manchiamo solo io e il portatile.
Buona serata, fellas.
A domani.
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