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venerdì 23 marzo 2012

Rilassarsi, cenare, sparecchiare e volersi del bene


Una maglietta grigia scollata rotonda, un cardiganone leggero, lungo, nero, coi bottoncini, leggins nere al polpaccio, fasciona nera che tiene indietro la cascata di fusilli, maniche rimboccate e, ai piedi, infradito bianche. E un sorriso. Luminoso.
Rientro e le strizzo le mammellette dure, ma morbide, mentre le lecco la lingua. C’è profumo di cibo, le luci sono calde ed accoglienti, il 50 pollici Sony Bravia, nella sua ammutolente brillantezza passa la CNN senza audio, mentre lo stereo passa dello sconosciuto fusion, che mi piace un bel po’.

Ci rilassiamo.
Mi ritrovo in mano un aperitivo che definirlo alcolico è relegarlo al ruolo di gazzosa. Brindiamo, beviamo.
Mi viene in mente subito, come fossi una cavia di Pavlov, la cosa del pompino e del televideo, ma questa volta no, questa volta vaffanculo pure la cosa del pompino e del televideo.
Qui siamo alle Isole Vergini, non a Motown.

Ceniamo.
Pasteggiamo a Valpolicella Ripasso, che ci sta alla perfezione. Lei abbandona le infradito e si accoccola scalza sulla sedia. Io sbircio e vado in estasi per l’impronta sudata del piede sulla suola delle ciabattine. Sono un Granporco, ma sono accettato. O, forse, apprezzato.

Sparecchiamo.
Godimento spinale, c’è la lavastoviglie imperiale, la si riempie e la si prepara e si schiaccia e finito.
Vum, vum, vum, fa lei, ci sediamo di là, finiamo il Valpolicella e parliamo. La lascio parlare, le massaggio i piedini, li annuso, li bacio, mi lascia esplorare, non ci sono segreti tra noi, né schermaglie, né riti di sottrazione. Siamo flat, siamo aperti, siamo onesti, siamo noi.

Ci vogliamo del bene.
Ci lecchiamo le bocche e le lingue lasciando che le mani tocchino tutto ciò che hanno bisogno di toccare e poi decolliamo leggeri e ci spogliamo leccando i lembi di pelle che via via vanno scoprendosi e non parliamo, ma respiriamo affannati, intrisi di voglia e di eccitazione, assaggiando, leccando, accarezzando, strofinandoci l’uno sull’altra, liberando il profumo di ormoni che ciascuno emana, dalla cappella, dalle ascelle, dall’ano, dai piedi, dal buco peloso della fica molliccia, schiusa e bagnata, ci fondiamo sul divano ultrachic, unendoci senza premesse, che le premesse stanno nel lontano pomeriggio onanista e sensualmente esibizionista, ed ora vogliamo che i nostri sessi si uniscano, si incastrino, l’uno dentro l’altra, lentamente, vischiosamente, sonoramente. Perché ci sono momenti e momenti, ed in alcuni momenti non si avverte per nulla l’esigenza di stupire con funambolici virtuosismi da lupanare estremo, ma si hanno solo bisogni. Ed il bisogno è diverso dall’esigenza, il bisogno è oltre il pensiero, il bisogno fa parte dell’animale buono, di quello umano, di quello che dice sono qui e sente dire, mentre lo dice, un sono qui gemello e assonante ed il piacere là sotto dirompe bollente, senza plastiche figure, ma solo pelle e odore e sapore e occhi e fiato in cui respirare, che con una Donna non v’è niente di più maestosamente erotico e rassicurante di respirarne il respiro, perché il respiro di una Donna è il soffio della vita e quando respiri il suo respiro, quando annusi l’aria che esce dai suoi polmoni caldi, quando inali quel fiato che esce dal suo corpo, non c’è più età, religione, politica, intelligenza, cultura, non c’è più niente al di fuori dell’enormità insuperabile della capacità di procreare, non c’è niente oltre alla magia della fertilità e l’istinto dell’uomo che respira il fiato divino è fecondarla, estasiato ed ammutolito dalla sensualità della Donna che può originare la vita, assurgendo all’inarrivabile Olimpo della Perfezione Cosmica.

La stringo tra le braccia e la accarezzo, accoccolata su di me.
Adoro la sua pelle sulla mia.
“A cosa pensi?” mi chiede.
E non provo l’istinto di cercare un badile per percuoterla, come mi accade quando altre pronunciano l’infausto quesito.
“A rimanere immobile” rispondo un po’ criptico.
“Puoi anche muoverti, non scomparirà niente” mi risponde stupendomi, per poi riaccoccolarsi su di me.
Serata perfetta.

3 commenti:

  1. si può esultare per la buona sorte di un perfetto sconosciuto? eppure è quello che mi sono augurato per te da quando ho iniziato a leggerti.

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  2. Istanti come questi andrebbero fissati, ma non su qualche milione di pixel, su tela!
    Sfumando i colori, dando calore, intensificando il banale per rincorrere i dettagli.
    Ammetto che a volte il 21 secolo mi sta stretto ...

    Buon week-end, Taz!

    k

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