Una maglietta grigia scollata rotonda, un cardiganone leggero, lungo,
nero, coi bottoncini, leggins nere al polpaccio, fasciona nera che tiene
indietro la cascata di fusilli, maniche rimboccate e, ai piedi, infradito
bianche. E un sorriso. Luminoso.
Rientro e le strizzo le mammellette dure, ma morbide, mentre le lecco
la lingua. C’è profumo di cibo, le luci sono calde ed accoglienti, il 50
pollici Sony Bravia, nella sua ammutolente brillantezza passa la CNN senza
audio, mentre lo stereo passa dello sconosciuto fusion, che mi piace un bel po’.
Ci rilassiamo.
Mi ritrovo in mano un aperitivo che definirlo alcolico è relegarlo al
ruolo di gazzosa. Brindiamo, beviamo.
Mi viene in mente subito, come fossi una cavia di Pavlov, la cosa del
pompino e del televideo, ma questa volta no, questa volta vaffanculo pure la
cosa del pompino e del televideo.
Qui siamo alle Isole Vergini, non a Motown.
Ceniamo.
Pasteggiamo a Valpolicella Ripasso, che ci sta alla perfezione. Lei
abbandona le infradito e si accoccola scalza sulla sedia. Io sbircio e vado in
estasi per l’impronta sudata del piede sulla suola delle ciabattine. Sono un
Granporco, ma sono accettato. O, forse, apprezzato.
Sparecchiamo.
Godimento spinale, c’è la lavastoviglie imperiale, la si riempie e la
si prepara e si schiaccia e finito.
Vum, vum, vum, fa lei, ci sediamo di là, finiamo il Valpolicella e
parliamo. La lascio parlare, le massaggio i piedini, li annuso, li bacio, mi
lascia esplorare, non ci sono segreti tra noi, né schermaglie, né riti di
sottrazione. Siamo flat, siamo
aperti, siamo onesti, siamo noi.
Ci vogliamo del bene.
Ci lecchiamo le bocche e le lingue lasciando che le mani tocchino tutto
ciò che hanno bisogno di toccare e poi decolliamo leggeri e ci spogliamo
leccando i lembi di pelle che via via vanno scoprendosi e non parliamo, ma
respiriamo affannati, intrisi di voglia e di eccitazione, assaggiando,
leccando, accarezzando, strofinandoci l’uno sull’altra, liberando il profumo di
ormoni che ciascuno emana, dalla cappella, dalle ascelle, dall’ano, dai piedi,
dal buco peloso della fica molliccia, schiusa e bagnata, ci fondiamo sul divano
ultrachic, unendoci senza premesse, che le premesse stanno nel lontano
pomeriggio onanista e sensualmente esibizionista, ed ora vogliamo che i nostri
sessi si uniscano, si incastrino, l’uno dentro l’altra, lentamente,
vischiosamente, sonoramente. Perché ci sono momenti e momenti, ed in alcuni
momenti non si avverte per nulla l’esigenza di stupire con funambolici
virtuosismi da lupanare estremo, ma si hanno solo bisogni. Ed il bisogno è
diverso dall’esigenza, il bisogno è oltre il pensiero, il bisogno fa parte dell’animale
buono, di quello umano, di quello che dice sono
qui e sente dire, mentre lo dice, un sono
qui gemello e assonante ed il piacere là sotto dirompe bollente, senza
plastiche figure, ma solo pelle e odore e sapore e occhi e fiato in cui
respirare, che con una Donna non v’è niente di più maestosamente erotico e
rassicurante di respirarne il respiro, perché il respiro di una Donna è il
soffio della vita e quando respiri il suo respiro, quando annusi l’aria che
esce dai suoi polmoni caldi, quando inali quel fiato che esce dal suo corpo,
non c’è più età, religione, politica, intelligenza, cultura, non c’è più niente
al di fuori dell’enormità insuperabile della capacità di procreare, non c’è
niente oltre alla magia della fertilità e l’istinto dell’uomo che respira il
fiato divino è fecondarla, estasiato ed ammutolito dalla sensualità della Donna
che può originare la vita, assurgendo all’inarrivabile Olimpo della Perfezione
Cosmica.
La stringo tra le braccia e la accarezzo, accoccolata su di me.
Adoro la sua pelle sulla mia.
“A cosa pensi?” mi chiede.
E non provo l’istinto di cercare un badile per percuoterla, come mi
accade quando altre pronunciano l’infausto quesito.
“A rimanere immobile”
rispondo un po’ criptico.
“Puoi anche muoverti, non scomparirà
niente” mi risponde stupendomi, per poi riaccoccolarsi su di me.
Serata perfetta.
si può esultare per la buona sorte di un perfetto sconosciuto? eppure è quello che mi sono augurato per te da quando ho iniziato a leggerti.
RispondiEliminaIstanti come questi andrebbero fissati, ma non su qualche milione di pixel, su tela!
RispondiEliminaSfumando i colori, dando calore, intensificando il banale per rincorrere i dettagli.
Ammetto che a volte il 21 secolo mi sta stretto ...
Buon week-end, Taz!
k
Grazie, amici
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