Il gioco è lo start, tu giochi, io gioco, si ride e si scherza, ci si
stuzzica e ci si irride, ti prendo, che bella, la pelle, le tette, la pancia, i
bei peli selvatici, che fai, lascia fare, ma no, ma sì, si ride, ti tira, mi
tira, vieni qui, che fai, adesso senti, ti piego, ti apro, ti schiudo, ti
osservo, due ali d’angelo scure ed in mezzo il buchino carnoso, peloso,
odoroso, appiccicoso, ti lecco, sorridi, ti adagi, mi esorti spingendo il bel
culo contro il mio muso, ti succhio, ti irroro, ti inondo, ti grufolo, ti grugnisco,
mi sorridi da stupenda puttana cercando di vedere che faccio, passando gli
occhietti sotto l’ascella e poi ruggisci, ti perlustro di dentro, un dito, due
dita, le uncino, ti tocco i tessuti lisci e bollenti, ti allargo, ti fotto il
sedere umidiccio, tre dita e ti allargo, mugoli e ansimi, le ruoto, dilato, ti
scopo e ti annuso, le assaggio, le succhio, poi dentro, le infilo, le sfilo,
lecco intorno, oscilli, ondeggi, ti tieni, c’è il sole, siamo fuori, sia di
casa, sia di testa, poi mi alzo e lo impugno, lo dirigo tra le ali dell’angelo zuppo
e spingo e tu vocalizzi e mi esorti a far piano e io lo farò, non sia mai, anche
se t’entrerei dentro dritto e diretto come un treno a vapore birmano, che quel
buco del culo mi manda su Marte, che quando si è su Marte non si arriva e non
si parte, ma ci si trattiene e ci si incula, ma con amore, con passione, con
dedizione, che bruciorino magnifico alla cappella mentre ti entro nel culo e tu
ansimi e poi sospendi di respirare e finalmente ce l’hai, ce l’hai tutto nel
culo, piano piano, senza ledere, senza dolore, solo piacere e ti inarchi,
quando senti il mio pube che preme sulle natiche belle e mi dici che hai i
brividi fino alle caviglie e le gambe ti diventano molli e ti chiedo se godi e
mi dici che godi, che è bellissimo sentirsi pieni di cazzo dal culo alla gola e
ti dico che lo so e sorridi, poi mi piego su di te come il lupo mannaro e ti
lecco la pelle salata di sudore e di odore e ti palpo, ti tocco, ti sussurro
sozzerie che ti fanno sorridere laida e cerchi le mie mani, mentre il cazzo si
fa strada avanti e indietro nel tuo budellino caldo vischioso e odoroso, che lo
voglio squassare, allargare, sfibrare e rendere elastico e lo vuoi anche tu, me
lo dici, vuoi prenderlo tutto, te lo do tutto e ti stropicci la fregna pisciona
con la manina, mentre ti trivello il sedere con amore, passione e una ceppa di
minchia che me la sento dura fino alla nuca, io adoro incularti, bella
Squinzietta e tu mi dici che lo sai e che ti piace prenderlo nel culo a quel
modo, nuda, all’aperto, appoggiata al tavolo su cui poco prima mangiavamo e
appena comincio a sentire che stai cominciando a venire dal tormento di fica io
ti monto, come giumenta in calore, come scrofetta sozzetta, come puttanella
vogliosa, ti sbatto la minchia a martello nel culo e tu vieni vocalizzando
disperata, vittima compiaciuta della carneficina che il mostro con un occhio
solo sta perpetuando nel tuo intestino retto e non riesco a resistere e vengo,
grugnendo, sbattendo e tu sorridi, a occhi chiusi, strizzando il buchino per
quel po’ che riesci e poi sguscio ti giro e ti bacio, ti prendo in braccio e ti
porto sull’erba, sugli asciugamani, dove ti tempesto di baci e carezze.
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Ho bigiato, oggi pomeriggio.
Non ce l’ho fatta, non avevo cazzi, né testa, né voglia di restarti
lontano.
Te lo dico dritto d’un fiato e tu mi guardi seducente e felice, diluita
nella luce radiosa del sorriso perfetto.
Accendi e mi passi.
Ti succhio un capezzolo ancora durissimo e mugoli.
Mi accarezzi la testa.
Mi passi.
Ti guardo.
Mi sussurri.
“Sono felice Taz”
“Anche io Squinzietta”
Oh sì.
Sì.
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